“La metà” è il modo migliore che i Kozminski potevano trovare per iniziare il loro nuovo disco, “Il primo giorno sulla terra”. Qualcuno storcerà un po’ il naso perché in fondo è una classica canzone italiana - quel tipo di canzone italiana, tra Sanremo e Rock Targato Italia - innestata su un arrangiamento post punk leggero e pulito. Eppure il risultato è davvero buono. Due sono gli elementi vincenti. La chitarra che sostiene la struttura della composizione con pennate dure ma non invasive. E la voce che vola a mezza altezza, tipo un Alberto Ferrari dei Verdena ingentilito. Detta così suona male, ma l’effetto c’è e funziona.
Anche “La notte” piace, con quei ribaltamenti di fronte studiati al millimetro - o al millesimo - sullo stile dei Fumisterie. “Elliot” invece rischia di essere un pezzo che perde un po’ il confronto con il resto dell’album. La strofa tradisce un eccesso di pathos che stona sia con il modello di riferimento (Elliot Smith) sia con il ritornello, costruito meglio e quindi più gradevole.
I Kozminski se la giocano fino in fondo e hanno il merito di tentare il tutto per tutto con un cd lungo e difficile. Il loro infatti è un pop poco incline a piacere alla gente che piace. Sarebbe un pregio - e lo è - se non fosse anche un handicap che può buttarli fuori dai giri che contano. Si sente inoltre la mancanza della canzone cardine, quella che spacca l’album - e la carriera - in due. In generale però ci sono delle buone idee, delle buone prospettive e una buona scrittura. Non un capolavoro, insomma. Ma un disco fatto bene sì. Senza dubbio.
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