Vinsil Mc Jagger Autoritratti 2003 - Cantautoriale, Rock, Progressive

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In una delle sue novelle, un amico malato di Jarvis Cocker e di Verga ribadiva : "Ho imparato che i nomi sono fiammiferi che bruciano nella notte...o facili scuse dietro cui nascondersi...". Avrei voluto che questo vecchio amico conoscesse Vinsil Mc Jagger; ne sarebbe venuto fuori qualcosa di interessante nel capire dietro quale scusa si nascondesse uno con un nome così. Vincenzo Silvestroni alias Vinsil Mc Jagger è ”da considerarsi un'entità astratta”com’è scritto nella sua ricca e interessante documentazione nella cartella ipertestuale che ci ha inviato: spigoloso, ironico, bizzarro e ossessionato(con tutte le accezioni del termine), possiede tutte le tematiche del Personaggio Strano. Siamo di fronte ad un verace romagnolo doc, un po’ in bilico tra il menestrello/giocoliere di circo e un impegnato schizoide cervellotico cresciuto col grande rock di Beatles, Pink Floyd, Dylan & co. Dall’ eclettica personalità artistica di pittore, musicista, cantante, collaboratore della rivista Selen (si avete capito bene, nonostante lui stesso consideri la sua faccia “da prete” ), il suo Autoritratti è un lavoro particolare, che va oltre il semplice demo musicale. Non aspettatevi qualcosa di accattivante dal primo ascolto: c’è bisogno di sintonizzarsi con il Vinsil-pianeta e le vibrazioni che esso emana, di fare uno sforzo con la “curiosità”, perché ha tutti i connotati dell’estraneo che tale vuole restare. Un cantastorie che narra le sue quotidianità poco lucide, le sue mezze frasi surreali biascicate tra chitarra acustica e arrangiamenti improvvisati con una voce disorientata da cane sciolto, miope e senza occhiali. Impossibile capire il largo raggio d’azione del signor Vinsil dal semplice demo, piccolo frammento di un mondo senza dubbio più vasto. Nonostante questo, resta un curioso assaggio, quello che ci propone qui dentro comprese le note che appunta a commento dei brani, come in ” Mentre guardo ai miei muscoli”: la storia di un essere vivente miope, lento e goffo che, per di più, si mangia le unghie (ma non è raccontata in questa canzone). E poi ancora, in “Le nacchere suonano il jazz”: scritto per un amico che voleva un brano alla Paolo Conte. Ho cercato di imitare i 99 Posse; solo molto, molto, molto più lento.

Divertente quanto arguto, il suo genere spazia dal cantautorato folk-jazz, al blues e al minimalismo low-fi, più provinciale e genuino di Beck, più scarno del nostrano Bugo, di cui Vinsil può dirsi la versione intellettual-domestica. In realtà sul genere aleggia il mostro strano Meticciato Progressivo e per disquisizioni al riguardo, tanto per continuare il sentiero del no sense, lui afferma che non è ancora pronto e consiglia di ascoltare “Strani” (ma guarda un po’), che inizia così: “ Siamo strani una volta eravamo liberi e siamo costretti a vagare tra menzogne e cascate troppo lontani per essere decenti e diventeremo liberi, tempo al tempo nella notte la canzone tende..”
Malgrado la musica resti un po’ in disparte ad assistere alle parodie del suo autore, con poca o senza emozione, ben più importanza ricoprono i testi, tortuosi eppur densi di valenza/intelligenza comunicativa. Quello che colpisce è la struttura del manifesto-locandina sfondo per le sue liriche: alcune sono vere opere artistiche pop-art, sapientemente assemblate da un’evidente capacità di scrittura creativa.

Oscillante tra fantasia e noia, (e questi i principali sentimenti che infonde all’ascolto), ospita tra gli special thanks pure i Fab4, Peter Gabriel, Zappa e many more, e ti viene da domandarti se questo spilungone dagli occhiali lennoniani , non parli pure coi fantasmi.

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La recensione Autoritratti di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2003-04-15 00:00:00

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