Mapuche AUTOPSIA 2015 - Cantautoriale

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All'inizio è come pensare: “ma questo sta scherzando?” Poi...

Ascoltare “Autopsia” è come mettere all'interno di un frullatore di onde sonore Federico Fiumani, Bugo e Rino Gaetano. Tutti insieme per un risultato musicale che definire “strano” è davvero come usare un eufemismo. Questo eufemismo, questa stranezza, ha deciso di chiamarsi come un popolo cileno: Mapuche. Di fatto questa “bizzarria” è un cantautore siciliano giunto al suo quarto lavoro in studio. In passato perfino Colapesce l'ha preso a cuore facendogli da produttore artistico per un precedente disco.

Cos'è “Autopsia”? È senza dubbio un disco intimo, un album di ballate chitarre e voce. Uno disco cantautorale e poetico. È un'autopsia nell'anima di chi l'ha scritto. In “Soltanto il peggio” e in “Mr sophistication” accade che si venga stranamente colpiti da una personalità così diversa dal luogo comune, talmente spiazzante e con una voce costantemente sul filo della stonatura che, ad un certo punto, è lecito pure chiedersi: “ma questo scherza a cantare così? Sembra farlo per la prima volta”. Invece no, Mapuche porta la sua sincerità in scena, la sua sensibilità, la sua fragilità, la sua semplice complessità.
Lo fa con i suoi testi comprensibili e con la sua voce a metà strada tra il goffo e l'incredibilmente affascinante: allora tutto passa in secondo piano. Passano in ombra, ad esempio, i discorsi tecnici come quelli che sottolineerebbero la forte presenza dei violini che arricchiscono alcuni brani. Passa in sordina che in “Scegli me” e in “Bassifondi” c'è il basso, la batteria e un pianoforte che pure lui per adeguarsi alla situazione sembra di aver deciso di stonare. Perché tutto è rigorosamente lo-fi. Alcune volte sembrano scordati pure gli strumenti, tutto è in bassa fedeltà. Tutto è naif. Che dice allora questo Mapuche, di cosa parla nei testi? Di un mondo affascinante: il suo. A metà strada tra l'ironico, in “La responsabilità civile dello chef”, e il teatrale, in “Il primo discorso”.

Di Mapuche tutto si può dire in fondo, ma una cosa non la si può negare: ha personalità. E la mostra, lo dice pure lui in un brano: “io sono vero nelle bugie che dico”. Dovrebbe scordarsi i suoi miti e il gioco sarebbe fatto. E anche se non se li scorda: ma chi se ne frega. È anche bello così.

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La recensione AUTOPSIA di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-04-29 00:00:00

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