Grimoon
Le deserteur 2012 - Psichedelia, Folk, Dark

Le deserteur

"Le deserteur" si conferma l'ennesima grande prova di una band della quale c'è solo da andare orgogliosi

Diventa sempre più difficile, disco dopo disco, trovare le parole giuste e adeguate per raccontare le gesta dei Grimoon. Nel panorama italico non sono infatti moltissime le band capaci di mantenere dritta la barra, continuando con umiltà a proporre la propria musica senza tentare voli pindarici o chissà cos'altro.

Nello specifico di questo lavoro, il quartetto franco-mestrino è stato bravo a tal punto da coinvolgere Pall Jenkins dei Black Heart Procession nel ruolo di produttore, dopo un periodo passato insieme a loro in tour. Ne è venuta fuori una meraviglia, quasi inaspettata per quanto bella. Non abbiamo idea dei provini che Solenn ed Alberto si siano messi in valigia e cosa sia riuscito a fare Pall Jenkins una volta seduto in cabina di regia, ma poco importa considerando l'ottimo risultato finale.

Qualcuno magari lamenterà che i ragazzi abbiano messo in disparte l'elemento più festoso della loro musica (fatta eccezione per "Directions"), scurendo tantissimo le trame sonore - e forse era inevitabile avvenisse un passaggio del genere se decidi di metterti nelle mani di una delle menti dei BHP. Ma con un album del genere, i Grimoon di oggi ci sembrano inattaccabili: ispiratissimi e soprattutto sempre in grado di mantere altissima la tensione per tutte le 8 tracce. Quando poi arriva "Monuments aux deserters" (il cui climax ricorda da vicino i momenti epici degli Arcade Fire) raggiungono l'apice, perché in quei 6:30 è racchiusa gran parte dell'intesità emozionale che "Le deserteur" saprà trasmettervi.

Questo disco però non è solo quella canzone, è un'intera opera ricca di pathos, anche quando il ritmo è in modalità slow-motion ("Les coulers de la vie", "Drawn on my eyes", "Les démons du passè") e quasi ti ipnotizza all'ascolto. L'altro grande pregio è la varietà di colori con cui dipingono le loro canzoni; certo si tratta solo di tonalità scure, ma qui ogni singola sfumatura scatena molteplici emozioni come mai prima d'ora. Ed è proprio in questi frangenti che si intuisce il grado di maturità raggiunto da un gruppo di persone/musicisti in perfetta sintonia.

Esitare ancora prima di avvicinarvi a questo capolavoro sarebbe un vero peccato, perché "Le deserteur" si conferma l'ennesima grande prova di una band della quale c'è solo da andare orgogliosi - e che, per il sottoscritto, insieme a "Pacifico" dei BadLoveExperience, rappresenta in quest'inizio 2012 l'ideale manifesto di un'Italia sempre meno provinciale.

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