Venerus: "Il mio disco è un'arca di Noè lanciata nello spazio"

Un disco d'esordio capolavoro, "Magica musica", che conferma che Vinny è un artista capace di volare in orbita alla ricerca di nuove forme d'amore. Tra Miles Davis, Giordano Bruno e la piscina di Salmo, il musicista milanese ci racconta questa manciata di perle

Andrea Venerus - foto di Sha Ribeiro
Andrea Venerus - foto di Sha Ribeiro

C’è un momento della live che Venerus ha fatto qualche giorno fa sul canale Twitch di Asian Fake, per parlare coi fan in attesa dell’uscita di Magica musica, che mi è rimasto particolarmente impresso. Uno spettatore gli chiede se la collaborazione con Mace sia nata da un’amicizia, Venerus non fa in tempo a elaborare una risposta più approfondita di "sì" che dalle casse del suo stereo parte Palla, di Marco Castello. Venerus lascia lì la domanda e fa: "Questo pezzo mi fa impazzire". Poi si alza, va a prendere la chitarra per suonare e cantare sul brano.

Questa reazione così spontanea, come un richiamo naturale, mi ha fatto capire come Andrea abbia il consumo di musica nel suo imprinting: all’improvviso è la canzone che diventa la cosa più importante di tutto l’ambiente circostante. Ho provato a cronometrare quanto ci abbia messo a interrompersi una volta che parte il brano: visto che non sono dotato di un cronografo di precisione olimpico, dobbiamo accontentarci di un indicativo 1,3 secondi di risultato, decimo di secondo più, decimo di secondo meno.

"Ascolto musica almeno 5 ore al giorno tutti i giorni in questo periodo. È molto bello in realtà, perché nella mia vita mi è capitato un sacco di volte di non sapere cosa ascoltare, adesso invece ne ho così tanta che è diventata una priorità", mi svela Venerus quando gli parlo di questa cosa. "Per me è un’attività fondamentale in questo momento. E quando ascolto mi sdraio a terra e non faccio nient’altro". 

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Nel suo disco, questa dimensione così viscerale traspare subito: il mondo di Venerus è prima di tutto la musica, lo è sempre stato, la sua arte è musica che si nutre di altra musica. Non è un mezzo per arrivare a un luogo, come lui stesso ha affermato nella suddetta live, è la destinazione. Magica musica fluttua nelle nostre orecchie e vola in alto fino nello spazio, a bordo – letteralmente – di un pallone aerostatico, "In cerca di forme d'amore nell'universo".

L’ultima volta che ti abbiamo sentito era durante il primo lockdown. Come sono cambiate le cose adesso?

Ho preso due gatti, loro hanno dettato molto le mie giornate. Sono diventato per assurdo molto abitudinario: faccio lezioni di piano, mi alleno, faccio da mangiare, studio e ascolto la musica tutto il giorno.

Cosa ascolti?

A me piace scardinare il discorso dei generi, un vero appassionato secondo me non sta lì a concentrarsi nella nicchia, però come riferimento in questo momento ascolto molto jazz anni ’60-’70, cose come In A Silent Way di Miles Davis. L'altra mattina, invece, ho ascoltato Magicmusic dei Return to Forever, il gruppo di Chick Corea, che non era un riferimento voluto al mio disco ma che rientra perfettamente nella visione che vuole dare l’album, a partire proprio dal titolo e dalla copertina.

Su Spotify hai una playlist molto corposa con i tuoi brani magici. Cosa rende magica una canzone per te?

Ci rifletto spesso anch’io e non lo so, però non credo che potrei affidare la gestione della playlist a qualcun altro. Non ho consapevolezza di cosa sia magico davvero, è come un sapore che non riesco a identificare. Enrico Gabrielli una volta, a proposito del mio rapporto con la musica, mi ha detto: "Tu hai una fascinazione per gli umori". Effettivamente tanta musica che ascolto ha una forte densità umorale, nel senso che è musica capace di riempire la stanza di un colore.

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A proposito di Enrico, lui suona con i suoi Calibro 35 nel brano Sei acqua, che è molto diverso da quello che fanno di solito. Come mai?

Vale lo stesso discorso con Crookers in realtà, con il quale ho fatto una ballad, mentre chi lo conosce lo associa alla house o al rap: sono collaborazioni prima di tutto a livello umano, il brano arriva come ultima cosa e l’idea è stata proprio quella di fare qualcosa di diverso. Con Crookers è stato fin difficile fare musica assieme perché siamo molto amici e ci perdevamo spesso a ridere, mentre coi Calibro è stato qualcosa davvero di speciale, sono potuto andare a fondo al concetto di musica suonata, tanto che ho ripreso ad andare a lezione di pianoforte. In questo periodo ho proprio sentito il richiamo della jam e di suonare con gli altri, mentre di norma sono uno molto solitario, era l’ultima cosa che mi aspettavo.

E gli altri feat?

Guarda, questo disco è un po’ come l’Arca di Noè, nel senso che è tutto quello che ho voluto salvare. GemitaizRkomi sono amici da tanto, il pezzo con Frah Quintale è nato tutto un pomeriggio in casa, per quello si chiama Appartamento. Anche con i produttori ho un rapporto stretto.

Soprattutto con Mace. L’avevamo intervistato in occasione dell’uscita di OBE e si era parlato di golpe nella musica italiana da parte vostra, sei d'accordo?

Certo, lui e io siamo proprio compagni d'armi in questo senso. È una cosa in cui credo tanto: in altri aspetti della mia vita non sono attivista, ma nel discorso della rivoluzione culturale sì, quasi al livello di morire per la causa, intendo. C’è tanto di Mace in questo disco, come c’è tanto di me nel suo.

