Ritmi Urbani [Veneto] Ritmi Urbani 2000 - Rock, Pop, Indie

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Ho ascoltato questo primo CD dei Ritmi Urbani tre giorni fa, per tre volte: non mi ricordo un solo brano. Preoccupato per la mia salute mentale, l’ho riascoltato per la quarta volta: ancora niente. I miei due neuroni superstiti mi suggeriscono che forse dipende dal fatto che non c’è nulla da ricordare… ma decido di concedermi ancora una volta il beneficio del dubbio e ricorro a un metodo infallibile: cuffie, luci spente, buio totale e il mio amato lettone. Finalmente capisco: questi cinque brani dei Ritmi Urbani scorrono lisci e piatti senza lasciare traccia di sé.

Peccato perché l’ottima confezione del CD prometteva qualcosa di meglio. Invece sin dalla prima traccia ”L.G.C. (Lode al giovane conforme)” si assiste per l’ennesima volta a una sindrome che sembra affliggere molte band, cioè carenza di idee e credere che essere originali significhi cercare la complessità o esprimere concetti scontati in una forma involuta. L’originalità spesso è un’idea semplice, essenziale, ma i Ritmi Urbani non sembrano pensarla così e infatti il secondo brano del CD ”L’Incanto” non si distingue dal primo: stesse sonorità, stesse idee, stesse dinamiche. Identica sorte tocca a ”Il Dolce Miele” e ”Combinazioni” che vorrebbe essere inizialmente una ballata ma poco dopo ricade nella precedente formula di un rock melodico fin troppo abusato; improponibile il breve “solo” di chitarra, sarebbe stato meglio evitarlo. Non contribuiscono a risollevare le sorti dei primi quattro brani le linee vocali e il modo di cantare trascinato e lamentoso del vocalist.

Noticina sui testi: cantarsi addosso frasi come “Ma il fiume sa di sciogliere la sordità di pietre che riporterà dentro di sé al mare amato al moto che è” non dà affatto una patina artistica al lavoro di una band, casomai contribuisce ad accentuare la sindrome di cui parlavo prima. Fin qui l’unica cosa da annotare sono i suoni corposi, distorti, belli della chitarra di Fabris, forse fin troppo presenti.

Le cose cambiano con ”Cenere”: questo ultimo brano mi dà qualche speranza sui Ritmi Urbani e sembra funzionare davvero; un’idea semplice, un bellissimo suono di chitarre acustiche, una melodia accattivante ben cantata, una struttura ben studiata, dinamica e coinvolgente. Qui la voce di Stefano Tonello rende al meglio, e forse potrebbe essere questa la dimensione ideale dei Ritmi Urbani, un rock melodico semi-acustico nel quale anche il gusto per i suoni di Andrea Fabris si fa sentire. Sarebbe il caso di proseguire su questa strada.

Potrebbe essere un’idea.

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La recensione Ritmi Urbani di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2001-04-01 00:00:00

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