Sui colli romagnoli nessuno può sentirti urlare

Una settimana di ritiro in un vecchio casolare, con sessioni di registrazione fino a 14 ore al giorno. Così i Lantern, risvegliatisi dall'inattività grazie a Lorenzo Senni, tornano con "M.U.S.A.", ep di durissimo post-hardcore e spoken word, per raccontare storie sci-fi da un presente lontano

Nelle sue esplorazioni dell’Internet, un bel giorno Lorenzo Senni si imbatte nella musica dei Lantern. Da lì, non gli ci vuole molto per rendersi conto che è buon amico di Sergio, il chitarrista. Dopo tutto, tra romagnoli che un tempo bazzicavano nei giri hardcore-centri sociali, ci si conosce bene o male tutti. A quel punto, la mossa del musicista elettronico è stata di proporre alla band (all’epoca ormai praticamente sciolta) di fare un nuovo disco e di pubblicarlo per la sua label, Presto?!. 

In fondo, il fil rouge che lega Senni e la band di Rimini è comunque il superamento delle sonorità hardcore, appunto il post-hardcore: elaborato da Lorenzo nella forma di un techno svuotata della cassa e dai secondi nella declinazione punk di tematiche fantascientifiche. Il resto del racconto, che ha un lietissimo fine di nome M.U.S.A. – e un mini docu film che potete vedere qua sotto –, me lo hanno raccontato davanti a un caffè gli stessi membri dei Lantern: Daniele, Sergio, Michael, Marco, Giulia e Tommaso.

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Il merito di questa reunion è di Lorenzo?

Sì, possiamo dirlo: eravamo praticamente sciolti. Non suonavamo più perché l’estate prima avevamo avuto uno scazzo. Non ci frequentavamo come band ma come amici sì, perché bene o male ci conosciamo tutti da quando siamo adolescenti. Però come band c’era poca motivazione, sono 10 anni che suoniamo ormai. Inoltre viviamo tutti abbastanza lontani, quindi a una certa mancava proprio lo stimolo, il collante per andare avanti. L’ultimo disco era già uscito da due anni. Non avevamo slancio per fare altro.

E poi?

E poi ci ha contattato Lollo (Senni, ndr) su Facebook chiedendoci un indirizzo mail a cui scriverci. La mail ovviamente è arrivata mesi dopo. Poi per telefono ci ha buttato lì la cosa. C’è stato un giro di messaggi tra noi e poche settimane dopo ci siamo rivisti con tutta la band a Rimini. La proposta di Lollo ci ha dato la spinta per iniziare a lavorare da subito. Da metà gennaio 2021 abbiamo iniziato con la scrittura dei pezzi.

Quindi a Villa Scorpioni, il vecchio casolare dove vi siete ritrovati una settimana per realizzare M.U.S.A., avete solo registrato?

Principalmente sì, ma abbiamo anche scritto la voce del singolo Cadetto Lin non ferma su Marte. Perché nei Lantern la voce viene sempre scritta dopo la musica. Tra gennaio e febbraio è stata scritta la musica dei cinque brani. Successivamente è iniziata la scrittura dei testi, conclusasi a giugno proprio a Villa Scorpioni durante le registrazioni del disco. La scelta della Villa è stata sia un imprevisto che un’opportunità: il nostro produttore, Steve, ora vive a Berlino e aveva solo cinque giorni da dedicarci. Avevamo quindi bisogno di trovare uno spazio in cui registrare e vivere tutti assieme per l’intera durata delle registrazioni: un posto che fosse isolato, meditativo e che ci permettesse di immergerci completamente nel lavoro. Un luogo in cui, se alle due di notte ci fosse venuta un’idea avremmo potuto registrarla. I pezzi sono stati registrati con lunghissime ed estenuanti sessioni. Meno male che c’era il Pignoletto. Ci siamo divertiti molto…

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Cadetto Lin non ferma su Marte, La rivelazione dorata di Angela Calvi... I titoli dei brani sembrano nomi di romanzi.