Venerus pronto al lancio nello spazio di Magica musica - foto di Sha Ribeiro
Venerus pronto al lancio nello spazio di Magica musica - foto di Sha Ribeiro

Hai parlato prima di questo disco come di un’arca di Noè, solo che invece che salpare nel diluvio hai preferito spedirlo nello spazio.

Lì l’idea è partita per caso: mi avevano chiesto come fare il lancio del disco e io, per scherzare, ho detto: "Lanciamolo letteralmente". Poi mi reso conto di quanto spesso ritornino immagini dello spazio, dell’universo, degli astronauti all’interno del disco. Qua le vicende intime fatte scoppiare nel cielo per guardarle da lontano. Prendi Ogni pensiero vola: c’è la doppia prospettiva di zoomare ciò che è minuscolo e di allontanarsi e guardare il grande da lontano. Io volevo lasciare un messaggio d’amore, quindi ho deciso di affidarlo allo spazio.

Nella copertina dove sei, invece?

Quella è nata da immagine facilmente reperibile, un’iconografia di Giordano Bruno a quattro zampe. Ho voluto riprendere l’immagine perché lo stimo intellettualmente e penso sia interessante riproporlo nel 2021.

Tra i suoni del disco ce ne sono anche di "extramusicali". Cosa significano per te?

A me interessa il suono soprattutto se è extramusicale, perché è un campo infinito di ricerca e permette di inserire esperienze vissute di persone. Significa contaminare la musica con la vita, sia a livello narrativo che pratico. Io vorrei fare un disco che suona come un prato. In questo disco ci sono la piscina di Salmo, i miei gatti che miagolano, cose così.

 

Venerus - foto di Sha Ribeiro
Venerus - foto di Sha Ribeiro

Questo disco come lo vedresti dal vivo?

Spero di poterlo portare live già quest’estate. Sarà un ripartire da zero di nuovo, ma è una cosa che mi eccita. Come direzione più consapevole, come sfida ho quella di creare uno spettacolo teatrale che non sia la versione acustica lounge del mio concerto, ma possa portare a fondo il mio disco. Il teatro mi affascina molto, voglio che il mio concerto sia un’esperienza immersiva. Mi immagino uno spettacolo di due ore molto inaspettato, pieno di costumi e con una scenografia importante. Qua in Italia abbiamo tante opportunità per farlo, secondo me.

Riesci a trasportare degli ascolti che non sono per tutte le orecchie in una dimensione pop. Come vivi questa cosa?

Ogni tanto ci penso e mi chiedo se sto sbagliando qualcosa (ride, ndr), la cosa che mi consola è che mi sto inserendo in un contesto di rilevanza. Prendi Pino Daniele: l’altro giorno mi sono visto il video un suo concerto a Napoli, dove era un profeta, con qualcosa come 40mila persone. Lui era un’icona pop, ma il concerto non lo era per niente. In questo senso, se prendi le versioni strumentali dei miei brani non sono pop, è tutta un’altra cosa.

Però non sei pop piegandoti o seguendo delle mode, mantieni un’identità ben definita.

Lavorando con Mace e producendo tanto, è capitato mille volte che qualcuno venisse da noi e ci precisasse: "Però questo è il singolo per la radio". E quindi? Dev’essere brutto? Era come se non potesse essere troppo ricercato, ma è una cazzata, Mace e io lo stiamo vedendo adesso con la nostra musica. C’è chi pensa che se vuoi fare le cose in grande non le puoi fare col cuore, se le vuoi fare col cuore rimangono per te e i tuoi amici, per me è un discorso che non ha senso.

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Nel disco dici un paio di volte di aver perso Dio. Che rapporto hai col divino?

Io sono la classica persona che dice di avere una visione spirituale della vita (ride, ndr). Al di là della battuta, comunque c’è una dimensione molto presente nella mia quotidianità in cui penso alle cose su un piano molto più grande rispetto a me, per esempio come io comunico con l’universo e viceversa. Mi rendo conto che ci sia uno schema molto più complicato che connette lo spazio, l’uomo e la natura e che non abbiamo il modo di codificare interamente. Io mi sento alla ricerca di qualcosa, questo stesso disco è la testimonianza per me di varie dimensioni interconnesse, lo spirito con cui fai certe cose ha un’influenza sul mondo. Non basta che il disco sia bello, deve renderti una persona migliore. In questo momento non ho alcun corrispettivo religioso, ma perché non ho la necessità di riconoscermi in qualcosa di specifico.

Hai intervistato Franco Malerba, il primo italiano nello spazio, e con lui parli anche di vocazione. Per te la musica era l’unica possibilità?

Quell’intervista è stata emozionante perché è stata una delle situazioni in cui mi sono reso meglio conto di cosa stava succedendo. Per me è più importante fare una cosa così che fare un disco, perché è il percorso di vita che ti permette di realizzare le tue visioni. Il mio percorso di vita in questo momento è molto intrecciato nella musica, ma la mia attitudine di ricerca e di approfondimento copre più campi, quindi penso che avrei potuto fare altre cose. Magari tra vent’anni mi trovo a fare qualcos’altro, sinceramente mi ci vedo.

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So che ti piacerebbe lavorare in radio, per esempio. Hai fatto qualche passo in quella direzione?

In qualche modo sì, ma sono dell’idea che certe cose si palesano al momento giusto. Qualche contatto ce l’ho e mi sto avvicinando a quel mondo. Però fare un programma dove non decido io cosa succede non lo farei, quindi vorrei anche capire come funziona davvero a livello di libertà.

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L'articolo Venerus: "Il mio disco è un'arca di Noè lanciata nello spazio" di Vittorio Comand è apparso su Rockit.it il 2021-02-19 11:29:00

Tag: album

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