Alexander Robotnick Oh no… Robotnick! 2003 - Elettronica

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Gradevole dischetto, “Oh no… Robotnick!” di Alexander Robotnick. Che è nome non nuovo alle italiche scene, essendo pseudonimo di quel Maurizio Dami che tanto ha dato alla causa dell’elettronica militante. Figlio della new-wave militante, nel 1983 agitò la scena mondiale con “Problèmes d’amour”, brano proto-house venerato dalla scena dance, anticipatore del Detroit sound. Nel 1984 i più vecchietti avranno gustato i suoi interventi video in qualità di Giovanotti Mondani Meccanici all’epocale trasmissione Rai “Mr. Fantasy”. Gli anni ‘80 proseguirono tra installazioni ambienti per sfilate di moda (Capucci, Missoni) e colonne sonore per il cinema (Alessandro Benvenuti, Marco Risi). Innamoratosi della world music, anticipò l’esplosione dell’anglo-indian fondando nel 1994 il progetto Govinda. Basterebbe questa deficitaria bio per segnalare l’importanza del personaggio e del disco. Che per fortuna si rende interessante per meriti propri e non storici. È un excursus, divertito e divertente, in 20 anni di elettronica, che gioca a mischiare stili e tecnologie. Si parte con “Strobo 122”, con equipment dell’83, cita indifferentemente la Electronic Body Music (che fu di band quali Nitzer Ebb e Front 242) e i Chemical Brothers, introducendovi deliziose tastierine chill out. Ancora E.B.M. in “Alienation”, “Shout” e “Supermarket” (in quest’ultima fanno capolino ancora echi big beat e qualche strizzatina d’occhio ai padri nobili Kraftwerk). “Je t’envoie” e “Oui je thème” aprono climi più rilassati: Robotnick si diverte a citare tanto se stesso quanto Serge Gaisbourg usando il francese, su una base in bilico tra chill out di qualche Buddha bar, lounge music e house primi anni 90. Electro pop per “What I am” e una semplicissima struttura pseudo blues per “Blue electric lines” L’house tamarra da circo alla Gabry Ponte viene stravolta da “La difference”. Infine, “The small bedroom” sancisce l’omaggio ai padri più grandi della new wave electro, con quel riff costruito guardando amorevolmente a “Thieves like us” dei New Order, mai troppo santi e riveriti.

Disco gradevole, si diceva? Rischio retrò? Macché! A New York già si balla il revival dell’electro anni 80. E Robotnick rischia di essere ancora una volta avanti a tutti.

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La recensione Oh no… Robotnick! di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2003-03-24 00:00:00

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