Esordio su stilemi rockabilly di terza generazione, piuttosto canonico e penalizzato dalla registrazione
Primo disco per i vicentini Rip Tapes: due chitarre, voci, batteria per un suono che si rifà principalmente agli stilemi classici del rock’n’roll di terza generazione, più contaminato col garage. Già dalla seconda traccia (“Right now”) risulta evidente che i suddetti stilemi non sono rielaborati in maniera particolarmente creativa, vista la canonicità di molti passaggi, in particolare melodici e chitarristici. Soffrono di questo male “Number 1”, viziata da una linea di cantato piuttosto telefonata, e “Maybe”, piuttosto piatta. Alla mediocrità strutturale di “Diving in the dead sea” si aggiunge il testo in italiano, unico di tutto il disco: velleitario, per usare un eufemismo.
Le cose migliorano quando i Tapes si avventurano in territori a loro più congeniali, come nel fumoso psychobilly di “Taxi driver” e con l’episodica slide di “Nobody knows how much I love you”. Il sound delle chitarre è sicuramente un punto di forza, sempre ben definito e originale, tanto da mettere qui e là una pezza ai cantati, mai veramente convincenti (nemmeno in “No effect” ed “Exit”, a cui neanche i cori riescono a far compiere il salto di qualità).
C’entrerà sicuramente anche la qualità della registrazione, che infiacchisce e normalizza una formazione che probabilmente dà il meglio dal vivo, sacrificandone la sezione ritmica in favore della voce, piuttosto anonima e dunque non valorizzata da un’equalizzazione così secca e standard. Non è tutta colpa della produzione però: i Rip Tapes mostrano forti limiti compositivi, a cui bisognerà cercare di ovviare prima ancora di pensare un prossimo lavoro in studio. Sarà il primo passo per iniziare a misurarsi a testa alta con la concorrenza.
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La recensione S/t di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2012-05-31 00:00:00
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