Kaze voleva solo fare un disco

Fa l'attrice, la modella, ha "prestato" la voce ai Club Dogo e si scrive le canzoni da sé. Così, senza fare troppi calcoli, ha pubblicato "Post buio", un album che racconta una notte di festa dall'inizio alla fine

Le foto di Kaze sono di Sara Scanderebech
Le foto di Kaze sono di Sara Scanderebech

Si chiama POST BUIO (Island Records) ed l’album d’esordio di KAZE, all’anagrafe Paola Gioia Kaze Formisano. Nata a Nairobi, in Kenya, da madre burundese e padre napoletano, è cantante, attrice e modella, la sua voce (tra le poche oltre a quelle di Jake e Guè) si sente anche nell'ultimo disco dei Dogo. Perché è una gran bella voce, di quelle che servono al pop.

Qua si cimenta con la sfida di un intero disco, personale, scritto interamente da lei e co-prodotto da Wolfgang e Plastica. Sono 10 tracce con cui l'artista invita l’ascoltatore a partecipare a una notte di festa insieme a lei, nelle sue varie fasi che arrivano fino all'alba. Ci sono pezzi da club, pezzi "indie-pop" e ballad. Ci siamo fatti raccontare il lavoro che c'è dietro. 

Ci siamo viste a gennaio per la festa dell’uscita del disco di Club Dogo ai quali hai prestato la tua voce nel ritornello del loro brano Indelebili e ora eccoci qui, con il tuo disco d’esordio Post Buio in uscita. Come stai? Cosa provi?

Direi bene, dai, tu che dici? In realtà non lo so, mi sono raffigurata questo momento per anni e me lo sono immaginato in tutti i modi tranne che in questo perché adesso sono talmente presa da tutte le cose che è come se non me lo stessi vivendo, cioè come se guardassi me stessa dall’esterno che prepara tutto. Penso che la botta mi arriverà quando il disco uscirà realmente, è come se non avessi ancora elaborato, come se non ci credessi che sta succedendo davvero, sono un po’ sopra la luna, un po’ fuori da me, ma credo che sia anche giusto perché altrimenti l’emozione sarebbe talmente tanta che non riuscirei a gestirla. Sono felice perché il disco è uscito esattamente come lo volevo, senza compromessi e mi sono sentita rispettata da Wolfgang e Plastica, producer del disco. Sono davvero contenta del risultato e sono molto fiera rispetto a cose precedenti dove non ho avevo avuto lo stesso tipo di controllo, invece in questo caso il disco lo sento proprio mio. 

È talmente tutto tuo che non ci sono feat, una cosa rara di questi tempi.

In realtà ne avevo valutati due all’inizio, avevo due brani che avevo fatto con due persone che stimo molto, però poi nell’economia del disco mi son messa lì a guardare tutti i pezzi, a ragionare su che cosa volevo raccontare e questi feat erano sì molto belli, ma secondo me avevano un’altra destinazione. Spezzavano il ritmo del disco, spezzavano la narrazione e comunque ho detto vabbè ma è il mio disco d’esordio, che fa se non ci mettiamo i feat? Non è che dobbiamo metterli per forza e quindi sono contenta che sia tutto mio e delle persone che ci hanno lavorato perché di base effettivamente in questo percorso sono stata abbastanza sola, a parte le persone che mi sostengono a livello lavorativo. Ho scritto le mie cose da sola, mi piace scrivere da sola, mi piace maturare nella scrittura e pensavo che fosse coerente che il mio primo disco fosse solo mio.

Tutto tuo quindi, con la preziosa collaborazione di Wolfgang e Plastica; che rapporto hai con loro?

