Informazioni c.s.a. Jan Assen - Salerno

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Il Centro Sociale
Parlare dell’esperienza del Centro Sociale Asilo Politico di Salerno significa porre l’attenzione su una esperienza comunitaria composta da una variegata umanità il cui collante è dato da tre componenti fondamentali: Politica | Cultura | Esistenza.

Queste hanno determinato che una struttura edile, scheletrica ed abbandonata, posta ai margini di una città semi metropolitana, diventasse centrale nelle attenzioni della vita politica locale. Come simbolo di recupero di una area abbandonata e restituita alla comunità con funzione sociale e come modello aggregativo generazionale.

Il Recupero delle Aree Dismesse caratterizzò la parte iniziale delle attività del nostro Centro Sociale a partire dall’esperienza dell‘occupazione della “Fabbrica Marzotto” da parte di nuclei di senza tetto. Ragazze madri e giovani coppie occuparono una struttura industriale salernitana, al fine di trasformarla in abitazioni effettuando una vera e propria espropriazione proletaria di un simbolo del capitalismo: La Fabbrica.

Questa fabbrica e la Zona industriale rappresentano lo sfruttamento e lo sperpero di denaro pubblico. Il Conte Marzotto, come molti, in nome della industrializzazione del Sud, si appropriò di fondi pubblici e gratuitamente divenne proprietario di vaste aree demaniali. Enormi incentivi che produssero esclusivamente il risultato di: produrre nuovi disoccupati, inquinare terreni ed aria, trasformare un’area a vocazione agricola in un deserto di cemento.

Il nostro intervento a fianco dei senza tetto della ex Marzotto, da molti compagni non compreso, fu molto importante, perché coincise con i primi tentativi di trasformazione neoliberista del territorio da parte della nascente giunta di centrosinistra.

Giunta Neoliberista che ripropose in seguito, in quella stessa area, gli stessi cliché degli inizi degli anni ’60, attuando forme di ristrutturazione economica caratterizzate da enormi contraddizioni di un non ben definito modello economico urbanistico denominato ‘Grandi Opere’ e di riconversione di siti industriali (ex Ideal Standard – Etheco ecc.) in attrazioni turistiche e sedi di società finanziarie.

Le ‘Grandi Opere’ e la ‘Città Turistica’, sono le linee guida di un modello economico basato prettamente sulla precarietà dei rapporti di lavoro e sull’assenza di una scientificità di uno sviluppo economico, a discapito del rapporto armonico uomo natura.

Miopi furono allora alcuni compagni, miopi furono le associazioni ambientaliste riguardo le proposte provenienti dagli occupanti della Marzotto e dal Movimento Autonomo Disoccupati Organizzati (organizzato in un primo momento dai compagni del c.s.o.a.).

In tempi non sospetti essi proposero modelli socio-economici e urbanistici tesi a determinare una città a misura d’uomo e non di merce. L’era De Luca si accingeva a gestire la ristrutturazione. Molti di coloro che allora condivisero tale operazione economica ed urbanistica, che di fatto determinò una reale trasformazione estetica della nostra città, ora riscontrano, ricredendosi, che ad una bella operazione di facciata non corrisponde il soddisfacimento di bisogni primari, quali un reddito ed un mare pulito. Ora assistono inermi alla privatizzazione del patrimonio e dei servizi pubblici.

Il quartiere degradato, la periferia e le aree industriali, veri cimiteri di cemento armato, rappresentano le scenografie in cui il fenomeno dei Centri Sociali in Italia, dagli inizi degli anni ’90, ha avuto la sua genesi e la sua progressione.

La novità politica e culturale dei centri sociali ha recuperato un patrimonio storico basato sul protagonismo politico che, dopo il crollo del muro di Berlino, il disfacimento dell’Unione Sovietica, la fine del sogno Nicaragua, sembrava ormai dissolto.

I Centri Sociali determinano un ampio contenitore di resistenza politico culturale teso alla riappropriazione di un agire politico basato su principi quali: l’Antifascismo, l’Internazionalismo, la Lotta di Classe, che dall’inizio degli anni ’80 fino ai ’90, le cariatidi di uno pseudo riformismo del P.C.I., causa la loro miopia politica e l’affarismo aziendale caratterizzante la propria ragion d’esistere, davano per sepolto.

Arroganza e miopia che portarono i vari Violante, D’Alema, Veltroni finanche a giudicare anacronistici i festeggiamenti del 25 Aprile ed alla revisione storica della Resistenza fino a rivalutare l’idealismo dei giovani (criminali) della Repubblica Sociale Italiana di Salò.

Fu la vittoria elettorale di Berlusconi e delle destre che diedero una scossa ad una sinistra arrogante e inserita pienamente nei gangli del potere.

La sinistra complessivamente si trovò di fronte alla concretizzazione di quei fantasmi storici (destra post fascista nei punti chiave della politica e dell’economia) con l’aggravante consapevolezza di una poco credibile opposizione sociale nel paese. Come negli anni ’70, la presenza di una sinistra antagonista, con la propria metodologia e memoria storica determinò una moltitudine di movimenti, contribuendo, insieme ad una ripresa delle lotte operaie ed al movimento sindacale di base (COBAS), ad arginare le restrizioni e le negazioni dei diritti, che oggi fanno tragicamente parte della nostra quotidianità.

E’ in questo contesto storico che il fenomeno politico dei Centri Sociali da marginale diventa centrale nella vita politica del nostro paese, fenomeno che è bene ricordare ha valicato i confini italiani per diventare europeo (Germania, Spagna, Francia, Austria, Inghilterra…) dando peso e sostanza al movimento che da Seattle prende il nome di NO GLOBAL. A Salerno come in Italia una struttura geograficamente marginale divenne un contenitore di idee e di umanità che rivitalizzò una città piatta mentre l’agire politico della sinistra si consumava all’interno delle sedi di partito.

Salerno grazie al centro sociale è rientrata in un circuito nazionale ed è stata aggiornata sulle avanguardie musicali e teatrali nazionali e internazionali. Inoltre rappresenta una continuità storica con il Centro Sociale Barone Rosso di via Pio XII occupato nel 1978 (il primo centro sociale occupato del Sud) e fra i primi cinque in Italia (il primo fu il Leoncavallo di Milano) e con l’Associazione Culturale Andrea Proto (ex Circolo Lavoratori del Comune di Salerno) al cui interno venne a costituirsi il ‘Comitato Su La Testa’ che faceva propria la necessità storica di una rilettura e quindi di una metodologia politica e di un agire libertario avulso da logiche di partito.

Il ‘Comitato Su La Testa‘ ebbe subito visibilità ed inoltre rappresentò l’ossatura che permise e che permette l’esistenza del C.S.O.A. AsiloPolitico oggi c.s.a Jan Assen

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