Le collezioni di remix possono essere due cose: un'inascoltabile accozzaglia di sonorità diverse, ottime per i dj (che di solito però si sono già procurati le gemme altrove), pessime per l'ascoltatore, a meno che non si tratti di un fan sfegatato. Oppure possono essere un noioso tunnel tutto identico a sé stesso, ottimo per i dj, pessimo per l'ascoltatore. La terza via è quella rara, ed è rappresentata da una collezione di remix talmente variegata e allo stesso tempo coesa da sembrare un album fatto e finito. E avete già capito che questo è il nostro caso.
I Tempelhof infatti mettono insieme una serie di interpretazioni (in alcuni casi si fa prima a chiamarle così) di tracce del giro nu italo disco che è così bello da ascoltare da farti dimenticare che non si tratta di brani originali del duo. L'attacco con “Hello My Friend” di Luminodisco, che pare di sentire i Giardini di Mirò bagnati nell'elettronica anni '80, è strepitoso. Di lì in poi è pista di decollo per “Bolts Dreaming” di Dyno, un mood da Moderat quando sono veramente a pieno regime; con “Do Da Hit” di Luca Baldini ci si assesta nella giustamente prevedibile rotta disco che continua “4 Aggressive Young Boys” di Margot. Occhio però che i Tempelhof non inseriscono mai il pilota automatico e in pochi minuti passano da un sentimento ad un altro con la bravura dei musicisti a tutto tondo. Sentite “Jurij” di Crimea X (sarà mica lo Jurij di ferrettiana/zamboniana memoria?) che potrebbe essere la b-side di un 45 giri dei Frankie Goes To Hollywood, o “Chocolate Black Leather” di Ajello con Hard Ton che potrebbe essere un remix perduto di Mantronix. Il secondo incontro con Luminodisco in “Balerama” (titolo geniale a pari merito con “Balerasteppin'” di Macrobiotics) è un bel apparecchio a metà fra proto-house e prima techno tipo Model 500, mentre l'atterraggio con i papà Confusional Quartet di “Futurfunk” ribadisce una sensibilità per il dancefloor mai disattenta però sul versante 'puro ascolto'.
Bravissimi.
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