Ash of Nubia Medemia Argun 2012 - Strumentale, Psichedelia, Post-Rock

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Soddisfazione a metà: brani molto belli, ma tutti uguali

L'ascolto di “Medemia Argun” scatena in me un atroce dilemma. Questo disco non ha vie di mezzo. O lo si elogia, o lo si stronca.

I motivi per cui vorrei elogiarlo: gli Ash of Nubia suonano davvero bene, hanno un bel timbro moderno, ma anche ricco di riferimenti all'alt-rock degli anni '90, hanno quello che in gergo si chiamerebbe un bel tiro, smanettano in maniera ottimale con gli effetti senza mai esagerare; la sezione ritmica basso/batteria è sempre ben presente ma mai ingombrante, e i brani, nel complesso, sono piacevoli e me li sono immaginati su un palco, dove sicuramente un rock di tale trasporto emotivo può rendere molto di più di quello che rende su disco, toccando vette piuttosto alte nei brani più dichiaratamente post-rock (“In this morning it could happen”). Negli unici due brani cantati, “Dust of hope” e “Be what you breath”, dimostrano anche di avere un cantante valido e intonato, oltre che capace di creare belle melodie, ma questo - lo ammetto - è un mio azzardo nella valutazione, in quanto, tutto sommato, le parti cantante sono poche e non predominanti, né assolutamente necessarie all'economia del disco.

I motivi per cui sono stata tentata di stroncarlo: i brani, a livello formale, strutturale, timbrico, morfologico e arrangiamentale, si basano tutti sulla stessa idea. Due riff di chitarra, su base ritmica quadrata, ripetuti per tutto il pezzo, in uno schema A-B (ogni tanto C), usando sempre gli stessi effetti, gli stessi suoni, gli stessi climax, le stesse dinamiche. E anche le poche parti cantante sembrano derivare da un'unica idea, ma questa è solo una diretta conseguenza della ripetitività delle trovate musicali. Infine, ciò che resta di questo disco è una soddisfazione a metà: bei brani, ma se questo è il risultato finale, ne sarebbe bastato uno. Qualcuno potrebbe dire che questo modo di fare rappresenta la cifra stilista della band. Io dico, salviamo il primo pezzo, “Wrong mistakes in the right place”, come riduzione in scala di tutto l'EP: ascoltato quello, il resto è superfluo.

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La recensione Medemia Argun di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2012-12-06 00:00:00

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