Black Friday Hard Times 2010 -

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Come declinare il blues del Delta nell'Italia degli anni 0. "To have the blue devils", anime vendute al diavolo. Una sorpendente combinazione di tecnica chitarristica, canto fiero e improvvisazione. Arrivano i Black Friday e niente è più lo stesso. Che siano o meno emissari del demonio, che il loro urlo sia accompagnato da un cane che abbaia alla luna nera, che reclamino vite randagie e la compagnia di puttane, ladri, balordi, ubriachi, poco importa, perchè quando Adriano Viterbini imbraccia la sua chitarra e ti porta dritto in una terra in cui il sacro desidera una vita profana e Luca Sapio narra con una voce dalla potenza straordinaria quanto il tempo può essere feroce, se il presente è sanguinante, il venerdì non può non essere che nero, basico, essenziale, crudo, necessario.

Le dodici battute del blues, ritmi forti, marcati, dotati di un'espressività però tutta contemporanea, spudorata, virtuosamente oltraggiosa. Dei Bud Spencer Blues Explosion Viterbini porta dentro la padronanza, le cavalcate musicali a briglia sciolta, mentre Sapio non rinuncia alle sperimentazioni vocali dei Quintorigo, l'attitudine punk degli Accellerators. Tutto il resto viene poi centrifugato, reinventato, costruito. L'ossatura è data dagli standard americani, magistralmente reinterpretati, calati in un contesto musicale che non spazza via il debito formativo ma riesce nell'arduo compito di indovinare gli innesti e cucire sonoricamente nuove vite possibili.

E allora si parte: arrivano direttamente dal Mississippi, "Love In Vain" di Robert Johnson, l'acutezza di "Death Letter Blues" di Son House, lo spiritual della grande Depressione di "Trouble Soon Be Over" di Blind Willie Johnson. Canti devozionali e work song, i due passeggiano con a fianco Charlie Patton e Willie Dixon, richiamano alla memoria la potenza immaginifica del soul di James Carr. E mentre degusti appassionatamente note di un colore prevalente: il blu, che viene qui però rischiarato di inattese e molteplici sfumature, ti ritrovi inaspettatamente ad ascoltare l'ultimo forse vero bluesman del secolo appena passato: un musicista dal cuore lacerato, incarnazione di tutta una generazione di anime fuori posto e fuori tempo massimo: Kurt Cobain, omaggiato con destrezza in "School".

Se tutto questo ancora non bastasse a dare maggiore pregio, coordinate, cromature e nuovi contagi sonori, ci pensano due composizioni originali poste in apertura ("Strange Gal") e in chiusura ("Jupiter") dell'intero lavoro, che fanno presagire di certo quello che in futuro arriverà. Ascolti così tutto d'un fiato e ti ritrovi a pensare che se esistesse un canto sociale di liberazione che esorcizzi questi anni di merda, altro che tempi difficili, che esprimesse il bisogno di un popolo di trascendere la propria condizione esistenziale e di imboccare la via per il paradiso, ma in terra, questo possa e debba anche in Italia fare propria la lezione del blues, augurandosi che quando lo si trovi questo nuovo canto sbocci come un fiore in un deserto: è questo quello che i Black Friday ci ricordano oggi.

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La recensione Hard Times di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2010-11-26 00:00:00

COMMENTI (1)

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  • nachofever 14 anni fa Rispondi

    Bello! Suonato molto bene! Però vogliamo un disco di sole composizioni originali!