Oscuro, rituale, tormentato, fuori dagli schemi, benchè ampiamente referenziato, il nuovo mostro partorito da Luca T. Mai (Zu) e Antonio Zitarelli (Neo). Tale creatura voodoom (crossover tra voodoo e doom), maieuticamente chiamata a vita da abili manipolatori come Xabier Iriondo e Matteo Spinazzè, stupisce per la potenza muscolare e la finezza concettuale, delineate su e giù per jazz, hardcore e metal, fin dove risiede una certa aura di magia nera africana.
Non che ci sia nulla di particolarmente innovativo nel sound ri-prodotto, con ampi richiami a materia già acutamente indagata da Painkiller, John Zorn e Masada, e non ultima influenza quella dell'italiana d'adozione Amy Denio (ai tempi di E.C Nudes), vedi "Orichas" e "Radà" - fiati squarciati, batteria folk tribale e olio di chitarra semidistorta; ma ciò che colpisce è la personale declinazione del concetto, la radianza ipnotica di brani come "Stutterer Ancestor", aura post e violenza core, o il mood newyorchese di "Mombu Storm", crocicchio tra noise e disciplina. Ma qui e lì compare anche l'influenza di Primus come nella settima "Keni", attese sagacemente disattese o stop'n'go, che dir si voglia.
A suo modo personale e magnetico, matematicamente asciutto e tendente alla simmetria. Paludosa New Orleans, con alle spalle tutto il malocchio genesico della Nera Africa. Mombu, la Medicina.
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