Alessandro Fiori - via Mail, 11-09-2010

Difficile capire cosa passi per la testa di Alessandro Fiori: lui risponde con metafore rubate alla pesca, si definisce un devoto dell'inutilità presunta, ci racconta di tutto quello che ha ascoltato nella vita, e poi Fellini e molto altro. La voce dei Mariposa ha pubblicato il suo primo disco solista, un gran bel disco. Stefano Rocco l'ha intervistato.



Cominciamo esagerando: se Lucio Dalla avesse scritto canzoni con Luigi Tenco, Gino Paoli e Ivan Graziani forse somiglierebbero alle tue. Ha senso?
Intanto faccio presente che sono lusingato per gli accostamenti e che mi piace cominciare esagerando. Allora, queste virtuali ed illustri collaborazioni frutterebbero senz'altro qualcosa di piuttosto interessante, magari anche qualcosa di simile a certe cose mie, ma fino a un certo punto, perché il bagaglio inconsapevole di riferimenti che mi porto dietro e che fa capolino tutte le volte che scrivo è un enorme rete da pesce che raschia i fondali marini da quasi 35 anni raccattando di tutto: i juke boxe delle piscine all'aperto dove mi scaricavano tra i clorati abrasivi dell'estate suonavano la Nannini e gli U2, l'autoradio della Ritmo del babbo quando andavamo in Sardegna carichi come i cashmiri, se solo i cashmiri avessero avuto una Ritmo, e l'autoradio suonava Venditti e Teresa de Sio, lo stereo di Tommaso i Dire Straits e quello del Gigio Prince, il giradischi Toshiba che avevamo nel salotto in via Arno suonava Toquino, Paolo Conte e lo Zucchero di "Blues", mentre quello che più tardi avevo io nella mia cameretta di via Orione (che era poi sempre lo stesso Toshiba) suonava Bathory e Squallor. E poi Ghosts'n Goblins e gli altri videogiochi, I Cavalieri del Re e le colonne sonore e infine il cilicio rituale dei provincialismi sanremesi. Certo, con gli anni si formano degli strappetti nella rete e i pesci più piccoli se ne vanno, ma lasciano però sempre un ricordo, un'impalpabile squama fatta di bava e dolore, come per esempio Sammy Barbot che nell'82 cantava dell'aria di casa sua e Luis Miguel che nell'85 era un ragazzo di oggi. Questo per dire cosa? Ah, che essendo tu una buona forchetta hai beccato dalla rete una bella cernia, un'orata, un pagello reale e una spigola (non chiedermi quale è Dalla perché proprio non lo so, anzi mi fa quasi paura pensarci) e li hai adagiati su una griglia per non sbagliare. Ma ogni tanto per un ottimo brodetto primordiale che vada a lenire le cicatrici dei Frankenstein musicali di cui sopra occorre la paranza, i roccali, il pesce di scarto. Ha senso? Non farti scrupoli, puoi anche dirmi Ale, datte all'ittica.

Dopo oltre dieci anni a fare il vagabondo musicale per l'Italia con Mariposa, Amore e tanti altri amici, fai uscire un disco solista a trentaquattro anni e ci metti la faccia. Questione di maturità, di nuova ispirazione o semplice tributo ai fogli accumulati nel cassetto durante gli anni?
Era già da un po' che sentivo il bisogno di confrontarmi più direttamente con Alessandro Fiori, poi per una serie di motivi il debutto è stato solo quest'anno. Avevo il desiderio di chiarire agli altri a che punto fossi del percorso musicale e a me a che punto fossi del percorso in generale. Non è stata una questione di maturità, anche perché il mio processo di maturazione è asfittico, auto-osteggiato; tra ratti di Mac e mille altri progetti paralleli non avevo nemmeno materiale parcheggiato, ed anzi i pezzi del disco più due che sono rimasti fuori ("Vattene pur via" e il "Cuore cade") li ho buttati giù tutti insieme in relativamente poco tempo, senz'altro in un periodo di nuova ispirazione, più dedita ai miei casi, meno filtrata.

A dispetto del tuo approccio surreale e stralunato, hai un'attenzione particolare per le storie quotidiane, per le persone ai margini, per le emozioni semplici, persino per i sentimenti degli oggetti. E' difficile trovare un unico immaginario capace di contenere tutto il disco. Tu hai questa ironia dolceamara che trasforma in una filastrocca d'autore anche i momenti più drammatici, nascondendo quella che sembra una tristezza e una malinconia di fondo che pervade tutto il disco. E' così?
Mi rispecchio molto in ciò che hai scritto. Sono attratto dalla purezza che percepisco come convivenza tra astrazione e specificità. Mi piace scrivere cose che sulle prime possono apparire estranee o in-significanti ma che poi germogliano da dentro come l'Alien quando meno te l'aspetti. E magari queste cose allora te le senti vicine a modo tuo, non a modo mio. Le esperienze diventano anche mie. Sono un devoto dell'inutilità presunta; sono così permeabile da avere la presunzione di riuscire a diventare sporadicamente un medium tra me e gli altri, tra il presente e le sue diramazioni, tra questa vita e le altre. Ho definito a volte medianiche le mie canzoni perché nemmeno io posso interpretarle fino in fondo se non dopo aver fatto trascorrere dei mesi o, come nel caso di alcuni pezzi di questo disco, degli anni. Forse, come dici tu, non esiste un unico immaginario, come non esiste un unico metodo, come non esiste un unico uomo, ma quella malinconia di fondo – e ti ricito – quella è sempre presente, più o meno celata, ed è quasi metafora dell'attesa rispettosa. La dicotomia malinconia/astrazione e ironia/specificità è errata. Questi caratteri, nelle mie canzoni, pertengono entrambi allo stato in essere delle cose. Un po' come nei film di Fellini, forse.

