freddocane Freddocane2 2014 - Rock, Psichedelia, Grunge

Freddocane2 precedente precedente

La linea che separa l'opera vera dalla vaccata gigante è sottilissima

Avete presente la Gioconda di Duchamp? Si intitolava L.H.O.O.Q., che un inglese leggerebbe "look", guarda, ma facendo lo spelling in francese, suona tipo: “Lei ha caldo al culo”. Una sorta di messaggio criptato. Nella prima canzone del loro nuovo album i Freddocane applicano lo stesso stratagemma alla musica, "Fa ch’entrai" (il cui messaggio è gia abbastanza esplicito) va in realtà interpretato come “Fuck and try”. Che trovata geniale.
I Freddocane, come Duchamp, si cimentano con ciò che di più classico esiste nel loro campo, l’opera summa dell’arte rinascimentale da una parte e il rock classico dall’altra, un rapporto che seppur d’amore e venerazione non nasconde intenti dissacranti. Ma perché aprire questa parentesi sull’arte moderna? Perché l’arte nei secoli, come la musica in un lasso di tempo decisamente più ristretto, hanno subito il medesimo processo, ovvero, il passaggio dalla dimensione tecnica alla dimensione concettuale. Non è più la perfezione formale a decretare lo statuto di un’opera ma l’idea che sta alla base di essa. Cambierà anche la figura dell’artista, di conseguenza, e il modo di rapportarsi ad esso. Ora a decidere cosa è o non è arte, non essendo più un fatto evidente, sono un manipolo di eletti, di illuminati. Il seguito tra la gente serve solo a decretarne il successo. Lo stesso processo è subentrato nellu musica e si è rafforzato con l’avvento di internet e dei blog. Senza soffermarsi sui pregi o i difetti derivanti da questa modo di pensare è facile intuire che se l’orinatoio di Duchamp è un opera d’arte è perche Duchamp era effettivamente un genio, un intellettuale. Sicuramente i Freddocane non avevano aspirazioni così alte ma cantare "Fa ch’entrai" non li rende degli artisti, in sostanza, non li rende nemmeno un gruppo riuscito.
Nell’arte moderna, la linea che separa l’opera vera dalla vaccata gigante è sottilissima. Defecare in una scatola ai giorni nostri rimarrebbe un gesto riprovevole. L’impressione che ne deriva è tipo System of down (non me ne vogliano i fan) che cantano gli Skiantos. Qualche riff scopiazzato dai Red hot chili peppers, risate malefiche alla Piero Pelù sparse qua e là, e termini inglesi sciorinati per darsi un tono giovane. Del grunge neanche l’ombra. Ma ciò che davvero non riesco a capire, che mi sconforta, è questa ossessione per i testi complicati, articolati, abbinata ai temi che tratterebbe l’italiano medio di Maccio Capatonda. I testi dei Freddocane, non saprei come dirvelo in altra maniera, sono brutti, poco riusciti. La musica è vecchia. Con le cover, come nell’album precedente, va meglio, a riprova del fatto che, nell’arte moderna, l’affermazione”lo potevo fare anch’io” non vale un cazzo. Chitarre old style e riferimenti pornografici, questo gruppo sembra incarnare la weltanschauung di Beavis and Butthead.

---
La recensione Freddocane2 di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-01-14 00:00:00

COMMENTI

Aggiungi un commento Cita l'autore avvisami se ci sono nuovi messaggi in questa discussione Invia