Meg - MIlano, 03-05-2008

(Meg - Foto di Umberto Nicoletti)

Le impercettibili sfumature di una persona. La dizione corrotta. L’infantilismo maggiorenne. La consapevolezza dei suoni. La terapia della musica e la droga terapeutica. La voglia di farsi da sé. Meg è quello che i 99 posse non potevano fare. Nonostante Psycodelice segni un passaggio buono-ma-non-troppo per la sing-producer napoletana, la direzione - come capirete dall’intervista di Michele Wad - è colorata nel modo giusto: gioia di vivere.



Meg è: 99 posse, dolcezza, e Napoli. Ci sono altre immagini che vorresti evocare?
Mmm…dunque…mmm…non lo so.

Vale anche se ti bastano quelle…
Mi fa piacere pensare che la gente mi possa accostare ad idee come ‘la gioia di vivere’, la ‘musica elettronica’, la ‘saggezza totale’. (ride, NdA)

Quindi la musica elettronica, in maniera quasi antitetica col precedente disco, vorresti diventasse la fotografia della nuova Meg?
Nell’altro disco c’era la musica elettronica intrecciata con alcuni strumenti suonati, in questo sicuramente la preponderanza ce l’ha la musica elettronica. Semplicemente è il mio modo di lavorare, il mio modo di comporre passa attraverso il computer. Lavoro sempre prima con l’elettronica.

Tutto in prima persona?
Certo, poi con Stefano (Stylophonic, NdR) abbiamo coprodotto l’album, io sono arrivata da lui con dei pezzi già miei molto definiti. In Italia non si è molto portati a pensare che una ragazza possa fare un certo tipo di cose col computer…

Addirittura…
Bè si, siamo un paese molto provinciale.

In effetti. Da quale software è nato “Psychodelice”?
Uso il Logic.

Il tuo passato come giudicherebbe questo step evolutivo di Meg?
La gente che rappresenta il mio passato ascolta e mi dice se gli piace o meno. Poi sicuramente sono di parte, però mi fido del fatto che se una cosa li fa emozionare sono autentici nel momento in cui lo dicono.

Nel casino di Youtube si può trovare un video attempato da Red Ronnie con te e i 99 posse, Jovanotti che faceva rap e Stena dei Reggae National Ticket. E’ cambiato tutto.
In dieci anni possono cambiare tante cose internamente pur rimanendo se stessi. Infatti prima quando dicevi dei due dischi antitetici, non sono tanto d’accordo, userei più la parola complementari. Una persona è fatta di mille sfaccettature che servono al completamento della persona stessa. Quindi spero di continuare a fare dischi sempre diversi tra loro.

La nuova musica italiana invece come è cambiata?
Per quanto riguarda la musica in Italia,..mmm…mmmm..

E’ cambiato tutto…
Tu a che punto di vista ti riferisci?

Già semplicemente il fatto che i nomi che ho citato non esistono più o esistono in altre diversissime forme..
Bè i 99 posse si sono sciolti, e…

Ma anche quello che resta dei 99 posse ha cambiato totalmente pasta. Come per esempio I Tre terroni di Zulù e Bisca,..
Non l’ho ascoltato. In generale secondo me ognuno di questi musicisti in dieci anni si è evoluto radicalizzando ed estremizzando le proprie scelte artistiche.

Forse è anche la proiezione del fallimento dei centri sociali, di cui sembra quasi fuori moda parlarne..
Per quanto riguarda l’essere fuori moda dicendo certe parole, io non ho mai rincorso le mode e non mi sono mai preoccupata di essere cool. E mai lo farò. Spero.

Ai tempi una trasformazione dance come potrebbe essere questo tuo disco, sarebbe stata presa come una sorta di tradimento…
Credo che l’Italia sia in parte un paese pieno di pregiudizi, sia allora che oggi. Eppure all’epoca credo che con i 99 abbiamo fatto cose molto più Pop di quelle che sto facendo io oggi, anche molto più dance volendo. Molte cose venivano ballate sia nei centri sociali che nelle discoteche, ed è stata quella la forza rivoluzionaria, far ballare e far riflettere contemporaneamente..

