L'esordio di una vitale formazione rockabilly penalizzata da una registrazione che ne evidenzia i difetti e ne nasconde un po' i pregi
Rockabilly, r&b e country, contrabbasso e armonica, botta e risposta tra cantante e cori: Al & the Dampers sono la classica party band per serate in stile anni '50. Si presentano con questo primo lavoro, composto da dieci pezzi caratterizzati da un'indubbia vitalità, qui e là nel solco di cose già sentite ("I want love", ad esempio, sorta di figlioccia di "I want candy") ma non più di altre band che hanno scelto un genere dove la fedeltà alla tradizione è il primo aspetto da tenere in mente.
La personalità e lo stile, Al e i suoi, dimostrano di averceli, ad esempio, con brani come la swingata, quasi crooning, "I'll come back home" (pur con un solo di chitarra poco incisivo) e le dinamiche "Rich girl" e "In the middle of the night". Ma il disco risente in modo vistoso di una registrazione poco tarata sui punti di forza della band, che appiattisce il suono dell'asse ritmico staccandovi troppo nettamente la voce del cantante, finendo per evidenziarne le carenze nella pronuncia dell'inglese e l'interpretazione non sempre azzeccata di alcuni brani, che invece potevano avere buone potenzialità ("Miss Claudette" ed "Hey man" su tutti).
Dipende sicuramente dalla scelta di un'equalizzazione "piana", che rispecchi il più possibile la resa della formazione dal vivo, ambito in cui sicuramente Al & the Dampers si trovano a proprio agio; ma non sempre è una scelta vincente quella di trasferirla, paro paro, su disco. Motivo principale per cui questo esordio della formazione milanese non riesce a convincere appieno: ma questo in fondo non è che un primo passo, e chissà che il suo titolo, "Grow up", non sia di buon auspicio per il prossimo.
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La recensione Grow Up di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-06-17 00:00:00
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