Peckinpah That's all bad folk 2010 - Indie, Acustico

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Secondo lavoro solista di tutto rispetto per Lorenzo Bettazzi, in arte Peckinpah, già bassista della band fiorentina Zenerswoon. Un album che a un ascolto superficiale potrebbe apparire estremamente minimal ma che in realtà, per essere assimilato come ci domanda ed essere compreso nelle sue più ricche sfaccettature, richiede attenti e ripetuti ascolti. Peckinpah, anzitutto, come Sam Peckinpah, il regista americano noto per il suo montaggio serrato e per l'uso smodato del ralenti: così è anche questo lavoro, un album in cui a momenti musicali lievi, fatti di ritmiche lente che ci cullano nella più classica tradizione cantautorale folk come "Summer", "None of them" o "Morning eye", affianca intuizioni elettriche decisamente assimilabili al rock più classico, più frenetico: fin troppo semplice e prevedibile forse, trovare Nick Cave nell'intro di un brano che si intitola "The seed" e che risulta essere tra i più accattivanti dell'album per possibilità ed eterogeneità del suono. Laddove un brano come "Elle" affianca a un'impronta blues vaghi richiami pop, è un pezzo magnifico come il finale "Grinder", a spiazzare: se fino a questo momento avevamo pensato di essere all'ascolto di un album che affonda ogni radice in un sound folk/blues made in USA, qua ci ritroviamo totalmente immersi in una ballata che non sfugge a una struttura tutta british dove l'abbinamento piano e voce non fatica a farci pensare a Radiohead e Coldplay. É questa la strada che sarebbe bello Peckinpah seguisse nel suo futuro discografico, sebbene questa sua eterogeneità così fedele al nome d'arte scelto, abbia portato ottimi frutti. Unici appunti: un inglese non proprio eccellente e un suono che percepiamo un po' schiacciato, come se volesse aprirsi un po', allargarsi, respirare e invece fosse troppo spesso costretto. Meno chitarra e voce e più pianoforte, in futuro, non ci dispiacerebbe.

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La recensione That's all bad folk di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2010-04-27 00:00:00

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