il Pan del Diavolo - Telefonica, 05-02-2010

Sono stati una rivelazione l'anno scorso, e una conferma, a inizio 2010, con il primo album ufficiale. Il Pan Del Diavolo è un duo esplosivo e finalmente il pubblico se ne è accorto: la gente ormai canta le canzoni a memoria e si ammassa sotto palco manco fosse indemoniata. Ester Apa ha incontrato telefonicamente Alessandro Alosi pochi giorni prima del MI AMI Ancora.



I nomi sono manifesti. "Il Pan del Diavolo è sempre avvelenato" rende bene l'idea di quale sia lo zoccolo duro della vostra ispirazione. La gramigna dà gusto se mangiata? O l'erba cattiva si estirpa?
E' un problema che mi gira spesso in testa salvo poi puntualmente voltarmi dall'altra parte pur di non scioglierlo. Dici bene quando ricordi che il Pan del Diavolo è un nome che viene fuori da un proverbio che per caso ascoltai un pò di tempo fa e che scelsi proprio come manifesto della mia musica, pensando subito che la denominazione di un progetto artistico debba essere molto più che una semplice etichetta di riconoscibilità. Il proverbio significa che le cose fatte dal male e nel male o in cattiva fede muoiono e fanno danni perché avvelenate, per cui direi che la poetica scelta si avvicina di più a una pratica per esorcizzare il sapore cattivo.

Quando il passato risponde presente. Per una strana congiuntura mi trovo a chiacchierare con voi la stessa settimana in cui 50 anni fa la Thunderbird Rosa di Fred Buscaglione concluse anzitempo il suo viaggio. La poetica di pezzi come "Teresa non Sparare" è stata bussola di orientamento?
Fred Buscaglione è per Il Pan del Diavolo un genio creativo. E' cantare non d'amore ma di passioni, non di tramonti strappalacrime ma di albe col mal di testa per i whisky facili. Ci unisce a lui un certo gusto per i tormenti alcolici ma soprattutto l'humour quasi grottesco con cui costruiva il suo personalissimo immaginario ai confini della parodia nei confronti di un american-way-of-life tanto distante da quella che era l'Italia al tempo. Più che "Teresa non sparare" che personalmente è un brano che ho digerito meglio dopo un bel pò di tempo, ci unisce a lui l'attitudine cinematografica di pezzi come "Che notte": quel gusto beffardo della dissolutezza, le gangster story, il noir.

Siete stati fra i 150 partecipanti al premio Buscaglione. Com'è andata l'esperienza di "Sotto il cielo di Fred"?
Ci sarebbe piaciuto poter passare oltre la fase iniziale del concorso. Abbiamo fatto le selezioni ma credo che il prosieguo del premio fosse molto più legato all'appartenenza geografica che all'attitudine musicale vera e propria. Mi sembra che siano stati privilegiati, almeno ad una prima lettura, i talenti legati al territorio torinese.

Si può essere cattivi fino all'osso, essere sinceri fino all'osso oppure essere nei guai fino all'osso. Quale inclinazione avete fatto propria in quest'album?
Non abbiamo fatto esplicito riferimento a nessun modo di dire. Il titolo dell'album prende le fila dal brano omonimo contenuto nel long playing. Quel pezzo era stato concepito per essere inserito nel nostro ep d'esordio ma poi per una scelta di tipo artistico, viste le atmosfere più cupe di questo brano rispetto ai quattro contenuti nel primo lavoro, abbiamo deciso di conservarlo e dargli poi in seguito lo spazio che meritava. C'è poi un altro elemento che abbiamo preso in considerazione. Nel primo comunicato stampa che accompagnava l'uscita dell'ep nel presentarci parlavamo de Il Pan del Diavolo come di un gruppo che faceva musica con "arrangiamenti e canzoni ridotti fino all'osso". "Fino è all'osso" è dunque la semplificazione alla spina dorsale, è la migliore rappresentazione possibile di quella che è la nostra attitudine musicale.

Virtù cardinali e vizi capitali. Nel "Sono sicuro che per stanotte ti farò contento" di "Centauro" c'è una promessa di paradiso disillusa. E' un racconto del nuovo costume italiano?
Ritrovando lo spirito di Buscaglione, il "Centauro" racconta le mirabolanti avventure di chi si prepara a vivere di notte chissà quale vicissitudine fantastica. Malcostume no, almeno non volontariamente, forse sullo sfondo può esserci qualche rimando ma non è un primo piano. Ci sono però desideri di trasgressione e piacere, la rincorsa verso tutto ciò che di giorno non si riesce a provare o trovare, ma è un desiderio insito nell'animo umano, non è riferibile ad un contesto, né a personaggi specifici.

