Invivo Faia Un mondo che finge 2014 - Cantautoriale, Pop, Ritmi

Un mondo che finge precedente precedente

Un disco che pare essersi fermato al 1990. Reggae bene suonato ma che deve ancora maturare a dovere

Sanno suonare, senza dubbio. Prendete, ad esempio, “Excuse-moi”: è una canzone ska con il tiro adeguato ed i suoni curati, i cori potenti e posizionati dove devono essere, a ribadire che conoscono bene il genere ed i trucchi del mestiere; è la migliore del disco. Ci sono altri episodi positivi: “Ruba Ruba”, ad esempio, oscilla tra reggae e patchanka con un bel ritornello latino che ricorda i Los Fabulosos Cadillacs ed il finale tirato alla Mano Negra; bella, anche se qualche punto di cedimento già lo intravedi. Cedimento che diventa evidente nella successiva “Bau bau baby (in Babylon)”: si gioca con il reggae/dub ma si sceglie un tipo di produzione mediana, né troppo decisa e roots ma neanche troppo pop, ottenendo il gusto sbiadito di un qualcosa che avrebbe anche potuto funzionare. Ci sono, poi, brani veramente trascurabili: “Tengu n'amico” prende il dialetto pugliese e lo piazza su un blues ritmato ma assolutamente anonimo; con la conclusiva “La la la la” tentano la ballata pop/soul in stile “Non sei sola” degli Africa Unite ma mancano completamente il bersaglio mostrando una voce insicura che, invece, nei pezzi precedenti reggeva anche bene. Le rimanenti canzoni rimangono nell'ambito di un giudizio medio: sono piacevoli, incroci meticci di folk, pop e funk-blues. Sono ben suonate ma non le riascolterei volentieri.

I testi sono di un retorico brutto, che manco nei peggiori gruppi reggae italiani di vent'anni fa. Rime molto banali applicate ad un'attenzione verso i temi sociali che, il più delle volte, rimane in superficie puzzando terribilmente di cliché. Gli Invivo Faia hanno tanti difetti, il principale è quello di non farmi capire se fanno davvero sul serio o no: non hanno ancora la capacità e la bravura di gestire più generi differenti e farli convivere in un unico brano. Il songwriting e la ricerca della melodie non è ancora maturo. E non vorrei mettere il dito nella piaga ma va sottolineato come questo genere musicale abbia avuto anche delle evoluzioni interessanti negli ultimi anni, “Un mondo che finge” sembra essersi fermato nel 1990.

Va ribadito che sono una band rodata, che suona compatta e precisa. Magari con altri anni di esperienza sapranno correggere il tiro e limare cosa, ora, è ancora acerbo. Aspetto il prossimo disco.

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La recensione Un mondo che finge di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-04-14 00:00:00

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