Wolf e Plastica sono due producer. Plastica è anche una dj, ha collaborato con altri artisti come Laila Al Habash, gira molto e lavora spesso nel mondo dell’elettronica e penso che abbia un’eleganza nel fare musica elettronica che poche persone hanno; l’avevo sentita in giro a qualche serata, è capitata l’occasione di lavorare insieme, e io mi sono letteralmente innamorata perché lei ha una mano delicatissima nel modo di trattare i suoni e soprattuto ti ascolta tantissimo. Un’altra cosa che amo di lei è che intanto è completamente fuori come gli artisti con cui lavora (ride, ndr), poi le proponi delle cose e non ti dice di no a prescindere, ma ti dice ok, proviamo, vediamo cosa esce. Anche in Non mi va, che è il primo brano che abbiamo fatto insieme le ho proposto di mettere sulla seconda strofa una parte rock dove facciamo entrare quasi a caso questa batteria e queste chitarre perché era un’idea che volevo trasmettere, quel tipo di rabbia lì. Lei mi ha guardato e mi ha detto va bene, facciamolo, una cosa che non mi era capitata molto spesso perché penso che nella musica ultimamente ci sia un po’ di paura di provare e sperimentare in funzione invece di cose che piacciono o funzionano, invece con Plastica mi sono sempre trovata molto bene a sperimentare.

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Che ci dici di Wolfgang?

Con Wolf siamo amici da tanto tempo, è stato il mio primo amico nella musica, è anche il chitarrista di Tananai, ho conosciuto tutto il loro gruppo tre anni fa e abbiamo creato un’amicizia; è il mio migliore amico, sa tutto di me, so tutto di lui, ci raccontiamo tuto e mi ha sostenuto nella crescita proprio ascoltando tutti i brani, dandomi consigli sinceri, mi ha seguito in tutti i live, anche quelli più piccoli, è sempre venuto ed è stato sempre molto sincero com me, qualità che apprezzo moltissimo nelle persone e inoltre ha un talento spaventoso. La prima volta che l’ho sentito suonare la chitarra ho detto: questa cosa la voglio nel mio progetto, e ha anche un orecchio pazzesco a livello di arrangiamenti, è una delle pochissime persone con cui riesco a scrivere. Io sono molto gelosa della mia scrittura, dello scrivere da sola, Wolf invece è una persona talmente rispettosa che quando ci mettiamo a scrivere mi sento molto a mio agio a condividere. Quindi ecco sono i miei amici e producer. 

Il titolo Post Buio sembra presentare un disco un po’ cupo, invece ci sono sì molti brani malinconici, ma è per lo più un bel disco fresco, dolce, positivo. 

Io volevo mettere nel disco tutte le mie sfumature, perché una cosa a cui tengo tanto sono le sfumature, anche nella vita, anche nelle emozioni, nella comunicazione, non è tutto bianco o nero, no? Anche una persona che si definisce molto forte o coraggiosa magari poi è una persona molto sensibile. Una delle cose che mi contraddistingue è che per vari eventi emotivi ho dovuto costruirmi una sorta di corazza gigantesca, un muro enorme intorno, ma di base dietro il muro c’è una bambina piccola a cui manca essere piccola e che comunque ha bisogno anche di amore e protezione. Queste sono tutte cose che nella vita quotidiana non riesco a tirare fuori, ma riesco a tirarle fuori quando scrivo e Post Buio nasce da lì, è il momento in cui finalmente riesco a respirare.

Che momento è per te?

Questo è per me un momento di serenità rispetto ad altri momenti invece molto molto bui e con Post Buio volevo sia onorare i momenti di buio perché secondo me mi hanno permesso di crescere tanto, sia dare sfogo a questa parte più genuina, più ingenua, questa parte che è un po’ più rilassata e tranquilla e può far uscire la bambina, la ragazza innamorata, la ragazza ingenua, cose che invece magari non riesci a fare quando stai vivendo i momenti più complessi. Quello a cui tenevo era riuscire a incapsulare tutto quello che succede dal buio a dopo il buio. Tra l’altro me l’avevano detto che poteva sembrare un disco molto cupo…

"Non accetto caramelle dagli sconosciuti come un bimba" è una frase di un brano che riassume un po’ tutti questi concetti e racconta una donna, un’artista, e pure una bambina, dolce e tenera.

