Una conferma rumorosa, e decisamente partecipata. Si è chiusa con oltre 15mila presenze la 14esima edizione di Riverock Festival, evento che come ogni estate porta ad Assisi – presso la Rocca Maggiore, un posto tra i più suggestivi d'Italia – grandi nomi della musica e futuri protagonisti della scena.
L'edizione 2025 è andata in scena dal 23 al 27 luglio, con un cast ricco e molto ben studiato. L'esordio è stato con il capo del rap italiano, Fabri Fibra, che assieme a Dj Double S ha portato live il suo ultimo disco Mentre Los Angeles Brucia. Assieme a lui lo showcase dell'artista italopalestinese Tära. Il giorno dopo una meravigliosa rivelazione (per un pubblico più largo, per lo meno) degli ultimi mesi: La Niña. Con lei Venerus, Luzai e Ginevra e lo showcase di Lodo Guenzi.
Venerdì 25 luglio è stata la volta di Joan Thiele, con Dardust, Emma Nolde e RIP e lo showcase di Maurizio Carucci. Sabato e domenica, infine, dopo il successo dello scorso anno, ha raddoppiato “Evanland - il festival internazionale del mondo interiore”, due giornate di incontri, workshop, pratiche, talk, spettacoli, letture e giochi culminati con due concerti speciali di Gio Evan, accompagnato da nomi come Giulia Mei, Quantic e Roberto Cacciapaglia.
La line up dimostra la ricerca che Riverock fa, da sempre uno dei tratti distintivi della rassegna. Una caratteristica che oggi è fondamentale per creare identità e ritagliarsi uno spazio (e un senso d'essere, in fondo) in un mercato dei live estivi congestionato e spesso contraddistinto dagli stessi nomi "sicuri". Ecco che Emma Nolde oppure Ginevra, artiste dal talento cristallino, affiancano Fibra, veterano capace di fare numeri impressionanti e rinnovarsi di continuo.
Jacopo Cardinali, fondatore e direttore artistico di Riverock, ci racconta cosa li muove, e dove vogliono arrivare.
Avete appena festeggiato un'edizione numero 14 andata alla grande. Cosa è cambiato irrimediabilmente dagli inizi?
Quando siamo partiti, c’era un fermento musicale impressionante, tangibile. Ed è stata proprio questa energia che ci ha spinto a iniziare: l’idea del festival è nata dalla voglia di creare una giornata in cui tutte le nostre band potessero condividere lo stesso palco. Eravamo tantissimi, chiunque intorno a noi suonava uno strumento e chiunque sembrava volesse fare la rockstar da grande. Oggi la nostra percezione è cambiata: ci sono pochi furgoni e troppi van, poche band e (neanche) troppi musicisti. È normale che il mondo cambi e che anche la musica debba evolversi, ma non si può non notare con un pizzico di nostalgia, il modo in cui la scena sia mutata. Ci sono ancora dei germogli resistenti, ovviamente, ma la sensazione generale è quella di una scena sempre più professionale, sempre più impeccabile, eppure anche sempre più innocua, incapace di generare un vero movimento significativo. Non so se, avessimo vent’anni oggi, il festival sarebbe mai nato. All’epoca, con un po’ di incoscienza e un pizzico di accortezza, eri capace di realizzare sogni grandiosi, anche sproporzionati rispetto alle tue possibilità. Fortunatamente questa cosa, in noi, non è cambiata, è anzi proprio la spinta che ci fa andare avanti, il desiderio di avere sempre un sogno più grande del precedente. Forse, siamo semplicemente nati nell’ultimo momento giusto per poterlo fare.
Cos'è oggi Riverock?
Oggi, senza falsa modestia, possiamo dire che Riverock è diventata una realtà solida, autentica e riconosciuta. Non senza inciampi, ne abbiamo fatti e sicuramente ne faremo ancora, ma abbiamo un’idea chiara, forte che portiamo avanti con ostinazione. E, in tempi come questi, non è poi così scontato.
Quest'estate del sistema della musica live, di costi sproporzionati, di realtà in crisi forse irreversibile. Qual e la vostra formula?
Riverock è una realtà che, fortunatamente, ha avuto la possibilità – e il coraggio – di svincolarsi da quella logica, per certi versi autodistruttiva, del “grande nome a tutti i costi”. È un festival che continua a voler essere un festival, e non solo un contenitore. Ogni anno mettiamo un impegno assoluto nel cercare di costruire una line-up che sia, prima di tutto, di altissima qualità e, in secondo luogo, capace di rappresentarci davvero, senza calcoli e senza compromessi. Non è la strada più semplice, il mercato sembra muoversi in tutt’altra direzione. Ma finché riusciremo a fare ciò che vogliamo, in modo sostenibile, sentiremo di essere sempre nel posto giusto. E il pubblico, che cresce di anno in anno, ci conferma che è davvero così. E questo che ci riempie di orgoglio.
Che posto è l'Umbria per fare un festival?
L’Umbria, contrariamente a quanto si potrebbe pensare a prima vista, è sorprendentemente ricettiva verso questo tipo di iniziative, soprattutto se si considerano le sue dimensioni e la sua popolazione. Non solo: sta dimostrando di essere una regione in cui le persone vogliono venire a vivere l’esperienza di un festival: ad esempio per il solo Evanland, evento conclusivo del festival 2025, la Rocca Maggiore di Assisi ha accolto più di 5.000 persone, di cui oltre l’80% provenienti da fuori regione o dall’estero. Numeri che parlano da soli e che raccontano una verità semplice: un festival non è “solo” qualche giorno musica, ma muove persone, viaggi, esperienze. E lascia un segno concreto anche nell’economia del territorio.
Quali sono per voi i live indimenticabili della vostra storia?
Tra i live indimenticabili della storia di Riverock, due estremi temporali restano impressi più di altri: l’ultimo e uno dei primissimi. Quest’anno abbiamo visto 3.000 persone resistere per un’intera giornata a vento, grandine e pioggia, senza mai perdere il sorriso, mentre noi ci affannavamo a proteggere l’attrezzatura e cercare di salvare il concerto. Alla fine, sotto una pioggia incessante (come i sorrisi e gli abbracci), lo spettacolo ovviamente c’è stato. Ed è stato semplicemente magico. Tornando indietro nel tempo, alla seconda edizione, la pioggia fu di nuovo protagonista. In programma c’erano, tra gli altri, Mariposa e Pan del Diavolo, ma all’epoca non avevamo certo i mezzi di oggi: poche risorse, zero piani B, tanta incoscienza e altrettanta tenacia. Alla fine le band suonarono all’interno di una cucina con pareti di vetro, con il pubblico fuori. Fu epico. Oggi la “musica in vetrina” è di moda nelle grandi città europee, noi possiamo dire di averlo già fatto! E poi ci sono altri momenti che non possiamo certo dimenticare: il concerto di Daniele Silvestri, la nostra prima volta nella nuova casa della Rocca Maggiore; la magia di Joan As Policewoman nel 2019; e la prima di All Good Children Go to Heaven, progetto interamente ideato e prodotto da noi per celebrare i 50 anni di Abbey Road, con sul palco Bob Angelini, Dellera, Rachele Bastreghi, Federico Poggipollini, Andrea Pesce, Sebastiano Forte e tanti altri. Un progetto che, con orgoglio, abbiamo continuato a portare nei principali festival e live club italiani.
Concludiamo con gli obiettivi per il 2026.
25.000 presenze! :)
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L'articolo Un'edizione da record per Riverock: "Il pubblico premia la nostra ostinazione" di Redazione è apparso su Rockit.it il 2025-08-18 11:38:00
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