"Attento a me stesso": immagino sia un doppio senso voluto. Dopo qualche mese dall'uscita, quale dei due ha più senso: ti sei preso cura di te o hai attentato a te stesso?
Si, il doppio senso è voluto. Da fine giugno ad oggi sono stato ferocemente attento a me stesso. Naturalmente la ferocia ha un po' attentato all'attenzione, ma n'è valsa la pena.

Un disco di canzoni d'autore. Come quelle di una volta. Di quando l'Italia ascoltava davvero. Oggi per chi sono canzoni come le tue?
Non saprei, sicuramente per me e per chi mi vuole bene e mi ha (quasi) sempre sostenuto. Forse per i figli che non ho. L'unico rammarico è che alla mia cagnetta Nurra non piacciono, anzi, le detesta.

Stavolta hai fatto tu la squadra: Alessandro Asso Stefana, Marco Parente, Enrico Gabrielli e altri. Una campagna acquisti importante, Zeman sarebbe fiero di te. Che schemi avete usato per realizzare il disco?
Ma, direi una zona mista anche se in fase di produzione io marcavo un po' tutti a uomo. Squadra corta e ripartenze improvvise. Ovviamente senza troppa preoccupazione di finire in fuorigioco.

E dal vivo che squadra scende in campo?
Quest'estate ho testato alcune soluzioni: devo dire che essere stato accompagnato dagli Zen Circus a Italia Wave è stato piuttosto eccitante. I titolari saranno Gionni dall'Orto al basso, Andrea "Druga" Franchi alla batteria e Andrea Allulli alle tastiere, con qualche innesto a sorpresa di tanto in tanto a seconda della città dove suonerò. Molti amici colleghi mi chiamano per complimentarsi e per farmi presente che avrebbero piacere a suonare il disco in qualche live. Per me questo è un onore e non vedo l'ora di soddisfarli tutti. Io suonerò di base la chitarra acustica.

Una vita con i Mariposa a fare dischi con l'etichetta Trovarobato e poi esci da solista per Urtovox. Strano, no?
Ma no, non credo sia strano. Proprio perché avevo sempre lavorato con Trovarobato (a parte la parentesi Aiuola con gli Amore), avevo il desiderio di confrontarmi con altre persone, con altre realtà discografiche. In Urtovox ho trovato una bella opportunità.

Nella tua carriera hai conosciuto praticamente ogni angolo della scena musicale italiana, collaborando con gran parte di essa. Sei un personaggio ricorrente nelle faccende musicali di casa nostra. Dove siamo oggi e cosa può esserci domani per la questione-musica italiana?
Io sono molto fiducioso, anche quest'anno sono uscite tante cose belle. Quando un paese vive un periodo di grande crisi generale la comunità artistica riesce sempre ad avere buone cartucce da sparare.

Pittore, insegnante di teatro, poeta, scrittore, violinista, cantautore. Perché ha ancora senso credere in tutto questo oggi?
Non sto molto a chiedermi se ha senso quello che faccio. Magari dietro alle cose che si fanno non c'è necessariamente un credo ma soltanto un bisogno, la ricerca di qualcosa come la stasi dinamica, l'autoconoscenza, lo spingersi oltre le gratificazioni. Io, in onor del vero, piego quasi sacralmente verso l'espressione artistica e devo dire di essere un fedele piuttosto iper-praticante. Forse se non credessi in tutto questo avrei fatto già il provino per X-Factor.

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L'articolo Alessandro Fiori - via Mail, 11-09-2010 di Stefano "Acty" Rocco è apparso su Rockit.it il 2010-09-13 00:00:00

COMMENTI (4)

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  • cannonjack 14 anni fa Rispondi

    miii 34 anni????
    ne dimostra 10 di +

  • foolicarecords 14 anni fa Rispondi

    disco bellissimo.

  • viaaudiorecords 14 anni fa Rispondi

    E Proprio Stasera ce lo godiamo al Tambourine :)

  • nur 14 anni fa Rispondi

    cuoricini per alessandro (e stef!). bravo bravo bravo.