Il pezzo che citi è in Sopra sta terrazza, che è uno dei primi pezzi che ho scritto, forse il quarto e l’ho tenuto lì, l’ho tenuto e tenuto, e quando abbiamo deciso di metterlo nel disco l’ho lasciato esattamente com’era nato in termini di scrittura, di testo; anche se sono maturata negli anni non ho voluto cambiare neanche una parola perché quella ero io in quel momento lì e io volevo chiudere il disco da dove è iniziato tutto ed è iniziato tutto in quei brani in cui ero meno matura. Sicuramente poi a livello di produzione lo abbiamo lavorato e reso un po’ più grande, però volevo tenere l’ingenuità delle prime volte in cui ho preso una penna e la carta e mi sono messa a scrivere; quel testo lì era giusto per chiudere il disco, fare il giro e tornare dove ero partita.

È stato faticoso realizzare queso disco? Perché all’ascolto sembra che ti sia venuto fuori molto naturalmente. 

È stata dura sì, nel senso che sono tutti pezzi nati in momenti diversi e non c’era l’intenzione di fare un disco, quando li scrivevo non sapevo che sarebbero finiti nel mio disco d’esordio. È stato strano infatti quando mi sono accorta che avevano tutti un elemento di coerenza e riguardavo tutti più o meno lo stesso momento emotivo anche se erano scritti in tempi diversi. Poi ci sono brani che ho scritto in quindici minuti tipo MDMA, mi ricordo che sono tornata da una serata, era quasi l’alba, mi sono seduta e ho scritto MDMA in un quarto d’ora, cioè ho scritto il pezzo nel post buio, quello che io considero il post buio della giornata.

MDMA è una canzone che pensi sia potente e da ballare, mentre invece è dolcissima, è una ballatona.

È un pezzo poco scontato, mi piace, ti aspetti appunto il pezzo da club spinto e invece è la ballad d’amore per eccellenza.

C’è un brano più sofferto degli altri?

Il più difficile e sofferto è stato Caramelle, la melodia del ritornello l’ho avuta in testa quasi due mesi ma non riuscivo a scrivere. Una volta eravamo con Wolf in sala prove, lui ha iniziato a suonare la chitarra e ho detto: questa è Caramelle, perché avevo questa parola in testa e quello che è poi il ritornello della canzone. Lui ha iniziato a suonare e il primo pensiero, la prima persona che mi è venuta in mente è stata mia sorella. Io non ho mai scritto niente per mia sorella ed è la persona che amo di più sulla terra, e ho fatto una fatica inquietante, perché qualsiasi cosa scrivessi mi sembrava o troppo superficiale o troppo cupo, non riuscivo a trovare l’ago della bilancia e li è stato fondamentale Wolf. Il  testo in alcuni punti era molto duro, molto cupo e lui ha avuto quell’oggettività necessaria per dirmi che la parte era molto bella, ma andava detta in un modo diverso altrimenti non sarebbe arrivata alla gente perché un po’ pesante. Per me quel pezzo era un pezzo solo mio, ma poi capisci che le canzoni devono essere universali e lui con delicatezza mi ha spinto verso una versione un po’ più universale del pezzo che però è rimasto sempre mio e di mia sorella. È stato il più tosto di tutti e penso che a cantarlo farò una fatica immensa perché è proprio difficile, ma quando esprimi queste sensazioni e le metti in un brano devi anche riuscire a sostenerle in qualche modo e non è semplice.

Stai preparando un tour? 

Sì e me lo sono già immaginata sul palco, dal vivo; anche quando ci siamo messi in studio pensavamo già a cose tipo: quando lo faremo live qui possiamo fare l’intro più lunga, qua le batterie le cambiamo, e cose così, è pensato per fare un live che mi rispecchi perché prima d’ora non ho avuto modo di esprimere tutte le mie sfaccettature anche nel live, invece con questo disco mi sento proprio a mio agio in tutte le tracce e voglio farle vedere e ascoltare anche dal vivo.

In queste dieci tracce ci sono tantissime sonorità, canti in italiano e in francese, c’è pop e cantautorato. Sei anche appassionata di moda e arte e ora sei anche attrice. Concili tutto facilmente?