"La satira non ha padroni, quindi sta bene sotto ogni padrone" diceva Nanni Moretti in "Aprile". Mi pare che le percosse a suon di parole arrivino nel caso de Il Pan del Diavolo soprattutto verso "Chi ama il mondo ma solo quello a casa sua"...
All'inizio questa canzone, "Il Boom", doveva essere semplicemente il ritratto di una giornata in cui era successo qualcosa di veramente doloroso, un classico momento di rottura in cui bisogna trovare nuova forza per trarre le migliori conclusioni: metabolizzare la sofferenza. Il verso poi prosegue e trova il suo punto d'arrivo proprio nella frase che hai appena citato tu, che è lo schiaffo finale dopo un'accorata riflessione verso chi ha poca curiosità verso il mondo esterno, chi non guarda fuori dalla sua stanza. Alla fine così il pezzo è diventato una vera e propria provocazione slegata dalla prima parte del verso iniziale. Questo brano esprime bene il pastiche, il mio personale stile di composizione. E' il risultato della somma degli elementi, che non corrisponde necessariamente all'urgenza espressiva con cui nasce inizialmente una canzone. Faccio leva spesso su un insieme di cose capaci di creare un immaginario certamente non didascalico, un giardino in cui l'ascoltatore può costruire quello che vuole, dare forma a suo piacimento a quello che sente.

Ci sono ancora dei personaggi in questo album "Stile Roberto il Maledetto"?
Molti di meno. Quel brano era un pezzo totalmente autobiografico. E' una storia mia. Quando non riuscivo a fare concerti, trovavo porte chiuse, mi sentivo circondato da una maledizione. Esistono dei personaggi in questa baraccopoli musicale fatti di lustrini e parole a poco prezzo, che spillano soldi facendo false promesse e alimentano non poche illusioni. Questo racconto è stato per me all'epoca liberatorio.

Folk'n roll alla nitroglicerina. Una giacchetta lisa, il passo concitato di chi sa di non voler indietreggiare, l'irruenza punk tutta italiana degli urlatori del Belpaese. Con chi avreste voluto dividere il palco de "Il Musichiere"?
Ma perché mai escludere qualcuno? Chi più ne ha più ne metta. Oggi negli studi della Rai dove eravamo ospiti, passeggiava nei corridoi Claudia Mori e io avrei voluto tanto darle un nostro cd, farle ascoltare i nostri pezzi, con la speranza poi che in qualche modo li riascoltasse a casa con il suo illustre consorte. Il Musichiere era una trasmissione straordinaria, magari avessimo avuto la possibilità di farne parte, conoscere i talenti che passavano da quegli studi. In ogni caso un bel festival di puro rock'n roll italiano dividendo il palco con Ghigo Agosti sarebbe la realizzazione delle nostre fantasie migliori.

Due chitarre e una grancassa. La sintonia è evidente. Trama chitarristica feroce e il battere di piedi a tenere il tempo. Contemplate già l'idea di allargare lo spettro della composizione?
Assolutamente si. Continuiamo quotidianamente ad approfondire le orchestrazioni della scuola italiana, degli urlatori del nostro rock'n roll. Ci confrontiamo con un repertorio infinito da cui trarre ispirazione e non nel senso romantico del termine, ma sulla musica, su come veniva suonata. Mi interessa poi non solo pescare e lasciarmi stimolare da quel tipo di arrangiamenti ma ho profonda curiosità e voracità verso le sfumature del folk che almeno per quanto mi riguarda non ha per nulla esaurito i suoi doni. Bisogna ascoltare e capire ancora dischi come quelli di Neil Young. Per ora posso dirti che mi sono buttato ad ascoltare gli spiritual, per tirare fuori dei temi interessanti sulle voci. Potrebbe succedere qualsiasi cosa.

