CHRISTOPHER WALKEN I HAVE A DRINK 2013 - Stoner, Psichedelia, Alternativo

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Epico e sgangherato debutto sulla lunga distanza per una band stoner che mischia l'italiano con l'inglese.

Visti i tempi che corrono, berci sopra sembra un'idea niente male. Seguo dunque il consiglio dei Christopher Walken (dico: Christopher Walken! Avete presente la faccia che fa Woody Allen in "Io e Annie" quando il buon Chris dalle tendenze suicide decide di guidare sotto la pioggia battente?) e mi apro una lattina di birra, pronto per i deserti elettrici propri dello stoner.

"I have a drink" è il primo album di questo quartetto ligure, uscito per la conterranea Taxi Driver Records. Un lavoro dal linguaggio ibrido, metà in italiano e metà in inglese. Questa particolarità mi incuriosisce particolarmente, mi aspetto di tutto. Parte "Nell'abisso del tempo" e mi si forma un quadro mentale piuttosto inquietante: Marco Cocci che canta un testo dei primi Litfiba musicato dai Queens of the Stone Age. Bevo ancora. "Blue Drifter" è in inglese, debitrice verso un certo Psych/Prog rock, chiaramente suonato alla maniera dei Dei dello Stoner.  "Walken", riffone trascinante, la voce che si fa più urlata, un'ombra di Tool che male non fa. Arriva "Rock'n'roll", pezzo iconico e un po' cafone, poi è la volta di "Camion Babylon" e per me sboccia l'amore. Un testo delirante che sembra uscito fuori dalle pagine di un Frigidaire degli anni 80, la bomba che esplode ufficialmente. Dopo, è difficile continuare in inglese, anche se "Sankara" suona bene. "Martina" rinnova l'amore per questo sgangherato esperimento in italiano, sempre sulla soglia dell'orribile, senza mai però varcarla. E' il contrasto che mi esalta. "Long way to fall" ha un intro epico e parte come un razzo, nella voce ci sono lievi riferimenti ai The Cult che non mi dispiacciono per niente. "Winter Love" ha il tiro del singolone catchy mentre il finale è affidato alla title track che ritorna alla lingua madre. Synth spaziali, riffoni di puro stoner, cantato in stile hard rock italiano anni 90 (vi ricordate i troppo presto dimenticati Karma? con i suoni di compressi di polvere e sudore di oggi. Finisco la birra e rimetto da capo.

Un debutto centrato alla prima, ottima tecnica e, quando le idee non sono originali, la grottesca follia dei testi fa suonare bene anche le canzoni minori. Io punterei tutto sull'italiano, proprio per la spigolosità della nostra lingua, che poco si sposa con l'hard rock e quando lo fa bene, come in questo caso, va valorizzata come punto di sostanziale differenza tra le altre band. Avanti così, aspettiamo la prossima uscita.

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La recensione I HAVE A DRINK di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2013-03-04 00:00:00

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