Statuto - Torino, 16-04-2002

Dove si possono incontrare a Torino gli Statuto per un’intervista “face-to-face”? In piazza Statuto, naturalmente, trafficata piazza vicina al centro del capoluogo piemontese, dove sono nati e dove si ritrovano tuttoggi gli Statuto e tutti mods torinesi. Parlo con Oskar, cantante, leader ed autore di tutti i brani della ska-band torinese, del nuovo disco, “Il migliore dei mondi possibili”, che segue a ruota l’omonimo libro scritto dallo stesso Oskar. Siamo su di una panchina della piazza, tra rumori di auto, tram, pulman, e qualche personaggio fuori di testa ormai di casa...



Partiamo dal libro, che ha anticipato l’uscita del disco. Come è nata l’idea di scrivere un testo autobiografico?
“Non è proprio autobiografico, è una testimonianza di quella che è l’esperienza del movimento mod a Torino, che è unica in Europa per longevità, attività e partecipazione numerica. E’ dal 1980 che ci si ritrova qui in piazza Statuto – io ci vengo dall’82 – ed in questo movimento c’è stato un continuo rinnovamento, un ricambio generazionale. Si trovano ragazzi di sedici anni e padri di quarant’anni coi figli. Tra alti e bassi direi che la situazione è rimasta costante e quindi tutte le varie esperienze, anche particolari e molto forti in qualche caso, mi sembrava giusto metterle per iscritto in modo che non rimanesse una cosa persa solo nelle nostre memorie ma che potesse essere conosciuta da persone che magari non sanno nemmeno chi sono i mods o che ne hanno un’idea completamente sbagliata. O semplicemente per avere una conoscenza più approfondita del modo di vivere dei mods. Senza fare tante descrizioni filosofiche e poetiche, ma solo raccontare i fatti che sono poi i più importanti.”

Ed i mods sono uno dei pochi gruppi legati ad uno stile di vita e ad un genere musicale resistito col passare degli anni
“L’aspetto musicale rimane, secondo me, abbastanza secondario rispetto alla filosofia di vita. Non so degli altri movimenti giovanili, perché fare un catalogo mi sembra molto riduttivo, non necessariamente si devono catalogare i punk, gli skinheads o altri. Ogni stile, ogni filosofia fa storia a sé e quindi, questa è la situazione dei mods, delle altre non sta a me parlarne…”

E dal libro è poi nato il disco, senza soluzione di continuità
“Sì, pensavo che fosse bello, visto che noi siamo il complesso dei mods di Torino, fare dei testi presi in maniera precisa dal libro e mettere su le musiche che avevamo già preparato. Volevamo fare una specie di opera ska, molto umilmente, che fosse anche il primo tentativo che sia mai stato fatto di un opera ska, con il criterio del concept-album. Collegare il libro ed il disco era, secondo me, una testimonianza ancora più forte, più sentita.”

E quando scrivevi il libro, pensavi già al disco?
“No, no, assolutamente.”
Qual è il “migliore dei mondi possibili”? E un mondo felice fatto di sole cose positive o in esso si caratterizza un modo positivo di vedere tutte le cose, anche quelle negative?
“Negatività non ce n’è. Il fatto è che questo sistema non ci piace, così come non ci piacciono l’omologazione ed il tipo di società in cui si vive, ma non per questo il nostro approccio è vittimistico o autoghettizzato. Cerchiamo di costruirci la nostra realtà che non sia necessariamente mettersi fuori dalla società, ma cercare di cambiarla dal di dentro agendo soprattutto sull’individuo, su noi stessi, perché migliorando noi stessi si riesce a migliorare anche gli altri. Se si riesce, bene, se non si riesce, pazienza, almeno su noi stessi siamo riusciti a fare un cambiamento. Quindi, “il migliore dei mondi possibili” è quello che tu ti costruisci facendo leva soltanto su di te e sulle persone che ti stanno a fianco senza dover ricorrere al consumismo, alla scalata sociale, ai soldi, ai luoghi comuni e alle mode. E’ soltanto frutto delle tue scelte, dei tuoi gusti, del tuo modo di vivere e divertirti.”

