La spontanea supponenza dell’adolescenza si infila tra le crepe di questo muro hardcore. L’edificio per ora resta in piedi, ma si regge su fondamenta tanto scivolose quanto deboli. Come a dire che, quando ascolti questo disco, dopo sessanta secondi hai già capito come e dove andrà a finire.
Il raggio d’azione è limitato praticamente al solo campo dell’hardcore melodico e viene subito in mente il punk californiano degli anni ’90. Il riferimento più evidente sono gli Strung Out, anche se non quelli dei tempi migliori. A tratti, questo disco sembra un prodotto per nostalgici di un periodo morto e sepolto, che si regge solo sui grandi nomi del passato, dinosauri che prima o poi moriranno. A essere meno cinici si può guardare al risultato, che non è per niente male, e lasciarsi trasportare da questa botta di adrenalina pura.
Col tempo si cresce, certo, ma la spontaneità di questi ragazzi colpisce piacevolmente, anche perché si mescola a un’intensità che trasuda passione autentica. Il quartetto gioca a carte scoperte fin dalla prima nota, dando sfoggio anche di una certa tecnica. Le canzoni mettono al centro emozioni personali o impeti di rabbia agrodolce. Le parole prendono la direzione delle chitarre e rimbalzano nel drumming furioso. “Don’t waste your time” e “My girlfriend is so hot” sono pezzi buoni e affilati, ma ricalcano troppo gli stilemi del genere. Il meglio arriva con sorprendenti inversioni di rotta (“Jack Elackson”) o nelle variazioni sul tema che strizzano l’occhi allo screamo (“Orango dance”).
Il debutto dei 1000 Degrees forse passerà inosservato a chi non frequenta abitualmente il sottobosco punk, ma, a quelli che sono in sintonia con quel ritmo, l’ascolto di “Has already past” farà sicuramente battere il cuore.
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