Cioè il divertimento non invalida la coscienza…
Assolutamente: non è detto che il divertimento sul dancefloor annulli il pensiero, anzi.

E un beat electro può annullare l’effetto di un messaggio non banale e magari socialmente rilevante?
No, no, assolutamente. E’ l’uso che tu fai delle cose a generare determinati meccanismi e contenuti, è il progetto che c’è dietro le cose che parla e si difende da sé.

Quando dici queste cose pensi a qualche nome in particolare?
Mi vengono in mente i Kraftwerk che sono stati un po’ gli iniziatori della musica elettronica o Laurie Anderson che su basi super-elettroniche diceva cose in maniera molto minimale che però parlavano di società, di realtà, di contraddizioni.

Un po’ come hai provato a fare tu, no?
Io cerco sempre di mettere nei miei testi la mia realtà interna e la mia percezione della realtà esterna..

Ma tipo quando dici “make me change my mind” con chi parli, a chi ti riferisci?
Quello è un testo in cui parlo d’amore. Semplicemente è la sensazione di…mmmm…mmm..

Ti inibisce parlare dei testi delle tue canzoni?
Per me è sempre un po’ difficile spiegare cosa volevo dire in un testo…

Il messaggio sembra molto diretto a qualcuno…
Alla persona amata. Come dire “ti prego fammi cambiare idea, sento talmente la tua mancanza”.

E’ la stessa persona, o lo stesso meccanismo, a cui chiedi di farti sentire distante da ciò che più a cuore ti sta?
Sono due cose diverse, in “Laptop Love” si parla del fatto che appunto sento talmente la mancanza della persona amata che in maniera paradossale chiedo all’altro ‘ti prego non farmi essere così innamorata di te’..

Un disco sbocciato da tanto amore, per una persona, per Napoli,..
Si, si, si.

Un disco innamorato?
No, che brutta parola.. (si ride, NdA)

Un po’ sanremese..
Mi fa pensare ad una cosa rosa…

Bè la copertina è un po’ rosea…
Si, ma non è rosa, è fucsia. E’ un colore diverso, un colore più punk, più elettrico, che vibra, che pulsa. Non è delicatino. Preferisco la parola “amore” come dicevi tu prima. L’innamoramento è una cosa passeggera, l’amore invece resta.

E la distanza resta o è passeggera?
Riguardo a “Distante” è un altro tipo di riflessione la mia, riflettevo sul fatto che spesso siamo portati, per una questione di fragilità, a rifugiarci nella coppia per sfuggire ai problemi pesanti ed opprimenti della realtà e chiediamo al partner di farci sentire distanti da ciò che invece dovrebbe starci più a cuore, cioè la realtà stessa, in maniera molto infantile e immatura.

L’infantilismo è una questione di marketing o di qualità?
In canzoni come “Distante” io ovviamente non sto parlando di me, io sono la persona più saggia e matura della terra (ride, NdA).

Quando hai scritto pezzi come “Running Fast” invece non pensavi all’amore, ma alcuni hanno scritto che è una canzone ispirata alla scomparsa di Carlo Giuliani..
Si, e’ una canzone nata dal ricordo di quel terribile 21 luglio 2001..

Può avere ancora un senso sovversivo o un effetto antisociale parlare di un episodio come quello, sette anni dopo in una situazione politica italiana che è totalmente imbruttita...
Assolutamente si. Soprattutto alla luce del fatto che i colpevoli di quella giornata non sono ancora stati puniti.

E forse non lo saranno mai…
Esatto, sono quelli che più che mai in Italia godono dell’immunità per eccellenza... vedi io trovo che sia, mmm..che parola hai usato tu?

Sovversivo? Antisociale?
Si, non è importante pensare a priori di dissentire o di star facendo una denuncia sociale, per me è importante parlare di ciò che sento. Di ciò che in qualche modo è urgente che venga da me messo dentro una canzone che è la forma di comunicazione che io ho a mia disposizione.

Cioè non partire preparati alla rivoluzione…
Si, non decido a tavolino di fare un pezzo sovversivo..

