Sex on the Bitches Dovevo Fare il DJ 2014 - Elettronica, Pop punk

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Mettiamola così, fossero nati attorno al 1200, sarebbero stati sicuramente impiegati, per il trastullo del sovrano, alla corte di Federico II di Svevia. E non è un’offesa

“Ci sono gruppi che iniziano la loro carriera come una rivoluzione e la finiscono in parodia. I Sex on the Bitches sono la parodia di una rivoluzionaria carriera già finita. Il che non vuol dire assolutamente niente ma suona bene”. Già da queste poche righe contenute nella presentazione di “Dovevo fare il dj”, si enuclea sin da subito di quale pasta è composto il combo padovano. Se a ciò aggiungiamo i video che circolano in rete che li ritraggono in mise improbabili, le cheerleaders che animano i loro live festaioli e i testi non propriamente usciti dalla Scuola di Mileto, capirete facilmente dove questa recensione andrà a parare.

Fun, fun, fun! Dovrebbe essere proprio questa l’ipotetica password per entrare nel mondo dei Sex on the Bitches tra sballi del sabato sera (“Giù giù”), pornostar (“Sasha Grey”), social network, modernariato anni ’80 e italo disco (“Pezzo di nerd” e “80voglia”). E ancora, l’italiano medio(cre) di “Made in Italy” o la critica di grana grossa alla società dello spettacolo di “Dovevo fare il dj”. Fin troppo facilmente si potrebbe liquidare tutto questo con un aggettivo del quale si è fin troppo abusato nella musica nostrana, vale a dire demenziale. Termine affibiato spesso con troppa leggerezza anche a realtà che soltanto apparentemente apparivano tali ma che giocavano con il turpiloquio per dire ben altro, anche in questo caso si sarebbe tentati a farlo. Ma è ad un ascolto più attento che, sotto le coltri di un crossover anni ’90 (Faith No More, Urban Dance Squad) dosi massicce di commercial rock a stelle e strisce (Blink 182, Green Day) è possibile scorgere anche altro. Innanzitutto i quattro veneti sanno suonare e lo fanno con padronanza dei propri mezzi attualizzando un genere che si pensava defunto e sepolto.

Inoltre, anche se ovviamente non ci troviamo al cospetto di un novello De Andrè o Fossati, tra ironia, iperboli semantiche e slang giovanile, ciò che Ganzo Moreno (possiamo prendere sul serio un cantante che si fa chiamare così? O un chitarrista a nome James Vulvas?) sputa dal microfono si lascia ascoltare divertiti. Mettiamola così, fossero nati attorno al 1200, sarebbero stati sicuramente impiegati, per il trastullo del sovrano, alla corte di Federico II di Svevia. E non è un’offesa.

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La recensione Dovevo Fare il DJ di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-10-30 00:01:00

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