Niagara Don't Take It Personally 2014 - Sperimentale, Pop

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Santi, poeti e navigatori elettronici. Un disco complesso e interessante.

Cosa sarà tutta questa fascinazione per l'elettronica? È forse l'unico modo che abbiamo, noi italiani, per farci capire al di là delle Alpi? Per essere rilevanti oggi? O è piuttosto una maggiore facilità nell'approccio a testi e strumentazioni, grazie a loop e campionamenti? Come riuscire a mettere un confine netto tra ciò che è bello e valido e ciò che invece non lo è?
Tralasciando i due poli opposti (il brutto brutto e il bello geniale), per tutto il resto credo che sempre più spesso valga il giudizio insindacabile della soggettività. Quindi ve lo dico subito e senza troppi giri di parole: "Don't take it personally" dei torinesi Niagara non sarà un disco ascrivibile alla categoria bello geniale, ma nonostante questo è un bel disco. Sonorità rarefatte ma con dei picchi belli tirati ("Else" riassume perfettamente il concetto), che prendono spunto da ciò che è caro anche alla loro label, la Monotreme, e caro soprattutto al loro percorso, iniziato ormai nel 2007 e di cui la prima testimonianza è stato l'album "Otto", uscito solo l'anno scorso.

Ci si accorge molto presto di quanto "Don't take it personally" abbia un legame con una certa estetica bristoliana anni '90, quella del trip-hop più puro perché quello delle origini. Ma mentre il sound dei Massive Attack o di Tricky spesso si ritrovava ad essere la perfetta colonna sonora di serate buie con molte sigarette e molti pensieri pesanti, quello dei Niagara non riesce mai ad essere pienamente cupo, se non in "Currybox" (remixata poi anche da Gonjasufi), dove la sovrapposizione avviene con particolare naturalezza; ma anche qui la nube, seppur fitta, si squarcia grazie a degli irrimediabili raggi luminosi. Insomma, i Niagara sembrano non farcela proprio a vedere soltanto il bicchiere mezzo vuoto.

Ma non di sola scuola anni Novanta si nutrono i nostri. Lo so, vi farà male saperlo, ma siamo già a cavallo degli anni '10, dunque anche i fantomatici anni '00 hanno ormai una forte eredità da recriminare. E proprio nel 2000 accadde ciò che pochi pensavano potesse accadere. Il 27 settembre (stesso mese, neh) usciva "Kid A" (seguito poco tempo dopo da "Amnesiac"), uno dei dischi più stupefacenti dei Radiohead per portata, sorpresa e modalità con cui si è imposto ai nostri orecchi. (Ecco, al di là di meglio l'uno o l'altro, per "Kid A" e "Amnesiac" useremo la categoria bello geniale, così magari è tutto più chiaro). Si apriva così il nostro nuovo millennio e non si poteva rimanere indifferenti. Non sembra siano rimasti indifferenti nemmeno i Niagara, e "China eclypse" e "Popeye" sono qui a testimoniarlo, con la forza evocativa di quei pazzi inglesi che si sente prorompente e no, non tradisce.

Sarà un caso, sarà che a essere compagni di etichetta ci si piglia, sarà che la tendenza verso un sentire comune è inevitabile, ma in "Don't take it personally" ci si sentono anche gli  M+A (altrettanto fortunati in Regno Unito). "Laes", "Fat Kaoss" soprattutto, ma anche "Bloom"(che riporta alla mente Washed Out) rientrano perfettamente in quell'elettronica dolce e meno contaminata da rap e pop.

"Don't take it personally" è un disco valido e interessante perché conferma che l'energia elettronica in Italia è vivida e intelligente: fare elettronica può essere facile, ma ciò che non è altrettanto facile è darle personalità e forza comunicativa. Alcuni brani sono meno intensi, fin troppo rarefatti, ma nel complesso si tratta di un prodotto abbastanza rotondo che arriva a picchi pop con pezzi come "Vanillacola". Ovviamente non è facile inserirsi nel solco di scuole talmente raffinate come quelle di Massive Attack e Radiohead, assorbire la lezione beatlesiana (sì, c'è pure questa) e poi partorire qualcosa che non abbia alcuno spigolo o alcuna concavità. I Niagara hanno deciso di intraprendere un percorso che, se ascoltato superficialmente, può sembrare scontato ma che con più ascolti rivela tutta la sua complessità. Per questo è giusto premiarli, ma anche attendere la loro ulteriore maturazione. Senza necessariamente rompere gli schemi o inventare qualcosa di nuovo, ma rendendo ancora più sferico e luminoso il loro lavoro.

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La recensione Don't Take It Personally di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-09-15 00:00:00

COMMENTI (4)

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  • 10 anni fa Rispondi

    al livello del primo, altrettanto bello.

  • sintetico01 10 anni fa Rispondi

    Bravi.

  • faustiko 10 anni fa Rispondi

    Disco notevole, con tantissimi suoni a "comporre" le canzoni. Bravi.

  • peevpeev 10 anni fa Rispondi

    veri guud.