Babalot
Non sei più 2011 -

Non sei più

"Non sei più" delude parecchio. Per inciso: Babalot è uno dei cantautori che ho amato di più in assoluto. In breve: è bravissimo con le parole, riesce a portare la tua testa in altro mondo dove trovi immagini a cui ti affezioni fino a considerarle insostituibili (e negli anni terrai tantissimo a quegli mp3, farai più volte backup, e non esiste una ragazza che se ne sia andata dalla mia vita senza portarsi dietro una cartella zippata con i primi due dischi di Babalot). E poi c'è quella calma cinica e distaccata (il nichilismo dolce, lo chiamo io): Babalot sa benissimo che anche se sveli tutto te stesso, ti denudi, tiri fuori le budella, gli effetti non saranno mai sconvolgenti come credi. E' uno strano tipo di lucidità. Così Babalot è in grado di raccontarti cose tristissime, affondando nel dolore più denso, ma senza autocommiserarsi. Ed è geniale, a quel punto inizi a fidarti davvero di lui.

La musica: spesso ha usato la distorsione e la bassa fedeltà come via d'uscita per arrangiare i pezzi, teneva insieme tutto con lo spago, ottenendo canzoni che erano più dolorose di un calcolo renale incagliato in un punto profondo, ma con una forma tenera, goffa, terribilmente romantica. Ora, "Non sei più" continua su questa strada ma usa molti più strumenti – la maggior parte acustici e poco distorti – e le parole, di conseguenza, non hanno più il loro spazio in primo piano. C'è il nichilismo dolce, le frasi ben scritte, le canzoni tenute con lo spago, le urla come se non sapesse fare altro (il ritornello di "Andiamo al mare", il finale di "Bisestile"). Ancora? Sono passati sei anni.

Se in questo tempo non si fosse mosso per niente diresti "pazienza" con più facilità. Invece qualcosa di nuovo c'è: in "Fiori Blu" si percepisce addirittura una voglia di futuro; in "Maggio" compare per la prima volta suo figlio, lui gli insegna come va il mondo, ed è una piccola perla lucente che brillerà in eterno; anche "Paperino" è divertente: frulla fumetti e malattia, fotografa bene un certo atteggiamento indolente e rinunciatario che spesso mi sento cucito addosso.

Ma è poco. Porca vacca è poco. Mi aspettavo l'ennesima lezione fulminante, quell'andare oltre a testa alta di chi ha sempre capito tutto prima di tutti. Babalot potrebbe far crollare le chiese e quelli che hanno avuto l'idea di costruirle, qui si limita a piantare giusto qualche chiodo nel muro per appenderci un ritratto di famiglia. C'era davvero bisogno di lui. Che peccato, pazienza.

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