Mi descrivi come una persona fighissima! Devo dire che mi sento molto poliedrica, essendomi spostata un sacco, avendo viaggiato un sacco anche per motivi familiari alla fine non mi sono mai legata ad una cosa, non mi piace chiudere le persone in un una cosa sola o due cose perché poi siamo talmente diversi, viaggiamo su binari talmente diversi che non è possibile per me. È vero, mi interesso a tante cose, ma ce ne sono tante altre in cui non riesco proprio, tipo la matematica, che non è mai stata la mia opinione, però mi piace sfidarmi da quel punto di vista e vedere se posso fare qualcosa di buono e farmi sorprendere da qualcosa di nuovo. Per esempio, dopo anni che volevo fare danza ho iniziato a farmi insegnare da un mio amico: ballare era una cosa che mi terrorizzava perché sono scoordinatissima. Però un giorno mi sono detta ma perché mi devo togliere la possibilità di capire cosa può fare il mio corpo? E quindi ho provato, con tutto l’imbarazzo che c’era, ma sono così, cerco di sfidarmi e farmi sorprendere da tutto ciò che ha da offrire il mondo. 

Ti senti più a tuo agio sul palco o sulla passerella visto che sei anche modella?

Sul palco assolutamente, perché in realtà il mondo della moda mi piace molto dal punto di vista artistico, nel senso che credo veramente che la moda sia un modo di esprimersi e se riesci a dare a qualcuno il vestito giusto tiri fuori veramente delle robe incredibili, però le dinamiche del mondo della moda secondo me devono fare un po’ di passi avanti, ci sono ancora tanti casi, tante storie di disturbi alimentari, tante problematiche legate a standard che non mi piacciono per niente, quindi tutta quella parte del mondo della moda è una parte che io rigetto perché mi ha dato molti problemi nella crescita. Il palco invece è un posto dove tu sei te stesso, così come sei, con il corpo che hai, con la faccia che hai e le persone ti apprezzano per quello che sei e vogliono conoscere tutti i lati dei te. Questa credo che sia la parte più bella del fare musica, stare sul palco, scrivere canzoni se riesci veramente a dare tutto te stesso e ad accettarti anche attraverso questa roba; la moda al contrario può essere un po’ limitante se paragoni le due arti.

Cosa ti auguri per questo disco, dove e a chi vorresti che arrivasse?

Quando ho iniziato a scrivere, come ti dicevo, lo facevo per me stessa, quindi un po’ per sfogarmi, quando poi ho iniziato a vedere quello che può fare una canzone per qualcun altro, quando mi sono arrivati feedback tipo grazie a questa canzone sono riuscita a elaborare una roba che non riuscivo a elaborare, ho capito che effettivamente c’è anche una funzione sociale nella musica no? Apprezzo molto le persone che mi seguono, abbiamo un rapporto molto bello, parliamo, chiacchieriamo, mi scrivono spesso di come li hanno fatti sentire i miei brani. 

Cos'è la musica per te?

Credo che la musica sia una delle cose che unisce di più, la musica ha questo potere e ti può salvare, tanti brani di altri hanno a loro volta salvato la mia vita. Io non ho sicuramente la pretesa di credere di poter salvare qualcuno con le mie canzoni, però se riesco a a creare un piccolo spazio sicuro per qualcuno sono felice; quindi l’augurio per questo mio disco è che diventi un po’ una coperta per qualcuno quando ha freddo e si sente un po’ solo. Cioè vorrei che le persone riuscissero a trovare conforto e spero tanto che venga capito; una delle aspettative che mi sono fatta è visto che mi ci sono impegnata tanto, e ci sono io dentro al cento per cento, mi piacerebbe tanto che questa versione di me la sentissero più persone possibile. Poi non si sa mai, il mercato è quello che è, quindi andrà bene in ogni caso: io volevo fare un disco, il disco è uscito e quello che accadrà accadrà e sarò contenta in ogni caso. 

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L'articolo Kaze voleva solo fare un disco di Carlotta Fiandaca è apparso su Rockit.it il 2024-04-17 10:42:00

Tag: pop album

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