Aucan - Telefonica, 26-02-2010

Cosa è successo a questi tre ragazzi bresciani, drogati di studi sulle tecniche di registrazione e di grafica, per passare dai Battles al dubstep e agli stadi di coscienza alterata diventando sostanzialmente il gruppo più figo del momento? L'intervista agli Aucan.



Come sono andate le riprese del vostro primo video?
Francesco: Beh, speriamo bene. Abbiamo fatto le riprese, ora c'è da fare il montaggio, sembra buono.

Ieri, quando ci siamo sentiti per programmare quest'intervista, mi hai messo la pulce nell'orecchio dicendo che il regista è "uno famoso". Insomma, chi è?
F: Eh, (ride, NdA). Non è ancora il momento. Non fa il regista di mestiere, vuole prima montare e solo dopo deciderà se rendere pubblico il suo nome.

Partiamo dalle domande base allora: di dove siete?
F: Noi siamo tutti e tre di Brescia, ma ormai non ci vive più nessuno.

Infatti, so che uno di voi vive a Padova.
F: Due di noi vivono a Padova, io invece sto a Mestre.

E come mai siete finiti tutti e tre in Veneto?
F: Ci siamo spostati quando studiavamo, io e Giovanni vivevamo insieme. All'inizio facevamo avanti e indietro per le prove, poi abbiamo deciso di trasferirci tutti così la situazione è diventata più agevole.

Quindi l'avete fatto sostanzialmente per il gruppo?
F: Si, diciamo che abbiamo deciso di trovare un modo per suonare il più possibile.

Sulla vostra bio tra le tante definizioni c'è anche "antipop", una parola che non sentivo dal '99. Seguite un immaginario molto fine anni novanta. Sbaglio?
Giovanni: In realtà a noi piace Timbaland, lui è davvero il figo del momento! (ridono, NdA)

Ad essere maligni vi si può considerare degli hipster del math-rock: due anni fa, quando tutti dicevano che i Battles erano la miglior band del pianeta, avete fatto un disco che più battlesiano non si poteva. Ora che nessuno li ascolta più virate sul dubstep.
F: (Ridono, NdA) E' che eravamo davvero inesperti, possiamo dire senza problemi che ci hanno influenzato più di altri. In realtà ci vuole un po' di tempo e di pratica per riuscire a smollare quello che ti piace. Certamente dovresti abbandonare quello che ti piace e catalizzare quello che è lo spirito del gruppo, ma ci vuole tempo.
G: Poi registrando il primo disco abbiamo scoperto delle sfumature che ci sembravano autentiche e nostre, abbiamo tentato di lavorare su quelle ed è venuto fuori qualcosa di veramente diverso, almeno lo speriamo.

E lo psicologo Timothy Leary che c'entra?
F: E' un personaggio che abbiamo seguito molto... pensiamo che la musica abbia sempre avuto a che fare con il mistico, con la psichedelia. Il suo libro ("The Psichedelic Experience", pubblicato nel 1963, NdR) è una specie di guida alla meditazione durante gli stati alterati di coscienza e c'è una parte che parla proprio del DNA, è da lì che è nato il testo di "DNA"...

...che è la vostra prima traccia cantata, non l'avevate mai fatto prima. Segna un passo importante o è solo un caso isolato?
G: Guarda, io ho sempre avuto la paranoia di cantare. Quando avevo 16 anni cantavo in un gruppo, poi per molto tempo ho solo avuto gruppi strumentali. L'occasione è arrivata con "DNA". Ne faremo anche altre con la voce, ma non tutte, il 30%?
Dario: Vedremo. (ride, NdA)
G: Non adoro cantare, ma quel brano mi piace molto perché sia testo e che musica dicono la stessa cosa. Non so come mai ma qualcuno la scambia per una canzone d'amore, invece parla del processo del DNA, una cosa che solitamente viene considerata sotto l'aspetto scientifico mentre noi la raccontiamo da un punto di vista mistico. Ripeto, musica e testo sono un tutt'uno, non è solo una canzone, è quasi un simbolo.

Dopo l'ep cosa è previsto, un album?
F: Ci sarà un singolo in vinile che uscirà per la giapponese Stiffslack records con un altro remix di "Crisis", il pezzo più dub.

Quindi "DNA" è un ep a sé stante?
F: Si, in realtà doveva contenere solo due pezzi ma ci abbiamo messo talmente tanta energia che in due mesi abbiamo scritto gli altri tre e registrato tutto. E' un'uscita a suo modo significativa, visto il tempo così ristretto in cui è nata. Possiamo davvero considerarla una foto istantanea di quel periodo.

