La terapia elettronica di whitemary

Musica elettronica, testi in italiano e studi jazz: la cantante romana ci presenta il suo primo progetto solista "Alter Boy!!!" che presenterà questa sera sul palco del MI AMI TVB

whitemary si esibirà al MI AMI TVB
whitemary si esibirà al MI AMI TVB

Whitemary è musica elettronica fatta in breve, d’impulso, terapeutica, esorcizzante: testi in italiano, sintetizzatori analogici e vibes techno. 

All'anagrafe Bianca, di base a Roma e con un percorso di studio che arriva dal jazz. Componente anche dei Concerto insieme ad Alessandro Donadei, pubblica a dicembre del 2019 il suo primo EP solista Alter boy!!! che suonerà stasera al Circolo Ohibò sul palco del MI AMI TVB (trovate i biglietti qui).

Le abbiamo fatto qualche domanda. 

whitemary
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Nei Concerto suonavi i synt e cantavi. Il tuo progetto solista è la reale estrapolazione da quel contesto? 

Quando ho cominciato a lavorare insieme ad Alessandro, 4 anni fa più o meno, sapevo veramente poco di musica elettronica. Lui già lavorava da qualche anno al progetto e cominciammo a fare alcuni featuring insieme per divertici; poi siamo diventati un duo. Con i Concerto ho fatto un lavoro di scoperta e studio molto impulsivo e genuino. Grazie ad Ale e ai Concerto ho trovato il mio spazio musicale. Whitemary è un progetto molto personale, ma non esisterebbe senza i Concerto. 

Perché hai deciso di cimentarti in questo progetto? Preferisci lavorare da sola? 

Fino all’anno scorso non mi sentivo pronta per lavorare da sola. Riuscivo a stare chiusa in studio solo poche ore, poi perdevo entusiasmo; non riuscivo ad avere la visione completa di un brano, e soffrivo un po’ la solitudine musicale, mi dispiaceva non condividere e sviluppare un’idea senza un’altra persona. A Febbraio 2019 sono andata a Londra per sentire un live, e sono tornata gasata come non mai. È stato molto strano, sentivo un impulso irrefrenabile, finalmente volevo stare da sola in studio, e così ho fatto. Il progetto Concerto non è concluso assolutamente, ma anche Ale sta lavorando a cose nuove (ha ripreso la chitarra in mano con tonnellate di distorsione, e sta preparando pezzi con voci e riff fuori di testa). Lavoriamo insieme da tanto, stiamo comunque facendo pezzi nuovi, ma ci stiamo prendendo più spazio individuale. 

A chi ti ispiri? 

Più che ispirazioni le chiamerei ossessioni temporanee, ascolto dischi e brani a ripetizioni a seconda dei periodi. Al momento abbiamo: Murmuration dei Simian Mobile Disco, Zandoli di Cherlotte Adigéry, Bubble gum dei De Staat, EP2 di Yaeji, qualsiasi singolo di Miley Cyrus. Per inserire qualcosa in italiano aggiungo anche Mi senti di Roisin Murphy. 

Studiare jazz quanto si è rivelato importante? 

Al di là del gusto i musicale, il jazz è un modo di concepire e ascoltare la musica. Per me è stato fondamentale per sviluppare un gusto personale. Il jazz è un mondo che dà tantissimo spazio alla libera interpretazione e improvvisazione, senti di dover suonare e cantare un brano nel tuo modo, senza imitare precisamente un altro artista. 

La tua musica ha una marcata sfumatura tribale: con la musica elettronica, è più facile cantare in inglese? 

In alcuni casi si, è tutto più ritmico e anche cool, ti capiscono ancora in pochi e non ti senti esposto. Ma le parole italiane hanno una ritmica inconfondibile: ripetere a loop alcune frasi crea cadenze e atmosfere particolari che mi hanno preso da subito. A volte ero imbarazzata per le cose che scrivevo ma le parole venivano fuori, quindi ho deciso di proseguire. 

whitemary
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È un progetto che da più importanza al suono o ai testi? 

I testi sono conseguenza dei suoni, ma il fatto che una cosa venga dopo un’altra non vuol dire che sia meno importante. Ho bisogno di un input per scrivere, ma le parole poi pesano molto, anche per il suono che producono quando le pronunci, non solo per il significato. 

Paralaci del progetto "Jammit"

Che bello, sono contentissima di potervi parlare di questo progetto! È una jam-session che nasce quattro o cinque anni fa, da musicisti per musicisti. È stata un’unione di tante cose casuali: un gruppo di amici che abitano tutti vicini (e a Roma non è scontato); la passione per la black music, anche se poi ci siamo allargati ulteriormente, suonando pezzi dai Men I Trust ai Parcels; la voglia di organizzare una jam “scialla”, senza limiti di generi, senza competizione, per incontrarci tra noi amici e conoscerne di nuovi; un posto che ci ha accolto come figli, la Cantina di Ousti, una vera e propria cantina che sapeva un po’ di rock’n’roll, un po’ di casa. Jammit inizia sempre con una nostra apertura di cinque o sei pezzi (Francesco Aprili - batteria, Benjamin Ventura - piano, Emanuele Triglia - basso, Raffaele Sperati - chitarra, io alla voce) e poi inizia la jam-session. Non vi nego che si beve tanto e si fa sempre molto tardi: la convivialità è parte integrante di Jammit. Vorremo organizzare qualche piccola trasferta a Bologna e Milano, così magari la famiglia si allarga con nuovi musicisti! 

 

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L'articolo La terapia elettronica di whitemary di Redazione è apparso su Rockit.it il 2020-02-12 11:54:00

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