Tauro Boy Prince: il Giordano Bruno dell’hyperpop

Con i soci Tauro Boys ha portato un suono nuovo in Italia, ora con il suo debutto solista – "Love Storii" – alza ancora la posta. "Che bello essere amici", venerdì 15 al Teatro Principe a Milano, è un'occasione unica per scoprire il suo "mondo immaginario"

Arduino è un nome noto agli ingegneri. Così si chiama la scheda madre creata nel 2005 a Ivrea, la quale prende il nome dal bar – frequentato dai fondatori del progetto – a sua volta dedicato ad Arduino d'Ivrea, che fu Re d'Italia nel 1002. Arduino è però frequente non in Piemonte, ma nel Lazio, perché così si chiamava il pellegrino inglese morto intorno al 627 d.C. a Ceprano, e poi divenuto santo

Arduino è più prosaicamente il nome all’anagrafe di Tauro Boy Prince, ragazzo nato a Milano da famiglia romana, poi tornato nella Capitale e poi di nuovo su, come in un ping pong fra scienza e religione. Così si chiamava il nonno materno, e così lo chiamano le persone che lo conoscono bene. Le amiche, i fratelli. Per gli altri, per i fan, è semplicemente Prince. Non un moniker qualunque, nella musica.

La famiglia c’entra anche nel forgiare gli interessi. Ha imparato ad amare la musica grazie allo zio, musicista folk – pubblicò un disco intitolato Festa delle streghe – che gli fece scoprire Aphex Twin all’età di dieci anni. Chiunque non creda che nel dare un nome si tracci un po’ anche il destino avrà di che dubitare.

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Il Principe Arduino è uno dei tre membri dei Tauro Boys – la romana rap band più hyper d’Italia – in questo momento congelata per dare spazio ai progetti solisti. Spoiler che ci toglie il dente: non è escluso affatto che prima o poi rifacciano un disco assieme, “i Tauro non si sono sciolti”. È per acclamazione popolare il più bello – non me ne vogliano Pava e Max – nonostante rifiuti sistematicamente l’esposizione, la mercificazione o più banalmente la comunicazione del proprio corpo. 

Non c’è una foto una in cui si veda bene. Con quel nome è impossibile trovarlo su Google. Se gli dici che sarebbe tranquillamente potuto essere una popstar risponde così: “Le popstar di oggi sono disumane, nel senso: disumanizzate”.  Spiega: “Vedo molte persone famose che hanno dovuto mostrare troppo di sè, denudarsi. Devi dare tutto a chi ti compra. Questo non mi si addice. Lasciare una patina di mistero per me è importante, aiuta di più l’ascoltatore a godersi il viaggio”.

L’ho raggiunto nell’iperspazio romano prima dell’arrembaggio live a Milano, al Teatro Principe (nomen omen), venerdi 15 dicembre per Che bello essere amici (qui i biglietti). Per parlare del suo viaggio. 

Il suo esordio solista si intitola Love Storii, è uscito qualche mese fa. È una storia d’amori (al plurale) fantastica e inafferabile, cantata su basi che oscillano fra le voci pitchate tipiche dell’hyperpop e della PC music, trap, i bassi svisati drill e pure i synth EDM di David Guetta, con testi che raccontano peregrinazioni immaginifiche. 

Arduino, dettaglio
Arduino, dettaglio

Racconta gli amori di un giovane tauro combattuto fra tecnologia e magia, mette in scena il dualismo fra la razionalità che spiega e risolve, e l’irrazionale che affascina e attrae. È musica digitale, per sua ammissione “HD e sporca insieme”. “Ho fatto mio quello che mi piaceva”, dice. C’è il rap come forma di trasmissione di messaggi: “È il veicolo più facile per esprimere quello che penso”.

È il suo primo capitolo discografico solista, completamente indipendente, senza i suoi taurofratelli. “Ho fatto tutto da solo”, racconta, “insieme al mio produtore Ervie: registrazione, mix, grafiche, merch, SIAE, il live, il tour. Ci aiuta una ragazza e basta. Ho sentito il peso del fare tutto da soli”. Se gli chiedi che cosa volesse dimostrare, risponde semplicemente: “Che ce l’avrei fatta. Innanzitutto a me stesso: che la mia visione era concreta e coerente, che era forte”. 

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Quello che molti non sanno è che Tauro Boy Prince è anche un producer. “Il disco raccoglie idee che arrivano dal 2021, periodo post ultimo disco Tauro. Stavo tutto il giorno a fare musica”, racconta. “Craftavo questo sound che con Ervie siamo riusciti a tirare fuori. Con lui ci siamo mandati avanti e indietro circa 100 beat”. 