Come e dove hai scritto quel pezzo?
E’ successo che una notte di due anni fa mi trovavo in camera mia a lavorare al mio computer, e stavo con la Tv accesa ma con l’audio Off. Con la coda degli occhi ho visto qualcosa di famigliare e mi son girata e ho visto immagini di quella giornata fatidica e a 5 anni di distanza dall’episodio c’era Enrico Ghezzi che a Fuori Orario mandava minuto per minuto quella giornata del 2001. In un primo momento non volevo guardare ma poi invece ho alzato il volume e sono rimasta lì incollata a rivivere quei momenti tragici. Per cui la canzone è stata il frutto di quel deja-vu.

Nonostante le parti allegre, che sia healing o music therapy, “Psychodelice” mi sembra un album molto notturno…
Ah si?

Così mi sembra..
Bello!

Ma la linea sottile tra fascino, dolcezza e noia non ti fa paura?
No, anche perché nel disco ci sono pezzi poco morbidi come “Promises” o “Napoli città aperta”...

“Napoli città aperta” per assurdo suona anche parecchio vellutata…
Ah si? Forse perché sei un uomo e hai bisogno di cose più toste (si ride, NdA).

Quanto è illimitata la tua etichetta Multiformis?
Multiformis è una parola che ho letto in un libro di Marguerite Yourcenar che s’intitola “Le memorie di Adriano”. C’è un capitolo intitolato “Various, Multiplex, Multiformis”…

Che si dice in quel capitolo?
Quelli sono i tre aggettivi che il protagonista, Adriano che parla in prima persona, ad un certo punto capisce di avere dentro di sé come parole chiave della sua natura piu’ profonda e capisce che la sua stessa vita e il suo mettersi in gioco poggiano su queste tre parole. In questa cosa mi sono molto riconosciuta,..

Cioè?
Cioè che amo molto l’idea di non dovermi fossilizzare in un genere musicale o in determinate certezze, in ciò che la gente si aspetterebbe da me, come cosa rassicurante per loro e per me.

Nell’illimitatezza concettuale della tua indie-label pensi possa trovare spazio qualche produzione oltre le tue?
Mi piacerebbe molto, ma non né avrei la possibilità economica..

Un tuo bullettin su Myspace qualche giorno fa incitava a supportare la musica indipendente italiana…
Si, per me è inutile per la gente continui a lamentarsi del fatto che la musica italiana sia piatta e noiosa se poi ci si scarica da internet le cose degli stessi musicisti che si stimano. Oggi chi compra un tuo cd, sta letteralmente finanziando il tuo progetto.

Ma se pensi alla musica indipendente italiana che tipo di realtà ti vengono alla mente?
Penso agli Elio E Le Storie Tese, ai Linea 77 che dopo un percorso da indipendenti hanno firmato con una major. Ed è positivo secondo me dopo aver fatto un percorso di quindici anni tostissimo, rimboccandosi continuamente le maniche, avere come risultato un buon contratto con una major…

Ma quindi secondo te musica indipendente è sinonimo di underground e non è altro che il percorso verso il contratto major o la musica indipendente può vivere di musica indipendente?
Secondo me tutte e due. Certo la prima opzione è sempre la più difficile visto il periodo di crisi drammatico che le major rischiano raramente di investire nelle cose underground, cosa che invece è successa negli anni 90. Ma all’epoca c’era un mercato che…

Diciamo che c’era un mercato.
Si, esatto. Adesso c’è ancora, è molto più piccolo e limitato però c’e ancora.

Vuoi dire che c’è ancora qualcuno che compra cd..?
Si, qualcuno. (si ride, NdA)

Tutti sembrano benedire il Dio dei live…
Sicuramente l’attività live rimane quella più remunerativa, ed è proprio lì che il musicista stesso, facendo di necessità virtù, s’inventa diverse forme live…

Ho visto concerti tuoi con pianoforte e trombone, per questo disco dimmi che non sarà solo Laptop e microfono?
No, ci saranno alcune situazioni in cui suonerò in stile dj set, ma per il live vero e proprio ci sarà una band, e per quanto è elettronico il disco e per quanto sarà elettronico il live ci sarà una band di esseri umani che sudano, che sbagliano e improvvisano.

