Peter Kernel
White Death Black Heart 2011 - Pop, New-Wave, Indie

White Death Black Heart

Forte di buone prove alle spalle e di esperienze importanti, come il warming up per il tour europeo dei Wolf Parade o l'aver diviso palchi con bands del calibro di Mogwai, il combo svizzero/canadese torna con un disco che è si cimento di maturità, ma anche dichiarazione di adolescenza eterna e di amore inconcusso per quella wave stupita (e a tratti disarmante) che ha caratterizzato la deriva sonica negli anni alle spalle.

L'innodica apertura di "Anthem of Hearts" mette a segno un ritornello che sa dragare nell'ascoltatore materia antica e sempre attuale - nella mistura tra Sonic Youth (middle '90) e Blonde Redhead. "I'll Die Rich at Your Funeral" suona come il perfetto manifesto weird, umorale e oscuro slow punk che incessantemente va dalle parti di Liars e che ritorna alle glorie math di June Of 44, o Slint che dir si voglia - la migliore rappresentanza del disco. Sull'onda di un video furbetto assai, facile d'ammiccamento e d'indubbia capacità hype, "Panico! This Is Love" è inaspettatamente pregno di una certa profondità noise, e può a tratti riecheggiare Young Marble Giants, Pylon o motteggiare colossi del post Punk (Roxy Music uber alles).

E' un bel disco, questo, con degli elementi al posto giusto, che ambisce legittimamente al suono personale e che però a tratti sfiora il manierismo: una maniera, diremmo sexy, di reinterpretare la pop music, rifunzionalizzandone sagacemente usi e costumi, ma attraverso una lente ancora lievemente sfocata.

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