Giovanni Truppi
Il mondo è come te lo metti in testa 2013 - Cantautoriale, Lo-Fi

Il mondo è come te lo metti in testa

Tenera naïveté o irritante infantilismo? Forse a Giovanni Truppi non interessa aiutarci a sciogliere il dubbio.

Per provare a illustrare quest'album in modo lucido e obiettivo devo prima liberarmi del fastidio che mi provocano il titolo “Come una cacca secca” e i relativi versi d'apertura “Ora che non c'è più neanche il pensiero di te sono proprio rimasto da solo come una cacca secca”. Non è un fastidio perbenista, è che è brutto e basta, e non rende affatto il senso di innocenza infantile che immaginiamo fosse nelle intenzioni. Esempio: puttana la maestra, quello era un bambino giustamente incazzato e non c'era altro modo per dirlo. “Come una cacca secca” invece è un bambino cretino di quelli che non ti fanno venire voglia nemmeno per sbaglio di tirare fuori dai pratici cassetti del subconscio il fanciullino che c'è in te, e diciamolo, non è spontaneo. Io almeno mi sono immaginata il Truppi che si arrovella alla ricerca di un'immagine non scontata: sono rimasto solo come un cane, no, come un ombrellone d'inverno, no, ah eureka, ecco un'immagine mai usata. Truppi, ci sarà un motivo.

C'è un motivo anche per cui mi sono dilungata così tanto su una sola canzone, ed è che il fastidio, anche se in forme più miti, a tratti si affaccia anche in altre canzoni di questo che è un vero e proprio e lungo inno all'innocenza stonata del bambino interiore. Il quale, come ogni infante, passa dalla verità incontestabile e perfino illuminante (“tutte queste cose che pensavamo fossero solo nostre alla fine le vivono, le piangono (sentendosi tralaltro unici) diecimila altre coppie di cazzoni”) alla banalità (“io sono una lista di cose da fare, io c'ho trent'anni e non so ancora come diventare”) alla sincerità “punk” (“Ti ammazzo il giorno è vicino perché a te ti ammazzerebbe anche Gesù bambino”) alla scurrilità gratuita (“e tu mi dici che se ci penso troppo poi divento ricchione”), e quindi per tutto il tempo si oscilla tra l'ammirazione per un songwriting sicuramente personale e anche consapevole e misurato e la perplessità (eufemismo) di fronte a momenti degni del gatto rognoso di friendsiana memoria. Ed è probabile che il doppio effetto attrazione/repulsione sia cercato, visto che il menestrello sbilenco che abbiamo di fronte è un bambino cresciuto che prima ti ammorbidisce con teneri abbracci e perle di saggezza e poi ti tira una cacca di gatto in faccia.

Vedi la tracklist e ascolta le tracce sul player nella versione completa.