Amari
Poweri 2009 - Pop

Poweri

Un tempo lo sapevi anche tu (tu che le parole le impari dalla tv) che la cronaca vera avrebbe solamente sfiorato gli anni dei monitor accesi. Spiego meglio al popolo: il sistema va a puttane e tu ti sistemi puntualmente gli slip dopo che ti sei scopato la mano. E via, parliamo del niente. Vuoti come il frigo, come lo stile degli Uochi Toki, come il fascino dei poser, come le palle dopo una pisciata (dopo una pisciata?). Come gli Amari? No, aspetta però, questa recensione era meglio non farla. Perchè attorno al sassolino che cade nel laghetto si creano as usual solo cerchi concentrici di gente a cui sto inutilmente sul cazzo, e questo ci riporta tutti nella versione ridimensionata e sfigata del fallimento socioculturale sub-italiano. Aggiungici poi che io sono così lover che non li vedo nemmeno gli hater, e chiudiamola lì. La premessa era obbligatoria perché è risaputo che gli Amari, negli abbondanti 10 anni di carriera, hanno istituito un fortissimo fanbase di bloggers da gamera nonché di fans spesso provenienti dal loro stesso nerd est (collocazione non geografica, ma mentale). "Poweri" è un nuovo giro (facciamo un giro ancora un giro) nel suono pop colorato, sbagliato e vacuo della band di Dariella e Pasta. Cito Pasta per evitare l'errore diplomatico, qualcuno ci vuole nemici senza motivo, basterebbe leggere alcune nostre conversazioni via chat. Anzi per essere trasparente con i lettori ne copio-incollo a random un pezzo, uno di quelli tranquilli e senza insulti:
Wad: quando ascolterò questo nuovo fantasmagorico disco?

Pasta: ma se te l'avevo già proposto! ti avevo scritto tempo fa chiedendoti se lo volevi
Wad: vai manda
Pasta: ma mi devi promettere di non scrivere cagate come l'altra volta
Wad: è la prima cosa che farò

Non farò finta di nulla, di non sapere. Su Scimmie d'amore scrissi: "Se anche Paperino avesse iniziato a fare la musica in Italia oggi avrebbe un suo perché. (…) Lui avrebbe capito, come anche gli Amari, che il pop è sì la scuola delle irresponsabilità sociali e delle facilonerie musicali, ma è divertente". Per "Poweri" condivido e sottoscrivo questo che ormai è diventato un assunto (un pò meno divertente forse). E' che la società dei Paperini (gli svedesi in Italia leggono Topolino per avvicinarsi alla nostra lingua) diventa sempre più il male minore. E allora perché porsi il problema? Parliamo del niente, due frasi carine, anzi sapete cosa, quattro/cinque pezzi li facciamo in inglese così in Italia non capiscono un cazzo e magari all'estero qualche blogger fanatico di indie-pop si appassiona e facciamo il lancio in Europa e fanculo Milano, fanculo Udine, fanculo tutto, fanculo Wad che aveva ragione ma non potevamo dire di sì. "Poweri" è un disco in corsa, più in palestra che al parco, una rincorsa alla moda (stanno tornando gli anni 90 forse?) con le sneakers, ma la moda va a 180km all'ora in macchina e vi ha fottuti. Il tapis roulant plumbeo vi ha sbattuti per terra e la cifra stilistica è diventata una semplice somma dello stile dei precedenti dischi. Le bollicine aquieteranno le disillusioni di alcuni clubbers, ma soprattutto – e questo deve essere chiaro – lo spessore strumentale, cioè proprio la capacità di suonare puliti, precisi e maturi è intoccabile. Dal vivo questo disco sicuramente suona bene, è che le canzoni sono ferme alla musica che avrebbe fatto Max Pezzali se non avesse scelto Cecchetto e il soldo serio. Robette anonime, senza offesa eh. Alcuni lo richiedono morbosamente l'anonimato, la privacy, le garanzie, i rumors, i paparazzi. Per cui è la stramaledetta normalità. Sto parlando degli Amari, vero no? Ecco questo disco non ha il dono della sintesi ma ancora di più non ha il dono della canzone piacevole che era il punto di forza di Scimmie D'amore. Non che siano due prerogative vitali per un disco (Kanye West sintetico non lo è mai e spesso nemmeno piacevole però ogni volta anziché aprire un canale del mixer apre un mixer per il futuro). Mai all'indietro, e non sto dicendo che gli Amari con questo disco abbiano voluto ritentare "Grand Master Mogol", in quanto la cosa più buona che hanno combinato nella loro carriera, ma forse miei compagneros è questa la verità. E l'Anticon no, non c'entra. Il settimo disco degli amaretti vorrebbe essere dolce come i Kings of Convenience (vi piacerebbe eh?) e electro-party quanto i Phoenix (vi strapiacerebbe eh?) e avere l'appeal dei Justice (si va bè e poi?). E' proprio il mondo che non c'entra in questa missione tardo adolescenziale di un gruppo che ha sempre voluto imporsi inconsapevolmente come l'estensione friulana di Mirko di Kiss me Licia. Ma farsi il ciuffo rosso forse è troppo azzardato ora che i tuoi coetanei si avvicinano ai posti di lavoro seri. I colori sono più opachi, meno chiari e brillanti. Gli Amari non sono mai diventati famosi. La strada della college band ruffiana era impossibile già in partenza in un paese senza college. Forse l'italo disco potrebbe trasformare in qualcosa di più sostanzioso questo clean-pop, pulito pulitissimo, quasi clericale. Un'attitudine più adult-dance avrebbe irrobustito queste robette che non imbarazzano più nemmeno la gente dell'oratorio. E poi l'attitudine gay-chic anche qui ha fatto centro e i manager nella nebbia sai già cosa fanno se si fermano nella piazzola di sosta. E' una questione di immaginario ovvio, ma è proprio quell'immaginario finto-scemo e finto-vacuo che resta addosso agli Amari come l'accento sardo ai sardi. Non si toglie. Ajò porcatruuuuia. La novità del suono degli Amari si è estinta nel tempo e si ripete senza la stessa convinzione, come quando parli in inglese con qualcuno e dopo un po' finiscono le parole. E mò che cazzo ci diciamo?

La cosa più triste è che aboliranno le province (le ambasciate nessuno sa cosa siano) e non si potrà nemmeno più far peso sull'antiprovincialismo di Riotmaker. Per cui teniamoci questo p-funk (soprattutto negli skit), laddove 'p' sta per poweri ovviamente, nessuno osi pensare a George Clinton, e lasciamo che il gelato fucsia si schianti al suolo con la sua potenza prestabilita, senza enormi esplosioni stellari (non è come se Will I Am rubasse dei suoni ai Crookers per fare un disco con David Guetta). Del resto facciamoci due conti, se questo disco è stato stroncato da cani e porci, allora forse sarebbe onesto e umano che questa recensione decretasse liberamente e celebrasse festosamente la Fine degli Amari (ma tanto di sicuro qualcuno non è d'accordo e si inventerà che secondo i sondaggi gli Amari hanno il 60% del consenso popolare). Dovrei chiedere scusa a chiunque un giorno se ho detto tutto rischiando di esagerare, ma non chiedetemi niente se vi offendete per questo banale e spicciolo gun talk. Avrei potuto incensare ingiustamente un gruppo di amici degli amici e allinearmi col paraculismo diffuso di maschere, aperitivi e finzione, o più semplicemente seguire il consiglio di Pasta: "ti prego, quando stai per scrivere di frangette paperette, pensa all'amore che gli amari mettono nella loro musica, e se non ti viene in mente nient'altro, non recensirlo".

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