Ensi Era Tutto un Sogno 2012 - Rap

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Qualcosa di inattaccabile, fatta tanto bene da funzionare sotto ogni punto di vista.

Era tutto un sogno, ma era bello crederci. C'era speranza e c'era paura, perché in fondo quando una cosa la senti davvero tua, temi che qualcun altro – che magari non la ama altrettanto – ci possa mettere le mani sopra. Ma quando hai fame, e quando hai i numeri per essere il Numero Uno, non ci sono paranoie che tengano: a quel cazzo di sogno ci devi arrivare. A modo tuo, ma lo devi raggiungere. Era tutto un sogno, e a tratti sembrava irrealizzabile. Ma c'è chi non ha smesso mai di crederci, che ha vinto tutto – dalle battle di freestyle in strada a quelle in TV – e ha puntato al podio senza mai mollare. Perché qua, “o sei il Numero Uno o non sei nessuno”. Ieri era tutto un sogno, oggi – forse – e realtà. Ed Ensi è tipo l'incarnazione di quel sogno.

Ok, ultimamente continui a sentire parlare del nuovo rap da classifica, quello che consideri tutto numeri e poco arrosto e proprio non ti convince, hai ragione anche tu. Ma qua si parla d'altro. La risposta alle tue preghiere – quelle di adolescente prima, e di (quasi) adulto consapevole poi – sta tutta in “Era Tutto un Sogno”, il secondo album di Ensi, uno che ha stile a quintali, contenuti e coscienza storica. I numeri sono solo una conseguenza di quanto sopra. E poi veste ancora oversize, cosa che al giorno d'oggi non è mica da tutti.

Intorno a “ETUS” c'era parecchia attesa, anche per via delle suddette considerazioni. Ed è un bel disco. Anzi, di più: è un disco importante. Perché Ensi è “nuovo ma fatto bene come le cose di una volta”. È l'hip hop che si impossessa delle classifiche (o almeno glielo si augura, dato che l'album esce domani), non il contrario. La chiave è proprio questa: essere fresh senza dimenticare il passato, portare innovazione con attitudine e coscienza. Lo spiega bene la title track con Mama Marjas, che trasuda anni Novanta tanto dal beat decisamente G-funk quanto dal testo amarcord, un viaggio fra vecchi numeri di “Aelle”, poster di 2Pac e discoteche della domenica pomeriggio, momenti di luce e di buio.

C'è il mio sangue in questi testi, ogni canzone”. È un album semplice, sincero, diretto. Vero. È Ensi che parla a nome di una generazione che è orgogliosa delle proprie origini, ma che si vergogna di un Paese perbenista che “vuole un negro in Campionato e non lo vuole fidanzato con la figlia” (“Orgoglio e Vergogna”). Che racconta l'amore aiutato dalla voce calda di Raiz (“Tangerine Dream”). Che parla di colleghi di lavoro, di De Andrè e di una canzone che non esce dalla testa (ma che forse non esiste ancora) su un beat – al solito potentissimo – di Fritz Da Cat (“La Scomparsa del Pescatore”). Un album vario nei suoni e nei contenuti, fra ritornelli ammiccanti e strofe hardcore, presente e futuro, pezzi leggeri (“Nina Mala”) e più impegnati, momenti caratterizzati da un cupo levare e dal featuring di nomi estranei all'hip hop (“Oro e Argento” con Samuel dei Subsonica) e altri tesissimi fra archi, cori e collaborazioni con icone della vecchia scuola (“Gran Finale” con Kaos).

Ma quello che conta davvero, è che ogni cosa è al suo posto, tutto è in equilibrio e suona alla grande. Lo senti già dal singolo “Abracadabra”, un potenziale banger a cui non manca davvero nulla. Ed è bello che sia proprio la hit del disco a essere firmata dallo stesso team che infiamma i palchi della Penisola, quello formato da un Mc che se fosse nato qualche meridiano più in là avrebbe già messo in tasca un paio Grammy e da un DJ 2P che scassa tanto dietro una console, quanto di fronte a un sequencer.

Anche in questo caso, insomma, si parla di un team “nuovo ma fatto bene come le cose di una volta”. Un beat grasso, fra sample di chitarra di una delle formazioni rock-blues più fighe dell'ultimo decennio e un break immortale dei Meters, classici bassi rotondi e un wobble che si inserisce con discrezione. E ovviamente il rap di Ensi, tecnicissimo, devastante, che ti si pianta in testa con un ritornello-tormentone e strofe fra incastri perfetti e geniali giochi di parole. Insomma, qualcosa di inattaccabile, fatta tanto bene da funzionare sotto ogni punto di vista.

E alla fine boh, forse non era solo un sogno.

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La recensione Era Tutto un Sogno di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2012-11-12 00:00:00

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