Volevi chiamare il disco “Antidoto”. “Psychodelice” lo immaginavi come l’andidoto a cosa?
Credo che in una società sempre più mortifera la gente sia alla ricerca sempre più di antidoti, di sostanze che servano a neutralizzare un veleno che se no ti ammazzerebbe. E riflettevo sul fatto che la gente si trova gli antidoti più disparati, la lettura di un libro...

Il Myspace
il cibo, il sesso..

Per te?
Per me la musica sicuramente..

Quindi era un antidoto per te stessa, non offrivi alla gente un antidoto...
Si, per me (sorride, NdA). Solo che per me la musica è spesso una vera e propria droga a cui devo poi trovare un altro antidoto..

Lo hai trovato?
L’autenticità è l’unico mezzo per fare delle cose un uso il più sano possibile. Conoscere le parti di sé nel bene e nel male, in maniera coraggiosa e ironica, è l’unico modo per avere un rapporto con la realtà, o in questo caso con la musica, il più sano possibile. E’ così che poi è nata la parola Psychodelice…

Delizia della psiche…
Si, lo stare in pace con sé stessi, sapere che questa è la tua strada, la tua vita.

Una psichedelia che salta da CSS e M.I.A…
Si, sono alcune delle cose che ho ascoltato durante la creazione di questo disco..

Gli Almamegretta nell’ultimo album dicono Napul nun sona cchiù com a na vot. Condividi?
Non so bene a cosa si riferissero loro, Napoli è sempre stata una terra assediata, offesa, sfruttata, stuprata, lo è da sempre. Per cui da questo punto di vista suona come sempre. Forse ciò che non suona come dieci-quindi anni fa è l’ottimismo che invece sembrava stesse nascendo grazie al sogno di Bassolino..

Sogno che è diventato un incubo…
Si è sgretolato, sicuramente, Napoli è la voce di una questione meridionale ancora aperta da cento cinquant’anni a questa parte. Il meridione, come forse saprai bene anche tu che sei pugliese, è sempre stato sfruttato ma non è mai stato effettivamente un’area dell’Italia che seriamente si voleva supportare da parte del governo centrale. Lotta alla camorra, sviluppo dell’imprenditoria giovanile, turismo. Cioè ti rendi conto che Napoli è una città che potrebbe vivere di solo turismo...

Nessuno sembra capire però chi, dove e come si può pensare ad un tentativo di soluzione…
La camorra non la combatti soltanto con un sindaco di sinistra. In Italia la prima potenza economica è proprio la criminalita’ organizzata: questo non è solo un problema del sud o di Napoli. Napoli è lo specchio di come funziona il nostro paese, non è un problema di ordine locale, è lo specchio di certe dinamiche nazionali, l’Italietta è questa.

Ma Napoli è così vittima di quello che l’Italia non ha saputo fare?
Credo che , si’, stiamo parlando di un problema di vasi comunicanti molto complesso.

Il suono della nuova Napoli invece?
Ho sentito un rapper molto bravo che è in realta’ di Avellino se non sbaglio, si chiama Ghemon Scienz...

Ha suonato al MI AMI ANCORA a Febbraio…
E’ molto bravo, c’ha uno stile di scrittura che mi piace tantissimo. E’ bravo, bravo, bravo. Poi ovviamente CòSang, Clementino, e poi di tutt’altro genere, gli Atari.

Oltre ai luoghi comuni dei Tg, dimmi qualcosa di bello di Napoli…
Napoli è una città fantastica, potremmo star qui giorni e giorni a parlare di quanto è bella Napoli..

Al mare ci vai?
Certo,..

Cioè risenti del fascino e della poesia di avere il mare in città?
Risento? Io sono una creatura acquatica.

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L'articolo Meg - MIlano, 03-05-2008 di Michele Wad Caporosso è apparso su Rockit.it il 2008-05-12 00:00:00

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