Baobabs Demo 2001 - Rock, Jazz, Funk

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Un fatto è chiaro: le continue strizzate d’occhio al jazz da parte dei Baobabs indicano che il gruppo è tecnicamente e musicalmente molto preparato e ciò emerge immediatamente già al primo ascolto del loro demo, registrato più che degnamente. Tale considerazione vale in generale per tutti i sei componenti: dai singoli strumentisti alla voce solista che risulta interessante e, fatto che non guasta mai e tantomeno va dato per scontato, possiede una tutto sommato buona pronuncia dell’inglese, lingua in cui sono cantate le prime due tracce.

I brani proposti, sebbene non siano affatto l’uno la copia dell’altro, possono essere tranquillamente fatti ricadere sotto la comoda etichetta di fusion, una di quelle parole utilissime in quanto, pur rimanendo chiaro il valore ampio del termine, ognuno dà ad essa il significato che più gli aggrada. Se volessimo poi precisare ulteriormente, si potrebbe dire che un brano come “Sister” può essere inquadrato benissimo in quel pop jazzato rappresentato alla metà degli anni Ottanta da artisti come la sempre affascinante Sade o lo Sting al suo primo episodio solista dopo la separazione dei Police, mentre è un po’ più funk e decisa “Nessuna caramella” le cui sonorità non raggiungono però aggressività e potenza tali da far parlare di crossover (altra parola estremamente comoda…).

In fin dei conti l’impressione che rimane dopo più ascolti è una domanda: “Insomma, ragazze e ragazzi, che volete fare?” poiché, se doti tecniche, preparazione ed esperienza sono chiare, troppo meno chiara è la direzione artistica precisa in cui i Baobabs vogliono andare. Non che la scelta sia obbligata, ma… cantare in inglese o in italiano? Votarsi definitivamente a un pop raffinato, leggero e di lusso, magari con testi adatti a una programmazione radiofonica soft, oppure dedicarsi a una sperimentazione in chiave jazz o crossover in maniera più decisamente fuori da schemi rassicuranti? Lavorare su suoni ancor più lisci e morbidi o sviluppare certe energie che pure si percepiscono sparute per qualche breve istante? Puntare su un maggiore coinvolgimento emotivo, rinunciando ove necessario a qualche passaggio ridondante o, al contrario, spingere ulteriormente sul piano della tecnica?

Sono interrogativi per rispondere ai quali occorrono, tra l’altro, impegno e dedizione: e al sestetto valdostano sembrano non mancare.

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La recensione Demo di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2002-02-11 00:00:00

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