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Gruppo hard rock, non dei più innovativi ma nemmeno da stroncare. Il nome è brutto, è vero

Nome brutto a parte, sono una buona band. Pur con le proprie sfumature distintive, è facile ricondurli ad un certo hard rock che mira alla pancia, alla Richard Benson per intenderci. E se avete capito le premesse, non ci si può aspettare chissà quale novità musicale, e nemmeno un grande lavoro di lima nei testi o nelle storie raccontate. Bisogna essere grezzi come uno snuff movie, e i Rockazzi riescono a confezionare un disco coerente per immaginario e sonorità. Ci sono ritratti crudi conditi da un certo odio anticlericale, e parole che rimangono in bilico tra il cinico ed il volgare, per poi ovviamente concedersi piccole parentesi più romantiche. C'è un messaggio sociale di fondo ma non si eccede mai nello sloganismo più diretto.

I musicisti fanno il loro dovere, le distorsioni sono taglienti quanto basta, basso e batteria sono solidi, precisi e, in generale, c'è l'intento di sperimentare soluzioni più complesse del solito. Claudio Calderone è l'Ozzy Osbourne della situazione e chiude il cerchio abbastanza bene aggiungendo un che di acido su un suono compatto e, a tratti, quasi crossover.

Ovviamente il disco non è privo di difetti, e le note negative sono le solite che si possono notare in progetti simili a questo: c'è bisogno di una spinta personale, un colpo di reni deciso, per riuscire a creare qualcosa di fresco pur partendo da un genere che è dato per definizione. Per forza di cose il linguaggio suonerà retorico e già sentito, i suoni già vecchi. Sono otto tracce che non stupiscono mai e difficilmente portano a rimettere il disco da capo. Disco che non si può considerare bello, ma che sarebbe sbagliato stroncare in maniera troppo decisa. I lavori veramente brutti sono altri. La band non è alle prime armi ed è su un gradino più alto rispetto a tante altre che si cimentano in operazioni simili. Il nome resta brutto.

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La recensione Rockazzi di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-07-31 00:00:00

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