Departure Ave YARN 2015 - Psichedelia, Pop rock

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Sensualità jazz, momenti psych-rock ed epifanie psych-noise per il secondo lavoro dei romani Departure Ave. Un viaggio rarefatto fra l'interno e l'esterno.

"Ciò che è fuori di te è una proiezione di ciò che è dentro di te, e ciò che è dentro di te è una proiezione del mondo esterno. Perciò spesso, quando ti addentri nel labirinto che sta fuori di te, finisci col penetrare anche nel tuo labirinto interiore. E in molti casi è un'esperienza pericolosa."

Ascoltare il secondo lavoro dei romani Departure Ave mi ha riportata con la mente ad un passaggio di "Kafka sulla spiaggia" di Murakami. Un riflesso continuo fra ciò che abbiamo dentro e ciò che resta fuori, fra quello che possiamo maneggiare e quello che, al contrario, possiamo solo sfiorare. Di pericoloso, questo disco, non ha niente, se non l'essere risucchiati dal bacino infinito di stimoli sonori che rappresenta, un mare sconfinato di input che riuscirebbe ad ispirare anche il più cinico degli umani. È sufficiente dirigersi in punta di piedi verso le sensualità jazz di "Saudade", una sorta di lisergica jam session diluita in linee vocali ovattate e dreamy, le atmosfere delicatamente rarefatte di "Nancy S.", sporcate dalla ruvidezza della chitarra che irrompe solo per qualche istante, o ancora l'andamento lazy di "Miles D.", che si fonde garbatamente con il sax. Possiamo anche decidere di immergerci nelle acque psych-rock, grezze e cadenzate di "Everyday", nelle reminiscenze fluttuanti e fiabesche di "Tokyo Blues" o nel perpetuo saliscendi fra momenti pop-rock ed epifanie psych-noise di "Endo". Se preferiamo, possiamo invece dare libero sfogo al flusso di coscienza di "Nyabinghi", languido, trascinato e contaminato dalla granulosità della chitarra elettrica, scalpitante e frenetica, o lasciarsi scivolare sulla pelle la sussurrante "All I could hear".

È impossibile trovare nel lotto un episodio che strida con gli altri, o che non combaci perfettamente con il suo precedente e successivo. Tutto si amalgama in maniera coesa, con un andamento gentile ed alienante, per quaranta minuti, dall'inizio alla fine. Se addentrarsi in questo labirinto è pericoloso, allora significa che il pericolo non è mai stato così bello e straniante.

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La recensione YARN di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-03-03 09:00:00

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