E al dubstep come ci siete arrivati?
F: Una volta sono andato ad una festa e mi è piaciuta. (ride, NdA)

E' curioso perchè mettete insieme il math-rock che è una musica molto "intelligente" e cervellotica, con il dubstep, sostanzialmente una musica che in Inghilterra viene ballata dai ragazzini.
G: Era una cosa che volevamo fare da tempo, volevamo una musica meno cervellotica e più fisica.

Siete in contatto con altri artisti di quel giro?
G: Io sono in contatto con Jamie Vexed, un dj della Planet Mu, e Sole And The Skyrider Band...

Nomi piuttosto importanti...
G: A Sole gli abbiamo fatto da spalla qualche settimana fa. Ci ha proposto di remixare un suo pezzo e noi in cambio gli abbiamo chiesto di cantare su uno dei nostri. Poi sai com'è, queste collaborazioni a distanza rischiano sempre di andare in fumo perché non c'è un contatto diretto. A Vexed gli ho scritto direttamente io, è una persona molto tranquilla, mi ha risposto ieri chiedendomi di mandargli il disco ma mi ha detto che al momento è preso dalle sue cose, deve fare l'album nuovo. A maggio suoneremo a Berlino, sarebbe bello se venisse a vederci.

E con gli italiani?
G: Abbiamo chiesto agli Uochi Toki, ma hanno risposto di no perchè ci hanno detto che per loro... La frase esatta era: la collaborazione artistica è solo un'altra forma di contatto umano. A me è dispiaciuto tantissimo, ma ci sta, è la loro attitudine. Speriamo in futuro.
D: Poi c'è Giulio Favero, ex Teatro degli Orrori.
G: Poi gli Zu, con loro siamo molto legati.

La deriva hip hop è più interessante, quella con gli Zu è leggermente più scontata. Ma al di fuori della musica sperimentale c'è qualche nome italiano che vi piace?
F: (silenzio, NdA) Paolo Conte?
D: Elio e le storie tese. (ride, NdA)
G: In tour ti salvano la vita: quando hai dormito solo quattro ore e ne devi guidare dodici, ti metti tre dischi degli Elio diventa tutto più facile.



Che lavoro fate?
G: Io lavoro in uno studio di registrazione ma al momento non riesco a combinare molto bene gli impegni del gruppo e quelli lavorativi, poi ho fatto musica per cortometraggi, l'anno scorso ho seguito uno spettacolo teatrale molto grosso, infine sto mettendo su un nuovo progetto con Jacopo degli Zu e Giulio Favero, la cosa è ancora a livello embrionale ma abbiamo già pronti molti pezzi.
F: Io lavoro con un collettivo grafico di Venezia.
D: Io sto frequentando al conservatorio un corso di tecnico per sala di registrazione ma è improntato più sulla musica classica. Al momento lavoro come fonico free lance.

Mai pensato di mollare tutto e trasferirvi fuori dall'Italia?
F: Ma guarda che con internet puoi arrivare ovunque.

A questo punto dell'intervista è d'obbligo citare il "caso" Banjo Or Freakout.
F: Chi?

Alessio Natalizia dei Disco Drive, si è trasferito a Londra e nell'arco di due anni è diventato davvero molto conosciuto. Da poco è stato a New York a registrare con Nicolas Vernhes, il produttore dei Dirty Projectors. Ultimamente ha pure remixato Pantha Du Prince con il suo nuovo progetto Walls.
G: E nel frattempo gli Zu se ne stavano a Roma.

Bella risposta. Gli Zu però passano più tempo in aereo che sulla terra ferma, aspirate ad una vita così?
G: Si, loro sono il nostro punto di rifermento principale.

Che esperienze avete con i tour all'estero?
F: Tre tour ma molto brevi, giusto una decina di giorni, e poi uno di un mese. A maggio ne faremo un altro lungo un mese, finalmente toccheremo anche l'Europa dell'est.

Che paesi avete toccato finora?
F: Francia, Svizzera, Belgio, Lussemburgo, Danimarca e Inghilterra.
G: Diciamo che il fatto di essere stranieri all'estero ci ha aiutato. La risposta del pubblico è stata migliore che in Italia. A parte l'Inghilterra... (ride, NdA)

Perché cos'è successo?
F: E' dura suonare lì, è un po' come in America: ti pagano poco, non ti danno da mangiare, dormi in posti improbabili. Ne parlavamo con gli Zu l'altra sera, dopo cinque-sei anni che ci passavano con i loro tour hanno ottenuto dei trattamenti più umani ma all'inizio è stata veramente dura. Se vai in Svizzera è tutto organizzato perfettamente.

Come sono gli Aucan dal vivo?
D: Belli. (ridono, NdA)
F: Siamo un ibrido, lo siamo sempre stati, non abbiamo una forma. Abbiamo un tipo di botta diversa, c'è botta ma non è distorta è più...
G: …elettronica, abbiamo comunque dei volumi alti.
F: Cerchiamo di picchiare in faccia, è una cosa molto fisica adesso. A volte le persone ballano persino. E ci tengo a sottolinearlo: il suono delle nostre chitarre è proprio particolare, molti pensano che alcuni suoni dell'ep siano fatti da dei synth ma invece sono le chitarre. Abbiamo registrato tutto in diretta senza passare dagli amplificatori, semplicemente prendendo il segnale che usciva dai vari effetti.