Essendo ormai quasi vent’anni che hai questo stile di vita, ti sembra cambiato il tuo modo “mod” di vedere la vita?
“No. Questa forse è proprio la caratteristica che ragazzi adolescenti e adulti, nel pieno della loro maturità: hanno lo stesso modo di vedere il mondo esterno, di proporsi, di divertirsi, di passare il tempo libero. Ripeto, i mods non si autoghettizzano, non si tengono fuori dalla società, dal lavoro, dallo studio, quindi non pensano di essere in un mondo a parte, ma in un proprio mondo che “entra” in un mondo in senso più generale con quella che è la filosofia racchiusa anche sulla copertina di “Quadrophenia”, cioè “vivere al meglio nella situazione difficile”, questo è il modernismo.”

I testi dell’album riguardano il vostro passato. C’è una certa nostalgia verso quei tempi andati?
“No, no, assolutamente. Ci sono delle canzoni che sono perfettamente adattate ai nostri giorni, come “Invito a una festa”, per esempio, che è una festa precisa, quella raccontata nel libro, ma che rappresenta episodi che capitano anche adesso. Poi ci sono altre canzoni del passato, tipo “Barcellona” o “Sole mare”, che racconta una vacanza dell’83, ma che potrebbe essere il racconto di una nostra vacanza di questi anni. Per esempio, ad un raduno mod a Lecce, che c’è stato l’anno scorso, è stata la stessa cosa. Abbiamo voluto raccontare delle cose del passato anche perché le cose del passato sono viste sotto un’ottica più matura, più pensata, rispetto quella che potrebbe essere una cosa successa solo l’altroieri. Si può dare un’interpretazione diversa più facilmente. Così come “Vita da ultrà” e “Cos’è”, che parla come ci si deve comportare in un’attività artistico-musicale, cioè senza uscire dalla realtà, senza montarsi la testa o cercare di fare cose per cercare di guadagnare, per poter diventare delle rockstars, ma rimanere sempre coi piedi ben saldi per terra, perché se no poi uno si trova male…”

E voi l’avete rischiato questo “salto” dopo aver partecipato al Festival di Sanremo ed al Festivalbar?
“No, non abbiamo rischiato perché comunque siamo stati “consci”, cioè non abbiamo mai cambiato la nostra direzione sia ideologica che musicale, quindi la proposta è sempre stata la stessa. Chiaramente, noi non siamo un fenomeno di massa e più di tanto non possiamo ambire e non è quello che ci proponiamo noi.”

Musicalmente l’album mi sembra abbia maggiori connotati “black” rispetto al passato, forse per l’incisività del nuovo chitarrista
“Si, la chitarra è presente con suoni diversi, forse meno distorti. Ci sono degli interventi molto legati a quelli che sono gli arrangiamenti del soul, cosa caratteristica anche dell’arrangiamento dei fiati, degli archi. Ha fatto un grosso lavoro Carlo Rossi da quel punto di vista e se l’album suona più nero è perché le melodie sono prese a piene mani da brani e da stili del northern soul, quindi questo viene fuori.”

E come è nata “Cos’è?”, canzone per la quale Paolo Belli ha composto le musiche?
“Paolo Belli ci ha proposto questa canzone nel ’93, e noi l’abbiamo suonata un sacco di volte dal vivo con un altro testo, che non rientrava nel contesto di questo album “concept”. Così lo abbiamo cambiato. Paolo ce l’aveva proposta perché aveva un tempo ska e noi l’abbiamo sempre fatta ed era arrivato il momento di metterla su disco.”

Come avete conosciuti Paolo Belli?
“Eravamo nella stessa casa discografica, la Emi. Di fatti c’era un altro pezzo, in “E’ tornato Garibaldi”, al quale lui ha collaborato. E poi abbiamo fatto qualche concerto insieme. Non c’è mai stata una vera e propria collaborazione, diciamo piuttosto una buona conoscenza…”

E come avete fatto a rispolverare i Righeira per “Sole mare”?
“E’ per quella canzone particolare, che ha lo stesso tema di “Vacanze”, una nostra vecchissima canzone che parlava della stessa vacanza di “Sole mare”. E’ stata una vacanza veramente esilarante, un vivere senza soldi in quella situazione, che vista oggi è stata molto divertente, anche se svenire dalla fame e poi non tornare a casa è comunque una cosa rimasta unica... E in quell’anno lì c’erano i Righeira con “Vamos a la playa” in classifica e allora abbiamo pensato di coinvolgere anche loro a cantare il ritornello della canzone – tra l’altro molto estiva – proprio perché si parla di loro e quindi chi poteva intervenire più che loro…che oltretutto sono di Torino… Ci sembrava un tentativo sensato e infatti è andato in porto ed i Righeira ci saranno anche nel video.”

