Vertical: il funk, l’afrobeat e il sogno analogico

Tra improvvisazione, groove e sperimentazione, i Vertical trasformano la musica in un laboratorio condiviso dove corpo e mente danzano insieme.

Foto di Luca Zattra
Foto di Luca Zattra

Creare un vero e proprio canale immaginativo, in cui la gente, una volta entrata, possa far ballare il proprio corpo e allo stesso tempo viaggiare con la mente. È questo lo scopo ultimo della musica dei Vertical, collettivo vicentino che unisce funk e psichedelia con un approccio profondamente umano, trasformando ogni brano – rigorosamente strumentale – in un’esperienza di condivisione sensoriale.

Un progetto nato sul finire degli anni ’90, che, nonostante più di due decadi e centinaia di concerti alle spalle, continua a essere animato dagli stessi musicisti: Nicola Tamiozzo (chitarra), Filippo Rinaldi (basso e produzione), Antonio Gallucci (sassofoni), Alessandro Lupatin (batteria) e Paolo Bortolaso (piano, organo e sintetizzatori). "Ognuno di noi – ci raccontano i Vertical – lavora anche in grafica, produzione, insegnamento o studio del suono, e tutto questo alimenta il nostro laboratorio collettivo".

Il primo incontro tra i membri del quintetto, avvenuto sullo sfondo del nebbioso piattume della provincia veneta, ha un retrogusto quasi cinematografico: "Ci siamo incontrati una notte, nessuno sapeva davvero chi fosse l’altro: ognuno portava la propria storia, le proprie imperfezioni, i propri sogni. Abbiamo cominciato a suonare insieme, e la band è nata in quel caos sospeso, tra assoli che inciampavano e groove che ridevano". Una scintilla istintiva, nata più dal suonare che dal parlare. "Conoscere qualcuno – sottolineano – vuol dire ascoltarlo mentre la musica lo attraversa e ogni volta scoprire che anche chi suona accanto a te è un mistero da esplorare".

E questa mutua conoscenza trae la propria linfa vitale da radici musicali che affondano in un percorso collettivo fatto di esperienze, ascolti e chilometri percorsi. "Tra scatoloni di cassette, CD e vinili, abbiamo visto concerti di ogni genere, collezionando anche qualche diploma e laurea al conservatorio jazz. Anche se la cosa per noi più formativa è stata, ed è tuttora, passare un sacco di tempo in sala prove provando a creare musica nuova".

Oltre agli studi, a fare da "nave scuola" ai Vertical è stata la loro intensa attività dal vivo, che nel corso degli anni li ha sì portati a condividere il palco con un gigante come James Brown, aprendo alcune sue date in Italia nel 2005 ma anche a fare "decine di marchette, feste aziendali, matrimoni e persino funerali". Esperienze diversissime tra loro ma ognuna importante a modo suo, che hanno permesso al quintetto "di suonare tanta musica diversa, anche fuori dai nostri standard".

Una sacrosanta gavetta, durante la quale il quintetto veneto ha plasmato il proprio linguaggio musicale: un gergo in costante mutazione, dove generi, sonorità e atmosfere entrano in contatto tra loro, mettendo in scena un costante processo di creazione e distruzione. "La nostra musica – spiegano i Vertical – è difficile da etichettare: si muove tra funk, psichedelia e atmosfere cinematografiche, senza mai fermarsi in un solo genere. Gli Area ci ispirano per l’improvvisazione collettiva e per il concetto di gruppo come laboratorio sperimentale".

E Telepathy, il loro nuovo EP, rappresenta al meglio la filosofia professata dai Vertical sin dagli esordi. Il disco è stato infatti "registrato interamente in analogico, su otto tracce e senza editing digitale: soltanto noi, i nostri strumenti e le orecchie esperte di Marco Fasolo". Un EP nato con l’obiettivo di catturare non solo le note, ma anche l’energia del momento che si instaura tra i cinque membri del gruppo, imperfezioni comprese. E questa spontanea immediatezza viene riversata in tre brani originali, che raccontano stati d’animo differenti, riflettendo il desiderio di comunicare attraverso la musica, costruendo un ponte tra chi suona e chi ascolta.

 

Telepathy
Telepathy

Se Telepathy "nasce dalla volontà di ritrovare una connessione reale, lontano dai telefoni e dai social, con un afrobeat di energia collettiva pensato per essere vissuto con le orecchie e non con gli occhi", Love Ring si presenta come "un funk pieno di groove, con un coro all’unisono studiato per cantarlo insieme al pubblico". A chiudere il terzetto ci pensa invece Kokako, un pezzo che "esplora territori più intimi, sospesi tra psichedelia e cinema, invitando all’ascolto profondo".

Tracce originali a cui la band ha deciso di affiancare altrettanti remix: Leslie Lello fa esplodere la pista con la sua versione di Telepathy, DJ Rou aggiunge a Love Ring un tocco più clubbing e sofisticato, mentre Munstac in Kokako sperimenta con atmosfere electro fuori dagli schemi. L’idea alla base dell’EP è infatti quella di creare uno spazio sonoro in cui la musica è aperta, viva, libera di essere condivisa e rielaborata. "Le tracce separate dell’EP, disponibili su Bandcamp – spiegano i Vertical – permettono di esplorare i dialoghi nascosti tra gli strumenti, di remixare e di entrare più a fondo nel nostro laboratorio sonoro. La musica per noi è sempre uno strumento di connessione reale, condivisa e libera da filtri digitali".

Una vera e propria officina di sperimentazione, che il gruppo cerca di portare anche nella dimensione dal vivo, parte integrante del proprio processo creativo. "Ogni concerto dei Vertical è un piccolo miracolo: il solo fatto di cantare alcuni brani con il pubblico ci permette di vivere una magia diversa ogni volta".

Nel corso degli anni, oltre alle indelebili aperture dei concerti di James Brown, la magia creata ogni volta sul palco ha portato la band a vivere situazioni al limite del surreale. "Una volta una signora è venuta davanti al palco e si è spogliata. A Padova, invece, tre dee africane hanno ballato, ci hanno lanciato dei soldi sul palco e poi sono sparite. Anni fa due amici ci hanno raccontato di aver concepito il loro figlio durante uno dei nostri live. In un’altra occasione, uno dei gestori del club in cui suonavamo è salito sul bancone a metà concerto, invitando tutti a sfasciare il locale".

Oltre a tanti, tantissimi live, il prossimo futuro dei Vertical sarà dedicato a diffondere e condividere la loro musica in ogni forma possibile. "Parallelamente alla pubblicazione del nostro ultimo EP in formato vinile, continueremo a condividere le tracce separate, in modo tale che ogni ascoltatore possa diventare parte della creazione. Ad ogni modo, i concerti resteranno una nostra priorità. Perché ogni live è per noi un esperimento e una magia condivisa, con il funk nel corpo e le colonne sonore nella mente".

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L'articolo Vertical: il funk, l’afrobeat e il sogno analogico di Luca Barenghi è apparso su Rockit.it il 2025-10-25 23:03:00

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