General Decay
How We Lose 2010 -

How We Lose

In una appassionata recensione di qualche mese fa, Baronciani si domandava del perché certi posti – e nello specifico Pesaro - fossero musicalmente più produttivi che altri. C'è un motivo per cui determinate città diventino improvvisamente dei contenitori esplosivi di creatività ed energie culturali? Alla domanda rigiro, con tutto l'intellettualismo che non mi compete, una osservazione di Rousseau: «Senza dubbio, in una piccola città si trova, proporzionalmente, minore attività che in una capitale, perché le passioni sono meno vive e i bisogni meno pressanti; ma ci sono più spiriti originali, più industria inventiva, più cose veramente nuove: perché si è meno imitatori; perché, avendo pochi modelli, ciascuno trae maggiormente da sé stesso tutto ciò che fa, e vi mette del suo; perché, vedendo di meno, s'immagina di più; infine perché, meno pressati dal tempo, si ha più agio di sviluppare e digerire le proprie idee». Bene, questa menata stilistica, per quanto vecchia trecent'anni, ha ancora il suo fondo di verità. E Pesaro – inutile ribadirlo per l'ennesima volta – è la prova contemporanea di una inaspettata rinascita provinciale italiana che semina e raccoglie a ritmi sorprendenti.

I General Decay, claro, sono parte attiva di questa fioritura. Giri di basso aggressivi e tensioni elettropop caratterizzano questo ep, gonfio, come già le prove precedenti, di drum machine e reverberi surf. Ambientazioni cupe si alternato a meravigliose intuizioni e slanci punk-rock, dove l'impatto giovane e violento del trio pesare si accumula in un effetto sintetizzato, tra corde tese e rullanti menati a secco. Ritmi taglienti post-punk e tanto spirito new-wave, tra Cocteau Twins ed Electricity In Our Homes. Più aggressivi dei Neils Children, meno patinati dei Real Estate ma similmente attraversati dalle stesse venature sognanti e vagamente pop: questi sono i General Decay, giovani discontinui e inaffidabili ventenni dalle idee dannatamente chiare.

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