Amor Fou
Cento giorni da oggi 2012 - Pop, Elettronica

Cento giorni da oggi

Persa la natura monolitica dei primi due album, gli Amor Fou realizzano il loro disco più elettronico e schizofrenico. Meno stratificazione, più immediatezza. E questa è sempre un'ottima notizia per un disco pop.

Schizofrenico. Il gruppo, l'album. O almeno un po' dissociato. Tre dischi, uno diverso dall'altro. Se tra "La stagione del cannibale" e "I Moralisti" un filo lo si poteva trovare, ora quel filo non esiste più. Tranciato, in un modo che più netto non si sarebbe potuto. Quelli di "Cento giorni da oggi" sono Amor Fou diversi, lontani: separati dal disco precedente da spesse pareti di elettronica. Ovviamente si paga dazio a Battiato (per la famosa legge per cui in Italia non si può fare pop elettronico senza tirarlo in mezzo), ma il gioco dei riferimenti sarebbe piuttosto sterile.

Come detto, i legami con il passato sono ridotti quasi a zero, giusto "I 400 colpi" rimanda a "I Moralisti", ma ci si ferma qui. Fin da subito, si capisce che gli Amor Fou hanno deciso di prendere non una strada nuova, ma dieci. E lo dichiarano nel primo pezzo: apertura stile Arcade Fire, virata che porta in due minuti scarsi a vocali tirate alla Venditti, coretto inquietante di bambini e chiusura con cori nuovamente alla Arcade Fire. Un solo pezzo, tre minuti. Dentro, c'è di tutto. Partenza a mille, perché "Gli zombie nel video di Thriller" è uno dei momenti migliori del disco, uno di quelli che ascolti venti volte al giorno. Così come "Alì" - primo singolo e pezzaccio elettronico con ritornello apertissimo - e "Una vita violenta", forse il più bello di tutti, quello che meriterebbe di essere cantato per tutta l'estate.

Insieme alla filastrocca sillabata con ossessione di "Vero", sono probabilmente i brani meglio riusciti, ma sono lontanissimi tra loro. E a questo si aggiunga l'intrusione di Alessandro Baronciani e del suo mondo Altro in "Radiante", un secondo coretto straniante in "Forse Italia", una "Tigri" troppo brutta per essere vera e testi che sembrano oscillare tra voglia di libertà (sessuale) e cattolicissimo senso di colpa ("Una vita violenta" e soprattutto "Padre davvero"). Schizofrenia, ma sul serio. Un rifiuto netto per qualsiasi forma di sistematicità, forse nato dal rigetto per la natura monolitica dei due lavori precedenti. Una bulimia di stimoli non lontana dal Tumblr utilizzato per lanciare l'album, pieno di gif animate di ogni tipo. E sia chiaro che tutto questo è da considerare come un fatto positivo, che ha arricchito l'immaginario del gruppo e ha consentito a Raina e soci di smettere i panni - autoimposti - di amministratori delegati del patrimonio cantautorale italiano.

Il risultato è che, paradossalmente, le fughe continue e senza una chiara direzione hanno portato gli Amor Fou a fare il loro disco più accessibile. Forse perché ciascuna di quelle strade permette di entrare nel disco, forse perché, molto più semplicemente, le canzoni arrivano dirette. Si è perso qualcosa in stratificazione, si è guadagnato tanto in immediatezza. E questa è sempre un'ottima notizia per un disco pop.

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