Il Pitagora lI Barricate 2015 - Strumentale, Psichedelia, Progressive

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Tra Buddha Bar e sperimentazione colta e kraut insieme, un disco bizzarro e gradevolissimo.

Lavoro davvero bizzarro, interessante e piacevole, questo dei calabresi Il Pitagora lI. Otto brani strumentali, di cui tre, “A Sweet Sadness, A Tough Happiness”, “Izipho Zam” e “Barricate”, esibiscono un funky jazz leggero dalle atmosfere tra lounge e Buddha Bar; gli altri cinque, un’avanguardia retrò decisamente orecchiabile, pur nella varietà e serietà dei riferimenti (su cui tornerò). Considerato che i primi tre brani citati si collocano rispettivamente all’inizio, a metà e alla fine del lavoro, paiono, vista anche la loro relativa brevità (sul minuto i primi due; solo il terzo sfiora i cinque minuti) delle sigle vere e proprie.
Il cuore del lavoro è quindi costituito dagli altri cinque brani, gradevoli eppure decisamente stranianti: “Eye” presenta quello che a me pare uno strano incrocio tra Bartok, Stravinskij e la musica concreta di un Pierre Schaeffer, che dà vita una surreale colonna sonora dei Teletubbies; “Georges Gurdjeff”, dedicata al grande iniziato maestro di Battiato, esibisce risonanze mediorientali mai scontate; “The Music of The Spheres” si aggancia invece prepotentemente proprio ai primi dischi sperimentali di Battiato (“Fetus”, “Pollution”, “Sulle corde di Aries”), recentemente ripresi nell’ultimo “Joe Patti's Experimental Group”; “Freaky Doggy Show” coniuga meravigliosamente fondali krautrock a dissoluzioni noise; infine “Tuning” mi sembra immaginare beffardamente come Gustav Holst e anche un pizzichino del Richard Wagner del “Preludio” al “Tristano e Isotta” avrebbero suonato un blues.
Un disco sorprendente, che si fatica a descrivere a dovere, per cui magari i riferimenti che ho citato potrebbero parere a qualcuno fuori luogo, ma questa è una delle essenze del disco: la sua immaginificità, per coniare un neologismo vagamente dannunziano. Ovvero la sua capacità di stimolare l’immaginazione, che, ovviamente, sarà diversa per ciascuno. Come leggermente diversi paiono i brani centrali del lavoro, ascolto dopo ascolto: un piccolo miracolo che rende vieppiù interessante “Barricate”. Non si tratta certo di canzoni da cantare sotto la doccia o di un lavoro da ascoltare mentre si guida o si corre, ma possiede una forza e un perché notevoli. Vedremo come maturerà la band calabrese. Intanto, un bel “bravi”.

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La recensione Barricate di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-07-27 00:00:00

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