Cesare Cremonini
La teoria dei colori 2012 - Pop

La teoria dei colori

Cremonini non sarà certo De Gregori, ma le sue “canzonette” hanno la forza della leggerezza e lui ha quella di non prendersi mai troppo sul serio

Lo sanno tutti che il male di vivere e il male d’amore ispirano più di mille giorni felici. Lo sanno tutti perché tutti hanno riempito qualche foglio, qualche diario o qualche blog di pensieri amari, di giorni funesti e di drastiche promesse sul mai più. Perché l’amore è quella cosa che mannaggiacristo, come è scritto in una foto che gira in internet da qualche giorno. Ne è piena la discografia italiana e mondiale di canzoni piene di malinconia e di sindromi dell’abbandono.

È che quando si è felici è difficile scriverlo, non ci sono parole per dipingere gli attimi, perché di attimi è fatta la felicità. E poi non c’è tempo in quei momenti lì. C’è voglia di viverli tutti e manco si mangia, che pure quello è tutto tempo sprecato. I giorni mesti sembrano durare mesi e i mesi degli anni. Non si mangia nemmeno nei giorni mesti, che volendo lì il tempo lo si troverebbe pure, ma lo stomaco è troppo preoccupato a chiudersi e ad aggrovigliarsi manco fosse un verme solitario. Felicità e tristezza sono meglio dei giorni di attacco della dieta Dukan, insomma.

E poi c’è gente come Cesare Cremonini. Quelli come Cesare Cremonini fanno un disco che sembra una dichiarazione di maturità e di indipendenza ma in mezzo ci trovi due che si lasciano, uno che rimane con il cerino in mano mentre l’altro se ne va, l’amore che non finisce proprio quando finisce una storia d’amore, ma che continua dentro, il dolore che comporta la fine di una relazione. Quelli come Cesare Cremonini fanno un disco sull’abbandono e lo chiamano "La teoria dei colori", per capirci. Quelli come Cesare Cremonini si vede che in fondo in fondo sono degli arlecchini, che la tragedia la rendono tragicomica, commedia.

Sarà forse per questo che il titolo del primo singolo, che è anche la traccia che apre l’album, è "Il comico (sai che risate)". Quasi ad avvisare chi ascolta che sì, l’occhio ride ma ti piange il cuore, appunto. I ritmi del disco sono veloci ma rimane il tempo per quelle che di solito le definiscono ballate anche se non balla nessuno. Ci sono molte stelle forse perché le notti passate insonni sono state parecchie. Cesare Cremonini dichiara per l’ennesima volta il proprio amore per le già note sonorità beatlesiane e a questo amore d’oltremanica sembrano aggiungersi robusti ascolti degli altrettanto britannici Coldplay. Ma Cremonini ne "La teoria dei colori" conferma anche la propria affezione per la forma canzone, quella che gli indie-snob definirebbero “sanremese”: classica, orchestrale, ricca. Insomma, italiana. Su tutto, rimane un dubbio: il perché della scelta di mixare la esse bolognese con l’acca tipica del calabrese estremo, particolarmente evidente in Una come te.

Quelli come Cesare Cremonini sono come dei menestrelli: parole semplici, tre note (come ironizza su "Ecco l’amore che cos’è"), piccole verità. Quelli come Cesare Cremonini sono quelli come Francesco De Gregori negli anni Settanta, che veniva fischiato e contestato durante i concerti perché non era abbastanza impegnato, perché le sue erano considerate canzonette leggere, ché la vita era altra, mica quella della figlia del dottore. A pensarci adesso, alle canzonette leggere di De Gregori, viene la pelle d’oca. Ma quelli erano altri tempi. Cremonini non sarà certo De Gregori, ma le sue “canzonette” hanno la forza della leggerezza e lui ha quella di non prendersi mai troppo sul serio, per questo ci sta simpatico. Sarà che è un comico. Sai che risate.

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