Les Anarchistes Figli di origine oscura 2002 - Rock, Progressive, Folk

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“Figli di origine oscura” non è una semplice rilettura di canti anarchici; siamo su di un altro piano, in una dimensione che supera i precedenti tentativi di re-interpretare la tradizione di matrice libertaria, fino a questo momento poco ricettiva nei confronti di un suono non conservatore. Merito de Les Anarchistes, il cui lavoro ha aggiornato il ‘vissuto anarchico’ in un contesto nuovo, nel quale l’ammeticciamento degli arrangiamenti assume un ruolo assolutamente capitale.

Il collettivo toscano centrifuga il rock con il free-jazz, l’elettronica, il folk. Ed il risultato è stupefacente: dimenticate i vecchi (e rispettabili, sia chiaro) stilemi della canzone italiana anarchica - cioè chitarra acustica e via ad urlare di rabbia - perché Les Anarchistes hanno scelto una formula tesa a privilegiare una struttura aperta a sonorità che con la tradizione hanno poco a che spartire. I vecchi canti assumono una veste nuova, e certe cose come “Su fratelli pugnamo da forti”, “O Gorizia tu sei maledetta”, sono rilette con l’intenzione di farle (ri)vivere con uno spirito ‘altro’, pur continuando a tenere alto il valore di testi la cui attualità continua a rimanere viva. Il cd, nel suo esplicito elogio all’anarchismo, riesce, comunque, a non limitare la sua forma espressiva nel solo campo politico-insurrezionale: con “Les anarchistes”, “Tu non dici mai niente”, “Il tuo stile” (queste ultime due riprese recentemente anche dai Têtes de Bois), i toscani omaggiano un grande come Leo Ferrè, mentre il testo di “The mask of anarchy” è tratto, nientedimeno, da due poesie del visionario Blake e del romantico Shelley.

Preziose le collaborazioni: Raiz degli Almamegretta, il fisarmonicista Antonello Salis e Blaine L. Reininger dei Tuxedomoon e tutti gli altri ospiti ‘libertari’ (come da definizione offerta dal booklet) offrono al cd un contributo rilevante, fornendo al lavoro ulteriori motivi di interesse. Per fortuna, qualcuno si è accorto di questo disco: lo scorso anno, “Figli di origine oscura” ha vinto il ‘Premio Tenco’ nella categoria “Miglior debutto”, sicché alla romana Storia di Note non è rimasto altro che pubblicarlo con tutti i crismi dell’ufficialità. Ed è stata una buona mossa, perché si sentiva il bisogno di un disco come questo, per la sua passione, il suo sentimento, il suo ardore.

“Figli di origine oscura” suona come un lavoro vero, interpretato con slancio sovversivo, cantato con sensibilità da rivoluzionari. Les Anarchistes non sanno cosa sia la retorica: lo scopo della band sembra quello di offrire ulteriori motivi per non dimenticare che esistono altri modi di vedere il mondo. Dire che ci riescono bene, è sin troppo limitativo.

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La recensione Figli di origine oscura di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2003-04-08 00:00:00

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