I Vanishing Twin sono pronti all’allunaggio sul MI AMI

Band cosmopolita e incredibilmente potente di base a Londra, segue il ritmo della “nostra” batterista Valentina Magaletti. Domenica 29 porteranno il loro mix esoterico di jazz, funk, library music e fantascienza al festival. Per trasformare Linate in Cape Canaveral

I Vanishing Twin - foto di Arthur Sajas
I Vanishing Twin - foto di Arthur Sajas

Domenica 29 maggio al MI AMI la chiusura della lineup del palco Collinetta Samsung Galaxy Buds2 sarà affidata alle sapienti mani dei Vanishing Twin, band che ha base a Londra, in cui militano però membri provenienti da Paesi diversi. La loro musica, che parte e nasce dal jazz ma si spinge in diverse direzioni, toccando lidi psichedelici da una parte ed afrobeat dall’altra, è un concentrato analogico di suoni, accentrati sull’immaginario visionario e a volte esoterico della cantante Cathy Lucas.

I Vanishing Twin - foto per gentile concessione della band
I Vanishing Twin - foto per gentile concessione della band
 

Il loro ultimo album, Ooki Gekkou, è un viaggio ascensionale in uno spazio dai tratti in parte fisici e in parte immaginari, caratterizzato da uno stile conciso e che rinuncia all’epica dei Blockbuster di fantascienza, per strizzare l’occhio ai film di serie B. Terrore nello spazio, ma senza il terrore, con tanta ironia circospetta suonata alla grande. Abbiamo parlato con Valentina Magaletti, la batterista del gruppo, pugliese di nascita ma oramai cittadina londinese a tutti gli effetti, dopo averla intervistata appena due anni fa, quando ci eravamo fatti raccontare la sua pazzesca carriera. Al termine della chiacchierata, a "microfoni spenti", ci eravamo augurati di vederla presto in Italia a suonare coi Vanishing Twin. "Chiamateci al vostro festival", aveva risposto lei ridacchiando. Be', ora è successo davvero.

Cosa dobbiamo aspettarci dal vostro live al MI AMI?

Prima di tutto va detto che quella al Magnolia sarà l’ultima delle quattro date del nostro mini tour italiano (dopo Roma il 25 maggio, Savignano sul Rubicone il 26 e Bari il 27, ndr). Siamo molto contenti di tornare in Italia a suonare, perché nel tempo si è creato un bel legame col pubblico, e stereotipi a parte l’ospitalità che si trova in Italia è rara. Sul palco del MI AMI presenteremo finalmente le canzoni del nuovo disco, Ooki Gekkou, anche se per la scaletta pescheremo da tutto il nostro repertorio. Ci saranno però un po’ di sorprese, prima di tutto le visual di Noriko Okaku (creatrice dei video di This Is Not an Island e Phase One Milion). La seconda più che una sorpresa è una novità nella formazione, perché Phil (Bearwalde, ex tastierista e batterista del gruppo, ndr) non suona più con noi. Avere un nuovo membro significa avere di conseguenza essere un nuovo ensemble, e nel nostro caso tutto funziona alla grande. Sarà una festa.

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Qual è il rapporto dei Vanishing Twin con la library music italiana?

Nella band tutti amiamo la library music, ma non solo quella italiana. Diciamo che in Italia abbiamo avuto i grandi maestri, da Ennio Morricone a Piero Umiliani, ma il nostro panorama di influenze e riferimenti è molto più ampio, restando lo stesso legato parzialmente alle colonne sonore create per i documentari, o per i film di serie B. Una grande ispirazione arriva dal catalogo della Bruton Music, da BBC Radiophonic Workshop, dalla fantascienza nata dopo Doctor Who. Ma andando oltre la musica per il cinema nei Vanishing Twin c’è tanto dall’afrobeat, dal jazz, dal funk dei Funkadelic. Siamo dei grandi fan dell’analogico.

Ascoltando Ooki Gekkou si ha la sensazione di un cambio rispetto ai lavori precedenti, verso una maggiore concisione stilistica. A cosa è dovuto?

Soprattutto al modo in cui è stato lavorato, ossia a distanza, durante il lockdown. Io per esempio ero in Italia. Cathy e Phil hanno lavorato su session di sezione ritmica che già esistevano. Age of Immunology (uscito nel 2019, lavoro che per il suo titolo è stato ahimè profetico) aveva una gestazione molto più lunga, derivando da lunghe sessioni in cui si suonava tutti insieme. Ooki Gekkou nasce dall’assemblamento da parte di Cathy di pezzi registrati in luoghi diversi. Ma il prossimo album sarà ancora diverso, perché siamo tornati a lavorare all’unisono. Abbiamo un membro in meno, Phil, e sperimentiamo tanto. C’è stato anche un cambio di influenze. Volendo essere profetici anche questa volta potremmo chiamarlo Three Million Dollar.

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Le tracce di Ooki Gekkou sembrano voler segnare la via di un viaggio nello spazio. Dove siete stati portati?

Partiamo da Phase One Million. Nel pezzo Cathy canta: “Looking for a sign”. Si tratta di un suo viaggio, parzialmente esoterico. Si parla delle coincidenze che possono capitarci ogni giorno, ma esse vengono traslate nello spazio. In particolare in questa traccia quello che vuole trasparire è che si deve cercare di essere aperti a tutti quelli che sono i segnali che ci arrivano nella vita. A molti per esempio finiscono per sfuggire, ma ad altri no, e tra questi altri ci siamo noi. Il tutto può avere anche un’accezione spirituale. Così come Light Vassel, un mezzo di trasporto dal sapore fantascientifico, che suggerisce l’inizio di un viaggio che può essere sia fisico che metafisico.

Parlando dei video invece, sembrano chiare le influenze Dada e quelle di un certo cinema di animazione degli anni ’60 e ’70. Come mai questa scelta?

È vero, le influenze Dada sono in cima alla nostra direzione estetica. Nel videoclip di Phase One Million però si possono trovare un po’ tutti i riferimenti della carriera dei Vanishing Twin. Nel video di Ooki Gekkou invece compaiono tante creature di plastilina che animano un pianeta. Lo abbiamo fatto per dare un peso maggiore alla figura che si trova sulla copertina dell’album, che si chiama non casualmente Ennio. Nell’arco narrativo incontra tante creature spaventose, che rimandano alle avventure del film Il pianeta selvaggio di Renè Laloux. La presenza di tutti questi individui dalle strane forme crea una direzione verso una sorta di antispecismo, perché sul pianeta gli incontri fatti da Ennio sono tra esseri che si trattano alla pari. Evidenti sono anche i tratti grotteschi e ironici che questo paesaggio lunare assume.

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La traccia finale del disco si chiama The Lift. Qual è l’ultima direzione del vostro viaggio ascensionale?

Il pezzo nasce da una storia vera. Un giorno una ragazza giapponese è stata letteralmente presa da un uragano e scaraventata in un altro luogo rispetto a dove viveva. Il pezzo, attraverso il cantato di Cathy, parla di riadattarsi e riabituarsi a una nuova realtà, ed è molto collegato alla situazione pandemica che abbiamo vissuto. Quali sarebbero gli elementi di una vita che ci vede colti da un contesto e ricollocati subito in un altro completamente diverso? Il primo sarebbe senz’altro l’istinto, o meglio l’istinto della contingenza. In breve: “Open your eyes”.

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L'articolo I Vanishing Twin sono pronti all’allunaggio sul MI AMI di Gabriele Vollaro è apparso su Rockit.it il 2022-05-24 10:02:00

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