Freak Opera restate umani 2013 - Cantautoriale, Folk, Punk rock

restate umani precedente precedente

Fugaci dipinti cantautorali per cogliere la vera essenza delle cose

Alla stregua degli impressionisti, per prendere spunto da un brano dell’album, i Freak Opera riescono tramite brevi composizioni musicali a fermare attimi di tempo e a raffigurarne gli ambienti, gli umori e le sensazioni, attraverso testi d’autore e musiche ben orchestrate, arricchite da strumenti come il flauto e il violino.
Nell’ascoltare l’album si mescolano le percezioni delle arti visive, teatrali e poetiche, ispirate dalla musica popolare e dalla tradizione cantautorale italiana. Da Modugno a Piero Ciampi passando inevitabilmente per Fabrizio De Andrè, la band riprende quella raffinata e al tempo stesso sincera maniera di fare musica, in cui il contenuto dei testi assume un ruolo centrale nei brani e l’interpretazione pone gli accenti e dona dinamicità (“All’altro mondo” e “Vino e fiori”).
Tramite arrangiamenti moderni, riescono a non far apparire fuori moda il genere, donando alle canzoni un’interessante veste vintage che si intreccia a volte con il punk/rock (“Gli impressionisti” e “Insegnami a ballare”), in altre affonda nella musica popolare come nella bossanova di “Calmati Alessandra”, o ancora assume ritmiche accattivanti in “Le sere d’inverno”.

Il protagonista dell’opera è l’umanità stessa, non c’è spazio per le ipocrisie, non c'è spazio per la futilità nella ballata folk/rock "Per amore della libertà”; i vari personaggi assaporano la vita nelle sfumature più vere, reali e di certo non sempre serene: come la solitudine e l’insonnia nella già citata “Le sere d’inverno”, gli amori e i rimpianti in “Vino e fiori”, e i contrasti fra la bellezza, la paura e “l’attesa” di Anna in “Aspettare una rosa” (miglior brano dell’album). Non mancano inoltre riferimenti a scenari politici e sociali: dall’amara ironia nel denunciare i soprusi su chi non ha il potere per difendersi ("Morte accidentale di un ladro di quartiere") alla strage di Bologna che grida ancora giustizia ("Pioggia d’agosto").
Un album che ha bisogno di più di un ascolto per ammaliare, ma che una volta catturato, ti lascia lì a chiederti il perché quei brani non durino qualche minuto in più. Un album che racconta di turbamenti, di sentimenti che si perdono nelle strategie e nei percorsi della vita, di crude realtà, ma che al contempo sa anche ispirare, e spingere ad accogliere quello che suona come un appello: “Restate umani”.

---
La recensione restate umani di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-10-15 00:00:00

COMMENTI (1)

Aggiungi un commento Cita l'autore avvisami se ci sono nuovi messaggi in questa discussione Invia