Poi arriva una spruzzata sporca di blues e la furia del rockabilly. La canzone d'autore e il folk d'Oltralpe che fa tornare alla mente Bobby Vinton…
Abbiamo certamente fatto riferimento ad alcuni accenni di rockabilly sia di ispirazione italiana che americana. Adoro poi Bobby Vinton è vero. Il suo suono alla "Swing collection" o alla "The history american of music" lo trovo grandioso.

Sai che "L'Università" è un brano che si candida a diventare un inno generazionale?
Questo è un pezzo che ha assolutamente una precisa chiave di lettura. Quando ho scritto questo brano non andavo all'Università, mi ero iscritto un paio di anni prima, impantanato per un bel pò di tempo e così avevo deciso di smettere salvo poi riscrivermi una seconda volta ad un indirizzo di studi completamente differenti: economia. Cercavo qualcosa che mi stimolasse di più, quindi tutte le preoccupazioni, il senso claustrofobico che si prova quando non riesci a dare una direzione a quello che stai facendo, la paura di uscire fuori e non trovare quello che speravi, sono tutti pensieri e sentimenti che per primo ho provato sulla mia pelle. "L'Università" è quindi un brano dedicato a me e a tutta una generazione che rimane bloccata dentro a un posto e non sa più per quale motivo ci sia finita dentro o se abbia voglia di restarci.

L'incontro con gli Zen Circus e la vostra "Bomba nel cuore": da dove arriva la sintonia epidermica con Il Circo Zen?
Li abbiamo conosciuti l'anno scorso al Rock Island Festival di Bottanuco, vicino a Bergamo. In realtà ci avevano già mandato una mail in cui ci facevano dei sinceri complimenti per il nostro ep d'esordio e poi abbiamo avuto il piacere di incontrali in quell'occasione. Da lì si è instaurato un rapporto assolutamente amichevole. Loro ci hanno ospitato spesso mentre eravamo in tour e Ufo mi ha persino curato quando ero senza voce. Poi ci hanno invitato alla presentazione del loro ultimo lavoro "Andate tutti affanculo" ed è nata la collaborazione in modo del tutto naturale. C'è una forte stima reciproca.

E l'arrivo invece in casa La Tempesta?
Sai che ancora non l'ho ben capito? Credo che l'anno scorso al MI AMI fosse lì a sentirci per caso Vasco Brondi che ha poi parlato di noi successivamente con Davide Toffolo. Davide è poi venuto a Milano a parlarci, ci ha sentito dal vivo e da lì è nato il progetto discografico. Abbiamo afferrato la proposta al volo, ci siamo bruttati fra le loro braccia.

Ascoltando il vostro ep d'esordio ero stata totalmente travolta da pezzi strepitosi che bombardavano dritti, feroci fino allo stomaco. Perché non inserirli nel primo long-playing?
Se l'avessimo messe probabilmente ci avrebbero detto perché le avevamo messe, ci avrebbero accusato di mancanza d'ispirazione, di non avere abbastanza brani per un lp. La motivazione per cui non le abbiamo inserite invece è che l'ep trovava la sua dimensione ideale in quei brani. E' una questione di compiutezza credo che lo stesso valga per "Sono all'osso".

La prima volta che vi ho visti suonare sul palco del MI AMI lo scorso anno sembravate musicalmente urlare: "Uccidimi quando sono giovane". La bomba ad orologeria oggi è detonata. In "Ciriaco" dici "Voglio rimanere senza fiato"…
E' un pezzo scritto di getto, uno dei più istintivi in assoluto. E' vero è un augurio spero positivo si intende.

Com'è Palermo in questo periodo dell'anno? Fateci da Lonely Planet.
Palermo è un posto splendido. Evito di suggerire però luoghi canonici e ti dico che i momenti della città che mi piacciono di più sono quelli in cui la tradizione si incontra col caos moderno. Quando nei mercati organizzano dei Rave o dei Sound System. Nonostante non prediliga particolarmente questi tipi di musica guardo a queste contaminazioni come a degli esperimenti estremamente interessanti. Trovo affascinante la combinazione fra folklore e nuovi stimoli sonori. La persone del mercato che si incontrano con i raver.

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L'articolo il Pan del Diavolo - Telefonica, 05-02-2010 di Ester Apa è apparso su Rockit.it il 2010-02-08 00:00:00

COMMENTI (2)

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  • glialtri 14 anni fa Rispondi

    Che notte quella notte....

  • alez 14 anni fa Rispondi

    galeotto fu rock island.
    :[