Breve storia dell'encefalofono, lo strumento musicale che si suona col pensiero

È da molto più tempo di quello che sembrerebbe che ricercatori, scienziati, musicisti e affini cercano di creare uno strumento suonabile col pensiero.

David Rosenboom
David Rosenboom - via artblart
14/07/2017 - 15:01 Scritto da Pietro Raimondi

L'anno scorso un team statunitense ha pubblicato un resoconto di ricerca sulla trasformazione di input cerebrali, ricavati con lo stesso metodo usato dall'elettroencefalogramma, in suoni. L'obbiettivo è quello di creare l'encefalofono, uno strumento musicale suonabile solo con i pensieri.

Per quanto la notizia possa sembrare all'avanguardia, l'idea dell'encefalofono risale sorprendetemente ai primi anni '40, quando R. Furth, fisico matematico, e E.A. Bevers, fisiologo, all'Università di Edimburgo combinarono un elettroencefalografo con la tecnologia di un sonar, ottenendo un feedback sonoro per ogni picco di attività cerebrale.

 

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Erkki Kurenniemi

Il secondo encefalofono di cui si ha traccia è in qualche modo collegato all'Italia. Si deve infatti a una pioneristica Conferenza di Elettroacustica organizzata dal Teatro Comunale di Firenze nel 1968 l'incontro tra Erkki Kurenniemi e le idee di Manford L. Eaton sul biofeedback come risorsa per la composizione musicale.

Kurenniemi era un designer, filosofo e musicista elettronico finlandese, morto solo qualche mese fa, a Maggio 2017. Tra la quantità sconfinata di esperimenti che ha condotto cercando nuovi metodi di generazione del suono, in particolare due suoi strumenti musicali, il DIMI-T e il DIMI-S, sono molto collegati alle ricerche di Eaton che ha potuto conoscere a Firenze nel '68. 

Gli strumenti di Kurenniemi trasformavano in suoni impulsi cerebrali di vario tipo (ad esempio a partire dagli occhi). Qui possiamo vedere un DIMI-S suonato collettivamente in una performance dal vivo. Probabilmente a Kurenniemi interessava studiare i biofeedback degli organi di relazione, creando musica nel momento in cui i corpi interagiscono.

 

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Un altro musicista sperimentale che ha esplorato il mondo dell'encefalofono è lo statunitense David Rosenboom (in copertina). David ha scritto un intero album chiamato Brainwave Music. A lui interessava l'aspetto di "multidimensionalità", che nella sua visione sarebbe stata la caratteristica principale della nuova musica nei decennni successivi agli anni '70.

Oltre a Rosenboom, al momento, sono vari i lavori che girano attorno all'encefalofono. Ci sono ad esempio gli studi citati all'inizio dell'articolo, che sono riusciti (con un casco da elettroencefalogramma e due computer) a trasformare input mentali collegati a apertura/chiusura degli occhi e intenzione di effetuare movimenti a suoni in scala di do, arrivando a un controllo dello strumento molto avanzato (guarda un recente encefalofono suonato dal vivo). Inoltre c'è il lavoro di Eduardo Reck Miranda che studia il controllo mentale degli strumenti e la musica elettroacustica, anche nella prospettiva di aiutare persone con disabilità a esprimersi attraverso di essa.

Eduardo Reck Miranda.

 

È proprio il lato terapeutico dell'encefalofono che rende la ricerca intorno ad esso più interessante dal punto di vista pratico. Non solo può essere utile per far esprimere persone che hanno il proprio cervello come unico organo cosciente, ma anche per la diagnosi di malattie legate all'attività cerebrale e nel trattamento di esse, la musica si è già rilevata fondamentale in varie fasi di diversissimi trattamenti terapeutici nella storia e l'encefalofono rappresenterebbe un valido strumento in più.

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L'articolo Breve storia dell'encefalofono, lo strumento musicale che si suona col pensiero di Pietro Raimondi è apparso su Rockit.it il 2017-07-14 15:01:00

Tag: strumenti

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