Ultimo Attuale Corpo Sonoro
Memorie e violenze di Sant'Isabella 2009 - Rock

Memorie e violenze di Sant'Isabella

Tre poeti emarginati dalla società, misfatti irrisolti dal '15-'18 agli anni 50, denunce e chiamate alla sollevazione per non dimenticare. Il tutto tenuto assieme da un pseudo post rock (pseudo perchè loro non ci si riconoscono) fatto di basi elettroniche e un cantato/parlato che ricorda tanto la linea (a cui esser fedeli, sempre) emiliana dai C.S.I agli Offlaga di oggi. Con una serie di grandissimi rischi: il grado di saturazione dell'ascoltatore a certi temi, il fastidio dello stesso a dover anche leggere 14 pagine di booklet esplicativo, la pericolosità dello scrivere nella stessa pagine parole che suonano come grandi ideali mancati. O mai esistiti: la democrazia, questa grande sconosciuta. O il progressismo, l'anticlericalismo, la resistenza, l'avanguardismo.

Il disco degli Ultimo Attuale Corpo Sonoro non è una robetta. E' un lavoro complesso, che va quasi studiato per capirlo a fondo. E' una struttura a trittico: i primi tre brani sono incentrati sulla figura di Pier Paolo Pasolini, con l'idroscalo di Ostia che ritorna ossessivamente mettendo in primo piano una morte tragica, e su cui non si è fatta ancora luce. Ci sono forti momenti di pathos, una violenza urlata supportata dal giusto incalzare della musica, che si presta alla raffigurazione della scena. Altre tre tracce sono invece dedicate a Nazim Hikmet, poeta turco che ha regalato più di vent'anni della sua vita al carcere, dove finì per colpa della sua attività di "cospiratore" anti-nazista e di denunciatore dei massacri contro gli armeni. E' la parte in cui emerge un'anima più melodica, inquadrabile in una forma vagamente riconoscibile e tradizionale. L'ultima canzone parla, infine, della figura del francese Arthur Rimbaud, uno dei poeti maledetti con la vita forse più complicata e, anche qui, finita in malo modo. Jack Kerouac ne aveva romanzato la biografia, ed il titolo è un tributo anche al decano della beat generation.

Difficile tenere slegato il commento tecnico, musicale, da quello più viscerale dettato dai contenuti e dai testi. La direzione è giusta, si inserisce in un panorama in cui questi quattro ragazzi veronesi sono degli alieni. Riflettiamo: quante sono le band che cantano la denuncia? Quante quelle che evitano di parlare di amori complicati o vicende vagamente riferibili alla sfera personale? Ben poche, e qualcuno che ci faccia riflettere senza scadere nello stile combat che, alla lunga, ha ormai esaurito ogni tipo di interesse, serve eccome. Il punto è che in questo disco vanno a cercare in un passato troppo remoto, e la frustrazione è tanta quando ci si vede scorrere davanti la storia di oggi e si prova impotenza. Bene ripescare vicende di cui nessuno parla più: Ustica, la P2, gli anni della Dc. Però delle violenze di oggi che ne facciamo? La musica, inoltre, sembra sì creare dei momenti ad alta tensione, molto coinvolgenti, ma su disco è chiaro che tanti pezzi tutti molto seri e sulla stessa lunghezza d'onda non riescono a reggere. E mettono chi ascolta nella condizione di poter skippare avanti senza provare grossi rimorsi.

Dovranno trovare la loro strada, imboccare la via giusta per comunicare quello che hanno a dire, che ci riguarda tutti e che dovremmo cominciare tutti a sottoscrivere e amplificare, in un modo più asciutto, diretto e fruibile. Sono un po' un diamante grezzo da lavorare: speriamo che dalle parole passino presto ai fatti.

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