In effetti questo è un disco in cui l’unico collaboratore è proprio Ervie, e sta a Prince raccontare chi sia: “È un po’ un wonderkid, un genietto. Veniva ai nostri concerti, era un supporter. Aveva iniziato a pubblicare typebeat ispirati ai Tauro. Li ho scaricati e ci ho reccato sopra. Ha due produzioni nel Tauro Tape 3. Con lui ho concretizzato la love storii. Ho imparato molto da lui, aveva un contatto con certe realtà di internet per cui io iniziavo a essere giurassico. Di mio gli ho insegnato di come si fa un disco”.

Con Ervie, Prince si è occupato anche della copertina: è un lavoro digitale in cui un fulmine a forma di albero irradia elettricamente il cervello del suo autore, producendo immagini apparentemente sconnesse fra loro: “L’estetica del disco racconta di me che mi immagino le isole della Micronesia, le Palau, i mondi di Zelda, le cascate arcobaleno. Il disco è un po’... le mie lenti con cui guardo il mondo immaginario”. Prince vuole essere il punto di vista: "Io sono il veicolo del messaggio. Sono gli occhi di questa storia. Ho cercato di non mettere troppo Arduino, o troppa vita privata: non volevo essere troppo protagonista. È una cosa che noi Tauro abbiamo sempre fatto: scrivere storie senza tempo in cui si spera che l’ascoltatore si riveda”.

Love Storii ha due “ii” finali che sembrano un typo ma che in realtà omaggiano “un po’ la new age giapponese, un po’ il Nintendo”, racconta. Una peregrinazione nell’era pre e post tutto dell’internet, laddove possono convivere sincronicamente le cronologie della storia dell’arte, rimischiate in pastiche digitali che non temono il giudizio critico ma che esprimono un'inquietudine di fondo. 

Della traccia di apertura Alpha Blu Centauri colpisce la frase del testo: “In 5 giornate mi darò fuoco, in 5 giornate l’Italia è rimasta senza luce”: piazza Cinque Giornate celebra l’insurrezione della città contro gli austriaci, il fuoco è un elemento ricorrente. “Mi sento come Giordano Bruno”, commenta Prince. Elementi storici, fascinazioni puramente estetiche e gusto per le punchline bruciano assieme, come Roma.

Nell’anno in cui, con colpevolissimo ritardo rispetto al resto del mondo, in Italia si continua a parlare di hyperpop, Prince – a suo modo fra i pionieri di certi suoni – pensa che fosse “inevitabile che arrivasse anche qui in Italia. Le mode ci mettono meno ad arrivare, i pischelli sono connessi. Ci mettono meno ad assimilare un cambiamento di paradigma a livello di sound”. 

Pur non piacendogli tutto – “ho avuto lo schizzo 100Gecs, ma in generale penso che ci sia un grande misunderstanding”, dice – possiamo dire che i beat alla Playboi Carti o alla Lil Uzi Vert abbiano una dinamica hyper, ed è quella che interessa Prince. Rap, dunque. E quello italiano? “Oggi ci sono questi rapper molto skillati, molto forti”, dice. E aggiunge: “Io di mio ho cercato di fare una scelta netta con cui mi allontano da quell’immaginario street”.

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Il manifesto del disco è però Accelerazione. Prince racconta: “È come mi sento quando faccio questa musica, tipo il videogioco Wipe Out. Mi sento in una navicella in un tunnel di Tokyo, faccio delta c delta v, cito una formula. Sintetizzo tutto”. Provo a capire se la teoria filosofica e politica per cui il capitalismo possa essere superato accelerandone i tratti distintivi sia il motore di questa traccia: “Cerco di collocarci in un post-capitalismo che non esisterà mai, per questo la considero una via di fuga”.

La dimensione escapista sembra essere alla base di tutte le micro-community che vivono su internet, che creano codici inaccessibili e comunicano per meme. È un mondo di camerette iper-connesse, in cui non si lotta ma nichilisticamente si accetta che l’isolamento sia l’unica soluzione. Tauro Boy Prince la inserisce più nella cornice della fantasia, un posto in cui perdersi dentro che però può anche essere rivelatore: “Il mio è un messaggio fatto di musica e immagini, frame. Quando uno racconta il sogno, non può dirti esattamente quel che ha sognato. Ecco perché i miei racconti non sono lineari”. 

Come se il mondo fosse un incubo, e la musica il motivo per curare il risveglio. In Magica irraggiungibile addirittura si va negli anni Cinquanta: “Apro con un periodo felice che non riavremo, la nostalgia è una nicchia sicura”. È in dischi così che diventa evidente che Internet abbia distrutto il senso del tempo come lo concepivamo. Ma è per dischi così che bisogna uscire di casa e, sì, vivere.

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L'articolo Tauro Boy Prince: il Giordano Bruno dell’hyperpop di Carlo Pastore è apparso su Rockit.it il 2023-12-11 13:52:00

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