A proposito di video: è da un po’ che non se ne vedono di vostri. Per “Sole mare” ci sarà una buona promozione? O forse questo non dipende da voi? Il pezzo è orecchiabile e potrebbe sfondare con una buona pubblicità
“Questo non dipende da noi. Che il pezzo sia orecchiabile è sempre tutto molto relativo. Con la forma contrattuale che abbiamo, ci sono più possibilità, nel senso che è stata stabilita una cifra che possiamo gestire come vogliamo noi. Il fatto che ultimamente si possa avere anche un video ci dà qualche prospettiva in più ma non è che puntiamo alla classifica. Pensiamo a fare conoscere il nostro disco il più possibile, per quanto ci è concesso con le nostre cifre. Non puntiamo quindi alle cinquantamila copie, però ci fa piacere se la gente lo accoglie bene e se ci permette di suonare il più possibile in giro.”

E che mi dici della “2 Toni” sotto-etichetta della Sony. L’avete fondata voi?
“Dunque, la Sony voleva fare un’etichetta ska, pensando che in questo momento il genere ha una certa diffusione. Essendo noi sotto contratto con la Sony già da un po’ di tempo, la Epic, come struttura, ha preso un’altra piega, non tenendo più sotto di lei gli artisti, anche giovani, ed ha pensato di istituire un’etichetta solo per lo ska. E quindi ha pensato a noi, facendo tra l’altro uscire il nostro disco con questo nuovo criterio, cioè con una forma di licenza sui dischi che di volta in volta valuteranno con noi. In base ad ogni progetto che noi proporremo a loro decideranno gli investimenti, le evoluzioni, eccetera.”

E quindi potrebbero rientrare altri gruppi
“Certo.”

Si conoscono già i nomi?
“Non li faccio, ma ci sono…”

Torniamo al disco. “Come me” è la storia tra te e Naska (batterista degli Statuto, e con Oskar gli unici rimasti della formazione originaria. Ndr)?
“No, assolutamente. E’ il primo mod che ho incontrato, che si chiamava Lele, come ho anche specificato nel libro. Quando ho incontrato il primo mod di Torino, davanti alla scuola dove andava la mia ragazza, rimasi colpito dal fatto che c’era un’altra persona vestita uguale a me! E dall’eplosione dello ska, della moda e tutto il resto, non ne avevo ancora quasi mai visti. Non mi aspettavo di trovare un ragazzo così simile a me..E’ stata una cosa imbarazzante però molto positiva.”

Ultimamente c’è il boom dello ska e dello ska-core. Cosa ne pensi da “veterano” della scena ska italiana?
“Lo ska è, secondo me, una parola impropria. Sono le solite cose dei giornalisti o legate alle agenzie, eccetera, che spacciano per ska gruppi che non fanno assolutamente ska, ma fanno del punk, fanno dell’hardcore e così via, che meritano senz’altro l’attenzione, però lo ska ha delle caratteristiche ben precise, che possono essere arricchite, cambiate, lavorate come si vuole. Quando poi non è più ska questo si può chiamare in un altro modo e non c’è assolutamente niente di male.”

Ma qual è il limite entro il quale si può ancora definire “ska”?
“Lo ska è caratterizzato dai suoni giamaicani degli anni Sessanta – rock steady, eccetera – ed ha già avuto una rivisitazione, quella del “two tone”, che era influenzato dal punk di quel periodo, più elettrico. Adesso mi sembra che si sia superato il limite, perché ci sono dei gruppi che vengono considerati ska e che in realtà fanno hardcore…Magari può anche essere bello e piacevole ascoltarli, però non chiamiamoli gruppi ska perché non fanno ska.”