In parte, anche "Carboniferous" degli Zu è stato registrato così.
G: C'ero anch'io a registrare "Carboniferous", ero l'assistente di Giulio (sempre Favero, che ha registrato "Carboniferous", l'ultimo album degli Zu, NdR).

Cosa ne pensate di quel disco?
G: E stata una cosa importante perché raggiungere un successo del genere con una musica cacofonica come la loro... penso sia stato un miracolo. E sono riusciti a farlo perché dal vivo sono esagerati, sono bravissimi.

Dal vivo preferite suonare da soli o di spalla ad altri gruppi?
F: Suonare di spalla altri è sempre figo. Quando ti capitano nomi più grossi è più rischioso perché il pubblico è lì per il gruppo principale. Diciamo che, anche con i gruppi grossi, è bello provare a... fargli il culo (ride, NdA). Tante volte non ci riesci, altre magari si. Faremo anche delle date da soli ma ti ricordo che non siamo nessuno. Siamo un gruppo piccolissimo, non possiamo permetterci di fare i concerti da soli.

Come promuovete la vostra musica?
G: Abbiamo una persona che ci segue in Italia, Marco Obertini del Circolo Forestieri Booking. Per l'Europa ci segue Five Roses, il booking legato alla nostra etichetta (l'italo- francese African Tape, NdR).

E siti come Myspace o Bandcamp non li usate?
F: Io li uso, aggiorno le date su Myspace, su Lastfm e tengo attiva la pagina di Facebook. Cerchiamo di avere una visibilità anche su internet ma credo che serva fino ad un certo punto. E' più importante avere un promoter locale che lavori bene sul posto, io non posso da Mestre promuovere bene un concerto a Limonge in Francia.

Dal momento che siete vivete tutti in Veneto: Brunetta sindaco di Venezia?
F: Sarà il mio sindaco perché vivo a Mestre, vuol dire che mi trasferirò a Padova. (ride, NdA)

Abbiamo finito: ditemi un gruppo che secondo voi ha davvero cambiato qualcosa negli ultimi 5 anni...
F: Domandone... Quando è uscito "Music For Airports" di Brian Eno?

Quello è uscito prima. Burial?
G: Burial, no.
F: Burial, a me non piace.
D: No.

Di solito è il più gettonato...
G: Timbaland ha cambiato tutto. Lui è davvero il più massiccio. Un altro gruppo potrebbero essere i Sun O))), purtroppo non li ho mai visti dal vivo ma loro potrebbero davvero cambiare qualcosa.
F: Si, l'ultimo disco dei Sunn O))) è un'esperienza quasi religiosa, mistica.
G: Al di là di tutto quello che ci siamo detti, delle tendenze, della promozione, di quante persone vanno sul nostro Myspace, in realtà quello che ci piace è la musica in sé. E' qualcosa che ha a che fare con un lato molto profondo di ciascuno di noi. Il fatto di riuscire ad essere un tramite tra la musica e le persone, ci rende... è come portare un messaggio.

Detto da un gruppo math...
G: ...ma noi non facciamo più math, devi venire ad un nostro concerto per capirlo.

Quindi vi interessa raggiungere l'ascoltatore.
G: Ma certo! Quando riusciamo ad avere il suono perfetto, delle luci con un minimo di senso... Perché il concerto dovrebbe diventare una specie di catarsi, il fatto di riuscire a far muovere chi ascolta, anche solo farlo ondeggiare, vuol dire portarlo in una dimensione libera, anche a livello fisico.
F: L'aspetto mistico ci interessa davvero moltissimo, non penso che la musica possa avere un altro significato se non questo. Il rock inteso come "figata, suoniamo, beviamo" non ci è mai interessato, siamo sempre stati attratti dal suo lato più oscuro.

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L'articolo Aucan - Telefonica, 26-02-2010 di Sandro Giorello è apparso su Rockit.it il 2010-03-08 00:00:00

COMMENTI (7)

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  • mendez 14 anni fa Rispondi

    gran lavoro ragazzi!

  • seymour 14 anni fa Rispondi

    cmq bella questa intervista agli Zu!

  • seymour 14 anni fa Rispondi

    ma non si chiamava Giogianni?

  • francescapiazza 14 anni fa Rispondi

    amazing 0_0

  • utente0 14 anni fa Rispondi

    bravi

  • grindingshit 14 anni fa Rispondi

    bravi bravi !

  • indiegesto 14 anni fa Rispondi

    Grandi Aucan, gran bel live!