Indastria I Giorni del Pelo 2012 - Indie, Crossover, Nu-Metal

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Trovate ammiccanti, ma dall'ascolto del disco resta solo una sensazione di déjà vu

Avrebbe potuto essere un esperimento ben riuscito per quanto bislacco quello degli Indastria, però qualcosa si inceppa immediatamente nell'ascolto del disco. Già dalla prima traccia “Topolino” è evidente che “I giorni del pelo” è un cross over di hardcore e nu metal, con alcuni timbri presi in prestito dal grunge o più in generale, dal mondo alternative americano anni 90; accenni reggae nell'eponima “Indastria” e momenti speed in “Tosse verta”.

Se, musicalmente, nonostante la costante sensazione di déjà vu, la band fa un buon lavoro, ciò che lascia perplessi è l'uso della voce. Non rapcore, ma neanche un vero e proprio cantato, se non in pochi ritornelli (“Odio il mio modo”), vicino allo spoken word, citando Serj Tankian (“Catena”); la maniera di sillabare mette in evidenza però la questione della metrica: non vorrei spingermi a usare termini non propri in questo campo come flow, però qui non ce n'è traccia, e questo declamare strappando, accorciando, sputando le parole crea una certa confusione che non rende giustizia alle liriche, strane dissertazioni sul comportamento animale che si fa specchio della società umana del consumo. Testi lunghissimi e stracolmi di parole, francamente difficoltosi da seguire nei voli pindarici ai limiti di una logorroica allucinazione.

Quando, però, dopo tre brani sei già rassegnato all'idea che il disco continui così per i successivi 25 minuti, si presenta un brano che da solo potrebbe fare la fortuna di questo disco, come dimostrano i commenti entusiastici su Youtube. “Orso polare droga”, due minuti di puro delirio onirico su un orso sornione corriere della droga. Che senso ha? Apparentemente nessuno, se non proprio lo scopo per cui è stato creato: un brano totalmente nonsense che sia inno di facile presa per ascoltatori poco pretenziosi. Basta un solo brano a fare un disco? No, soprattutto se dopo la curiosità iniziale per questi hooks così ammiccanti (l'orso polare in copertina, il titolo che gioca su diversi doppi sensi, la canzone sulla droga) dall'ascolto del disco resta solo una sensazione di superfluo e già sentito.

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La recensione I Giorni del Pelo di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2012-09-03 00:00:00

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