E quelle divagazioni verso il brit-pop che avevate adottato nei dischi “Tempi moderni” e “Canzonissime”, allora?
“E’ legato al discorso sullo ska di prima, perché comunque se pensiamo che il pezzo ska più bello che sia uscito tra il 95 ed il 98 è stato quello dei Rancid, “Time Bomb”, è veramente allucinante. Non c’era più niente di decente da ascoltare di ska, c’erano solo robe vecchie e passavano per ska questi gruppi che non lo erano. Intanto c’era questo grosso fermento attorno al brit-pop, che noi chiamiamo “neo-mod”, con gruppi non solo come Oasis, Blur, Supergrass, ma anche Ocean Colour Scene e tanti altri gruppi molto bravi che avevano le nostre stesse radici mod, tipo Small Faces, Who ed elaboravano le cose in maniera più moderna. A forza di ascoltare dischi di questo tipo, le canzoni che ci venivano da scrivere erano di quel genere e non ska. E quindi non è stata una “furbata”, perché noi quei pezzi li abbiamo scritti in una maniera quasi istintiva.”

E recuperavano anche l’altra metà delle vostre radici, quella del beat anni Sessanta, spesso presente nella vostra musica sin dagli esordi
“Si esatto, proprio il beat, e quindi è stata una nostra influenza del momento che non rinneghiamo affatto, però, dal vivo, è stato un fallimento totale, perché comunque la gente si rompeva veramente le balle ad ascoltare i nostri concerti senza ska. E anche noi non rendavamo assolutamente quanto rendiamo quando facciamo ska, quindi non era la dimensione giusta.”

Ma nei vostri attuali concerti suonate almeno qualche brano di quei dischi?
“No, assolutamente, per carità. Vogliamo fare lo ska, il two-tone. E’ quello che ci viene bene, che ci va di comporre e soprattutto di suonare dal vivo, quindi…”

Ho notato che nei vostri testi non trattate quasi mai l’amore.. .
“Nel nuovo disco c’è “Voglio te” che è abbastanza una canzone d’amore. Anzi, non abbastanza, è una canzone d’amore “pseudo assoluto”, che in realtà non esiste. Si esprimono sentimenti che si provano da adolescenti in cui l’amore assoluto e immediato sembra una cosa che non possa cambiare mai. Al contrario, questo può anche cambiare. Quindi la lettura abbastanza esasperata di questo sentimento si è voluta mettere con parole semplici e molto chiare in questa canzone.”

Non è che siete vincolati dall’immagine o da un certo tipo di atteggiamento, giusto per essere coerenti con le proprie idee?
“No, i testi non hanno mai una linea ben precisa. Abbiamo testi tipo “Piera” che sono molto ironici ma che non vogliono dire niente di particolare, ma anche testi di una pesantezza mai sentita, tipo “Vita da eroi”.”

Il prossimo anno festeggiate venti anni di carriera. Pensavate di arrivare a tanta lungimiranza? E come vi vedete nel futuro?
“Non ci siamo mai posti un obiettivo. Riuscire a vivere suonando è molto di più di quello che abbiamo pensato quando abbiamo iniziato a suonare. Siamo già molto soddisfatti così e andremo avanti finchè il pubblico, che è sempre quello che ci ha premiati, continuerà a seguirci, nonostante il nostro essere mod abbia portato una vera e propria ostilità nei nostri confronti, preconcetti, boicottaggi, inspiegabili. E’ stata sempre una battaglia continua che noi abbiamo sempre portato avanti a testa alta, a volte perdendo, a volte vincendo, però la guerra continuiamo a farla, soprattutto con parecchi giornalisti, con gli operatori del settore, con agenzie, eccetera. Il pubblico, invece, ci ha sempre premiati perché i nostri concerti, a parte il periodo in cui mancava lo ska, sono stati sempre molto affollati. Per “Riskatto”, senza la minima promozione, abbiamo venduto diecimila copie, cosa che non è capitata, magari, a gruppi che hanno avuto molta promozione. Continueremo a suonare a questi livelli finchè ci sarà il pubblico. Quando non ci sarà più noi continueremo a suonare comunque alle serate mod ogni tanto, ma il nostro progetto andrà avanti perché si è mod per la vita e si è Statuto per la vita…”

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L'articolo Statuto - Torino, 16-04-2002 di Christian Amadeo è apparso su Rockit.it il 2002-05-16 00:00:00

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