L’idea era proprio quella. Ci siamo rifatti all’estetica dei titoli della collana Urania o di Ai confini della realtà. Titoli molto narrativi che disegnano proprio delle situazioni che ci siamo immaginati anche visivamente, come quelle copertine fantasy che all’interno dello stesso pittogramma hanno tutto quello che succede nella storia. Siccome i testi raccontano tutti delle storie, il titolo serve anche da introduzione all’universo narrativo, di qui la necessità di renderlo il più possibile descrittivo e didascalico. In più, sono tutti testi in prima persona, il titolo ci serviva per introdurre l’Io narrante. I personaggi che popolano il disco: Lin, il Gatto, Angela Calvi, Luca e Marco, il Robotaxi Model T sono ovviamente tutti inventati, ma sono preceduti dal world building. Per questo lavoro volevamo un concept narrativo che fosse davvero tale, in cui tutti i pezzi e i vari elementi parlassero e si riferissero di e a un mondo narrativo che contenesse integralmente i cinque episodi. Siamo partiti quindi dall’idea dell’archivio di ricordi, una cornice narrativa ambientata nell’anno 2182. Una specie di Decameron dall’ispirazione molto televisiva.

Come mai questa proiezione nel futuro?

Siamo appassionati di fantascienza. Elementi sci-fi, seppur marginalmente, li trovi anche nelle nostre cose vecchie. L’idea del concept è nata via via che nascevano i pezzi e ci ha molto aiutato nella stesura dei testi: avere un mondo narrativo di riferimento ci ha permesso di focalizzare la scrittura e avere a disposizione sei personaggi ci ha dispensato dallo scrivere in maniera puramente autobiografica.

 
 
 
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A livello di suoni che differenze vedete tra i vecchi Lantern e i nuovi?

Molte differenze magari le notiamo solo noi, ed è possibile che l’ascoltatore non senta grossi cambiamenti. In ogni disco abbiamo provato, in piccola parte, a osare; anche solo con intro/outro composti da percussioni latin o tribali o come nel caso dell’ultima traccia di M.U.S.A. tramite l’utilizzo di elementi elettronici che non diventano semplice orpello al brano, ma ne sono costitutivi.

Rispetto agli elementi elettronici avete sentito un po’ l’influenza di fare il disco con Presto?! oppure è stata naturale?

È stata un’esigenza. Il protagonista dell’ultimo brano è un Robotaxi model T, un personaggio uscito direttamente da un romanzo di Philip K. Dick. Per realizzare la voce del robot ci siamo serviti di un vocoder unito alla voce naturale. Il brano in generale poi fa largo utilizzo di drum machine e arpeggiatori che ci sono stati utili per evocare il mondo futuristico/autostradale in cui agisce il protagonista. Lorenzo ci ha dato libertà artistica totale e non aveva aspettative a riguardo. 

Io ci ho notato anche tanto post-rock, qualcosa di molto più lungo e dilatato rispetto al post-hardcore.

Quello è anche un eco del passato. Due di noi a 18 anni avevano una band post-rock. Veniamo anche da quel mondo lì. Forse col tempo i Lantern hanno perso un po’ di quella rabbia e cattiveria adolescenziale. Ci siamo concessi dei momenti più dilatati e di respiro per favorire lo spoken word e preparare a momenti più dinamici. Ma ciò che fondamentalmente è cambiato è che, mentre in passato i nostri brani avevano strutture molto varie e volubili, i pezzi di M.U.S.A. sono stati costruiti su dei loop musicali più lineari e uniformi per favorire la narrazione. Questo ha reso l’approccio alla scrittura di questo disco differente dai lavori precedenti.

 

I Lantern in polaroid
I Lantern in polaroid

Questo disco non è ancora stato suonato dal vivo, giusto?

No, a breve usciranno alcune date per il mese di ottobre. Lollo voleva organizzare già a maggio ma con questa nuova wave di pandemia non siamo riusciti a combinare nulla... Se ne parla dopo l’estate.

Tra voi, La Quiete, ecc, questa scena post hardcore romagnola non me la sono mai spiegata. Come mai in Romagna?

Siamo gente che soffre la noia, forse. In ogni caso di quella “scena” non abbiamo percepito un grosso ricambio. Non sappiamo se manchino i gruppi, ma a Forlì e Rimini, come altrove, mancano banalmente i posti dove suonare. Sicuramente oggi mancano le motivazioni per fare una band e poi un disco e poi dei concerti. Per noi la musica è sempre stato un modo per passare del tempo assieme… Noi siamo stati molto fortunati. I Lantern sono un regalo che i noi stessi ventenni hanno fatto ai noi di oggi.

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L'articolo Sui colli romagnoli nessuno può sentirti urlare di ClaudioBiazzetti è apparso su Rockit.it il 2022-07-28 11:00:00

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